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Riforme.net  -  1 gennaio 2012
 
Il presidente Napolitano parla, la speculazione finanziaria ringrazia


di Franco Ragusa

Un "bel brutto" discorso di fine anno quello del Presidente Napolitano, tanto accorato quanto elusivo. Un’enorme confusione di cause e soluzioni; e tanta pubblicità per il Governo tecnico che il Presidente Napolitano ha così fortemente voluto ed imposto, non solo ad una classe politica debosciata, ma a tutto il Paese.

Il nucleo centrale del messaggio ha ovviamente riguardato la cosiddetta crisi di credibilità del nostro Paese e la necessità di perseguire il “risanamento dei conti pubblici, per evitare il collasso finanziario dell'Italia”.
A questo sforzo, ci dice il Presidente, sono chiamati a contribuire tutti i gruppi sociali, perché “Dobbiamo comprendere tutti che per lungo tempo lo Stato, in tutte le sue espressioni, è cresciuto troppo e ha speso troppo, finendo per imporre tasse troppo pesanti ai contribuenti onesti e per porre una gravosa ipoteca sulle spalle delle generazioni successive. Nella seconda metà del Novecento, il benessere collettivo è giunto a livelli un tempo impensabili portando l'Italia nel gruppo delle nazioni più ricche. Ma a partire dagli anni Ottanta, la spesa pubblica è cresciuta in modo sempre più incontrollato, e ormai insostenibile”.
Dalla lettura dell’attuale situazione letta ed interpretata dal Presidente Napolitano, se ne deduce, quindi, che tutti abbiamo avuto (benessere collettivo), e che tutti, ora, dobbiamo in qualche modo ridare indietro (la gravosa ipoteca sulle generazioni future).
Poi sì, ci sono anche i problemi legati all’evasione fiscale e al parassitismo, ma sia chiaro, ci ricorda il nostro Presidente, “mentre è giusto, anzi sacrosanto, fare appello perché si agisca in queste direzioni, è necessario riconoscere come si debba senza indugio procedere alla puntuale revisione e alla riduzione della spesa pubblica corrente : anche se ciò comporta rinunce dolorose per molti a posizioni acquisite e a comprensibili aspettative.”
Ancora un richiamo, dunque, alle “posizioni acquisite e le comprensibili aspettative”, come se da queste, appunto, derivassero tutti i problemi di tenuta dei conti.

Un discorso ineccepibile, se non fosse per la premessa totalmente sbagliata e, si potrebbe addirittura aggiungere, espressa in completa malafede, considerata l’enormità della bugia.
Come ci ha infatti ricordato il Presidente stesso, “i nostri Buoni del Tesoro restano sotto attacco nei mercati finanziari” e “il debito pubblico che abbiamo accumulato nei decenni pesa come un macigno e ci costa tassi di interesse pericolosamente alti”.
Ma non solo: “Occorrono senza ulteriori indugi scelte adeguate e solidali per bloccare le pressioni speculative contro i titoli del debito di singoli paesi come l'Italia, perché il bersaglio è l'Europa, ed europea dev'essere la risposta.”
Anche il Presidente Napolitano si è quindi accorto che c’è un problema legato alla speculazione finanziaria, che determina alti tassi di interesse da pagare, e che vi è pertanto l’urgenza di interventi per bloccare questo meccanismo.
In chiave europea, dice il nostro Presidente.
Certo, si potrebbe convenire, ma nell’attesa che l’Europa monetaria diventi anche un’Europa politica, che si fa?
Si aspetta che il debito pubblico italiano continui a crescere a causa di questi alti tassi di interesse da pagare, o non sarebbe forse il caso di adottare soluzioni in grado di frenare questa emorragia di risorse che toglie il poco che è rimasto nelle tasche di chi lavora per trasferirlo in quello di chi specula sul debito accumulato?
Ma è proprio questa la domanda che il nostro Presidente si è ben guardato dal porsi.
E per l’appunto, se non ci si pongono simili quesiti, quale soluzione migliore se non la sola parte del discorso che parla di sacrifici, che parla, cioè, di  togliere il poco che è rimasto nelle tasche di chi lavora per trasferirlo in quello di chi specula sul debito accumulato?
Ciò che ha appunto fatto il Governo Monti con l’ultima manovra finanziaria, ma è ciò che è stato fatto anche da tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi trenta anni.
E siamo dunque arrivati alla madre di tutte le bugie: il debito pubblico italiano che si è accumulato negli anni passati è costituito, in larghissima parte, da spesa per interessi e non da un welfare che non c’è mai stato.
Qualsiasi indagine statistica comparata può infatti confermare che anche nel decennio 80-90, nonostante una buona parte delle risorse venissero sperperate in malaffare politico, la spesa pubblica italiana era in linea con quella degli altri paesi europei. La differenza tra l’Italia e quei paesi, ancora una volta, era determinata da una scarsa difesa del debito pubblico a tutto vantaggio della speculazione finanziaria. In quegli anni c’è stato sì il furto perpetrato a danno delle generazioni future, ma non per vivere al di sopra delle nostre possibilità, come viene petulantemente ripetuto dalla vulgata conservatrice che sa solo chiedere sacrifici, ma per arricchire pochi a danno della collettività. Il pentapartito è colpevole di questo furto, non di aver imprudentemente allargato la borsa per servizi e stato sociale.
Ma peggio ancora, questo meccanismo di iniqua distribuzione del PIL è continuato anche nei decenni successivi, quando, cioè, l’Italia è stata tra i pochi paesi a vantare una spesa primaria tra le più basse e con avanzi primari da record rispetto, sempre, a quei paesi che non hanno mai avuto la necessità di pagare alti interessi per rinnovare il debito. E in un mondo all’insegna della guerra fratricida, che va sotto il nome di competizione globale e sviluppo sfrenato a tutti i costi, è facile rimanere indietro se si continua a permettere all’usura di poter speculare indisturbatamente sui debiti pubblici.
Ma è proprio questa la ricetta che il Presidente Napolitano ci ha riproposto. Con la sola preoccupazione di dimostrare la bontà e la necessità della forzatura istituzionale che si è compiuta con la nascita del Governo Monti, il Presidente Napolitano si è infatti ben guardato dall’approfondire l’aspetto scomodo del problema, anzi no, il problema.
Chi specula sul debito pubblico può perciò continuare a dormire sonni tranquilli: dal messaggio di fine anno è infatti giunta la conferma che c’è ancora ciccia intorno all’osso, e che, soprattutto, ancora una volta verrà lasciata mano libera ai “fortunati” in grado di riscuotere altri ricchi interessi da una Nazione tenuta per il collo da uno stato di crisi permanente.



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