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Riforme.net  -  5 febbraio 2012

Neve a Roma: un monito per gli stili di vita


di Franco Ragusa

Ultimo aggiornamento: 6 febbraio 2012

Dopo 25 anni è tornata, copiosa, la neve a Roma, ed immediatamente sono partite le polemiche circa l’inadeguatezza dell’Amministrazione comunale di fronte all’emergenza che si è determinata.
Premesso che con personaggi della levatura di Alemanno le critiche, per ogni aspetto dell’attività di governo della città, non sono mai eccessive, anche nel caso specifico i motivi per accanirsi non dovrebbero mancare.
Motivi ben diversi, però, dal semplice pretendere l’immediata agibilità di tutte le strade e i marciapiedi di Roma.
Gli attacchi ad Alemanno, infatti, sembrano seguire la moda del momento.
Per liberarci di Berlusconi ci siamo beccati Monti, che fa e dice cose peggiori del suo temuto precedessore e che le forze dell’allora opposizione, soltanto 4 mesi fa, non avrebbero mai tollerato.
Ora, pur di liberarci di Alemanno,  è iniziata la sagra delle sciocchezze sul come una città come Roma non poteva e non doveva subire problemi per una nevicata che, per quanto eccezionale, in un paesino svizzero sarebbe stata risolta nel giro di poche ore.
Ecco, appunto, in una località svizzera o tedesca, ma anche italiana, dove si  convive con la neve per diversi mesi l’anno, certi problemi non ci sarebbero stati. Ma per una città delle dimensioni di Roma e dove nevica una volta ogni 25 anni, prima di dire sciocchezze su mezzi spalaneve, rami e alberi caduti (e sì, Roma è piena di alberi a chioma larga, e guarda tu che stranezza, se nevica rischiano di cadere), sarebbe stato più opportuno tenere conto della necessità di fare due conti con la realtà.

Se c’è una responsabilità, infatti, che l’Amministrazione ha certamente avuto, questa vale più per il prima che per il durante e per il dopo.
Parliamoci chiaro, cosa avremmo scritto e detto se il Comune di Roma avesse deciso, un anno fa, o dieci anni fa, o 20 anni fa, di acquistare centinaia di mezzi spalaneve? E sarebbero stati pure pochi, in considerazione della superficie e la complessità urbanistica di una città come Roma, visto peraltro che i 250 utilizzati, così come dichiarato dalla protezione civile, neanche si sono notati.
Quanto avremmo riso di fronte alle montagne di sale da dover smaltire, ogni anno, perché rimaste inutilizzate e divenute, dopo pochi mesi d’immagazzinaggio, blocchi inutilizzabili?
E quanto scandalo produrrebbero un tot di assunzioni per tenere in piedi un servizio, pensiamo solo alla manutenzione dei mezzi, per affrontare un’emergenza che si verifica una volta ogni 25 anni?

Premesso quindi tutto ciò, cos’altro avrebbe dovuto fare l’Amministrazione comunale di fronte all’allarme meteo, anche per la sola ipotesi di pochi centimetri di neve?
Paradossalmente, una prima iniziativa giusta, tra l’ilarità generale, era stata presa: sospendere l’attività didattica, lasciando però aperte le scuole.
Un provvedimento di buon senso che ha permesso ai genitori in difficoltà di poter lasciare i propri figli a scuola, riducendo però di molto la necessità di muoversi per tutti coloro che potevano invece tenere i figli a casa.
Un provvedimento di buon senso che sarebbe stato utile estendere a tutte le attività non direttamente legate all’erogazione di servizi pubblici indispensabili, e questo per appunto agevolare il più possibile la mobilità a chi ne aveva, invece, un reale bisogno. E in tal senso, anche molte attività private avrebbero potuto prendere in considerazione l’opportunità di allentare, per un giorno, i propri volumi di lavoro.

Ma così non è stato, e una città impreparata di fronte ad un fenomeno atmosferico che la riguarda una volta ogni 25 anni, si è ritrovata, tutta, riversa nelle strade, senza l’esperienza e i mezzi necessari per affrontare anche solo 5 centimetri di neve.
La decisione di chiudere gli uffici pubblici è stata infatti presa solo venerdì pomeriggio, quando era ormai troppo tardi.
Per chi si è trovato sul Grande Raccordo Anulare è stata un'odissea, con le persone prima bloccate per ore, e poi costrette ad abbandonare la propria vettura.
Nulla di più normale, è però bene ripetere, per una città dove nevica una volta ogni 25 anni, oggettivamente non preparata per affrontare un’emergenza che avrebbe richiesto centinaia di mezzi spalaneve che non è in alcun modo pensabile potessero esserci; tenendo altresì conto di una popolazione viaggiante sprovvista, per un buon 60% , di catene o gomme termiche, e che alla prima salitina, di cui Roma è piena, si è inevitabilmente trovata in difficoltà.
Per questi semplici e banalissimi motivi, si doveva fare di tutto per far rimanere quanta più gente possibile a casa, ma è proprio su questo che è mancata la capacità e il coraggio di prendere la decisione giusta.
Perché guai a pensare, nella società del PIL e dello Spread, che per uno o due giorni potrebbe essere meglio ridurre le attività non particolarmente necessarie, per cui si è preferito affrontare la lotteria di una previsione maltempo che, in ogni caso, fossero stati anche solo 5 centimetri di neve, sconsigliava di correre il rischio.

Una doverosa e diversa riflessione, invece, riguardo ai disagi determinati dalla scarsa efficienza dell'accoglienza e della rete delle infrastrutture, trasporti ed energia.
Se si può infatti chiedere ad un buon numero di persone di rimanere a casa per evitare di aumentare inutilmente i disagi; alle stesse non si può chiedere di rimanere al buio o di rimanere intrappolate in un treno per decine di ore o, peggio ancora, morire di freddo.
In questi giorni abbiamo assistito alla sospensione di servizi essenziali per un numero troppo elevato di persone, che non può avere spiegazioni, se non la presa d’atto che “gli sprechi da tagliare siamo noi cittadini”, perché e proprio sui servizi di pubblica utilità che la logica della riduzione dei costi  sta facendo strame dei diritti e dei bisogni delle persone.


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