Riforme Istituzionali
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Riforme.net  -  27 gennaio 2012
 
Spread in prima pagina; i Forconi all'inferno


di Franco Ragusa

Che in Italia ci sia ormai un deficit di rappresentanza lo hanno compreso pure i sassi, per cui c’è da farsi poche illusioni circa le capacità dell’attuale Governo Monti, o del Parlamento che a larga maggioranza lo sostiene, di riuscire a comprendere ed affrontare i problemi che in questo momento stanno affliggendo gran parte del Paese.
Nessuna novità è quindi giunta dal confronto televisivo offerto ieri da “Servizio Pubblico” di Santoro: da un lato Enrico Letta e Roberto Castelli, dall’altro lato un pezzo di società che rimaneva inascoltata.
Nel mentre, infatti, le persone in carne ed ossa si sforzavano di elencare i problemi reali, i due politici hanno pensato bene di mettere in piedi il solito teatrino, polemizzando tra loro su torti e meriti dei Governi Berlusconi e Monti, riducendo il tutto ad una discussione su quanto il “provvedimentino A” fosse stato meglio del “decretino B”, o viceversa.
Il tutto, peraltro, mantenendo un curiosa similitudine di comportamento – sdegnato - nei confronti dei manifestanti. A seconda degli argomenti trattati, sia che venissero messi in evidenza i problemi determinati dal precedente Governo Berlusconi, a suo tempo sostenuto dalla Lega, che dall’attuale Governo Monti, sostenuto ora da PD e Berlusconi, i due hanno sempre risposto nella stessa identica maniera: uno volta l’uno, una volta l’altro, chi contestava aveva torto o, nella migliore delle ipotesi, non era in grado di capire.
L’apice di questa incapacità di ascolto lo si è raggiunto con l’andata via di Castelli, per poi proseguire con un Letta in grado solo di interrompere per domandare, in maniera insistente ed arrogante, “perché solo ora tanta decisione nelle strade?”, per poi ritornare a contrapporre, alla montagna dei problemi messi sul tavolo e alle tante gocce che hanno finito per far traboccare il vaso, il provvedimentino A o il decretino Z adottati dal Governo Monti.
Sia Letta che Castelli hanno perciò dato ampia dimostrazione di quanto la politica, maggioranze e opposizioni di ieri e di oggi, sia lontana anni luce dai problemi di sopravvivenza quotidiana che sono ormai arrivati ad angosciare tutti i settori sociali.
Un lavoro e un reddito dignitoso non c’è più per nessuno, anche per chi, sino a ieri l’altro, era apertamente schierato dall’altra parte della barricata, tra quelli, cioè, che “il lavoro non c’è solo per chi non lo vuole”, ebbri di un’ideologia che  faceva del padroncino un modello di intraprendenza ed operosità che poteva permettersi di guardare dall’alto in basso il mondo del lavoro dipendente.
Non dovrebbe esserci nulla di cui sorprendersi, quindi, nel vedere oggi in piazza soggetti sociali anche culturalmente distanti tra loro, uniti, però, non solo dalla medesima difficoltà nel riuscire ad arrivare alla fine del mese, ma anche e soprattutto dalla consapevolezza di non avere più voce e rappresentanza all’interno delle Istituzioni.
Non a caso, per il movimento, divenuto ormai riduttivo definirlo dei soli forconi, è subito scattata la fatwa di tutto l’apparato politico-mediatico di area presunta “progressista”: il Parlamento, che sino a pochi mesi fa non rappresentava il Paese, è improvvisamente divenuto il fortino da difendere ad ogni costo, sminuendo di valore e macchiandole con le peggiori insinuazioni, le proteste provenienti dalle strade di tutta Italia.
Cambiato il nome sul citofono di Palazzo Chigi, e poco importa se in buona sostanza il “Governo tecnico” dica e sostenga le stesse misure che il precedente Governo Berlusconi aveva in parte già varato e che si apprestava a concludere, la priorità del momento è infatti divenuta una soltanto: impedire che si disturbi il manovratore, ignorando, o peggio ancora, colpendo con la macchina del fango, l’unica forma di opposizione oggi presente nel Paese.


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 di Franco Ragusa

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