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Riforme.net  -  21 gennaio 2012
 
La mafia si alimenta con l'indifferenza, non con i forconi


di Franco Ragusa

Cosa e chi si cela dietro il Movimento dei cosiddetti forconi, o meglio, dietro le tante richieste che stanno provenendo dalle strade della Sicilia?
Ma per provare a rispondere a questa domanda, è forse più opportuno interrogarsi, prima, sullo stato della democrazia in Italia. Premessa indispensabile per cercare di comprendere se è quanto la goccia potrebbe aver fatto traboccare il vaso.
Non passa giorno, del resto, che non arrivi un qualche monito contro la legge elettorale. E in effetti, viviamo o no in un paese dove, per qualsiasi livello di governo, abbiamo leggi elettorali che non consentono di liberarsi dal ricatto del voto utile, di un voto, cioè, che non consente reale libertà di scelta?
Più che decisi dagli elettori, i Governi che si susseguono vengono infatti subiti. Una sorta di lotta del bene contro il male, tutti di qua o tutti di là, che ha finito per consolidare uno status quo utile soltanto per garantire al ceto politico le proprie rendite di posizione.
Ma nonostante tutto ciò, ai tanti critici di ieri è bastato che Berlusconi venisse allontanato da Palazzo Chigi per iniziare a narrare un’altra storia.
In tutti gli ambienti dell’aristocrazia culturale, infatti, tira aria nuova, altro che “forza nuova” e “forconi”.
Anzi, ritornando ad occuparci della “piccola” rivolta siciliana, sono bastate poche ore per far uscire allo scoperto la puzza sotto al naso di buona parte dell’Intellighenzia progressista, tutta preoccupata della necessità di fare pelo e contropelo a camionisti, pescatori e agricoltori, tutti da considerare poco più di un branco di fascisti al soldo della mafia. E poco importa se le persone che quotidianamente decidono di scendere in strada, quale che sia stata la causa scatenante e prima ancora delle strumentalizzazioni che sempre ci sono nei movimenti che spontaneamente si auto alimentano, aumentino di giorno in giorno.
Del resto, quali altre spiegazioni potrebbero essere possibili, se non l’infiltrazione mafiosa, di fronte ad un’Italia che sta cambiando, Sicilia compresa?
A Roma il Prof. Monti al posto del carnevalesco Cavalier Berlusconi, forte del sostegno della ex-opposizione; il Presidente Lombardo al posto di se stesso, in Sicilia, con l’aiuto, sempre, ma forse è solo una coincidenza, della ex-opposizione.
Di fronte a tanto “rinnovamento”, movimenti viola, gialli, verdi o arcobaleni di speranza non hanno più senso e necessità di esistere.
Qualche firma di protesta qui o là, su specifici aspetti dell’azione di Governo, ma senza esagerare e guai a parlare di forconi o della piazza, perché ora è il momento di fare sacrifici e tutti debbono contribuire, anche i settori sociali ormai allo stremo, così come più volte ribadito anche dal Presidente Napolitano.
Siamo, insomma, l’Italia di sempre, dove tutte le scuse sono buone per non fare nulla e per decretare il tutti a casa, rimangiandosi tutte le belle parole di qualche mese prima.
Ci sono stati mesi, anzi no, anni, nei quali evocare la protesta è stato lo sport preferito di buona parte di chi, oggi, si è subito prodigato per emettere sentenze senza appello, descrivendo in maniera inorridita le cronache di questi giorni.
Se non ora, quando?
Uno slogan non per tutti, evidentemente.
Cari siciliani, abitanti di una terra di mafia e omertà, come mai, solo ora, avete deciso di alzare la testa?
E sì, c’è un peccato originale da dover scontare. Chi ha sempre subito la cappa del potere politico-mafioso ed è caduto nelle tenebre, non può pretendere di cercare la luce da solo: è colpevole a prescindere. Tanto più se da altri è stato deciso che la luce è già arrivata o sta per arrivare e, quindi, proprio per questo, si deve continuare a tenere il capo chinato.
Un quadro desolante che non dà speranze di riscatto. Una realtà, questa, dove i problemi reali cadono in secondo piano di fronte alla necessità del “Potere” politico e culturale di turno di esorcizzare il malessere sociale.
L’Italia deve continuare ad essere un paese normalizzato e da normalizzare, secondo il più banale dei principi: non disturbare il manovratore.
E poco importa se le proteste di questi giorni potrebbero finire, non perché strumentalizzate, ma per la necessità di trovare un interlocutore che non c’è, nelle sole braccia della mafia.


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 di Franco Ragusa

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