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Riforme.net  -  11 febbraio 2012

Il federalismo sotto la neve


di Franco Ragusa

Un’altra riflessione sulla neve no, proprio no.
Ma vedendo i TG e le reazioni delle persone, anche ieri, a Roma, sull’autobus verso casa, e quello che sempre nel pomeriggio di ieri ho visto girando per la capitale, non si può non tornare sull’argomento.
Diversamente da venerdì 3 febbraio, giornata nella quale Roma si è trasformata in una trappola infernale, ieri le strade erano deserte: un bel po’ per la chiusura degli Uffici Pubblici e le scuole; un altro bel po’ perché si conferma che le catene o le gomme termiche le hanno in pochi.
Ovviamente, dimentichi di quanto avvenuto il venerdì precedente e visto che la neve copiosa è caduta solo in alcune zone periferiche, sul sindaco Alemanno si è scatenata la polemica politica e l’ilarità per l’eccessiva prudenza mostrata di fronte a delle incerte previsioni. Stesse polemiche e commenti ironici per il sindaco di Bari, altro colore politico, che nei giorni precedenti aveva chiuso scuole e Uffici pubblici sulla base del possibile rischio neve, mentre poi è solo piovuto.
Nessuna polemica o critica, invece, per gli inutili presidi pronti ad intervenire per ripristinare, nel più breve tempo possibile, la viabilità.
Nel mentre, infatti, mezzi e uomini erano e continuano a rimanere inutilmente a disposizione per partecipare alla gara a “chi è più veloce a ripulire le strade”, in una città dove 24 ore al massimo la neve per le strade va via da sola, sembra che non importi nulla a nessuno che un pezzo enorme d’Italia continui a giacere sotto metri di neve, nell’impossibilità di uscire di casa, senza luce, gas, acqua e telefoni; per non dire di chi continua a morire per il freddo, stante l’assenza di una politica dell’accoglienza che sappia farsi carico di assistere anche chi vive ai margini.
Ebbene sì, di fronte a questa immagine di un’Italia divisa dalla neve, dove non ci sono mezzi per aiutare chi ha veramente bisogno, a nessuno viene in mente di chiedere conto di quanti uomini e mezzi potrebbero ad esempio essere spostati da Roma verso le zone più colpite.
Anzi, ora siamo tutti qui ad invocare un piano neve per Roma in grado di liberare le strade alla stessa velocità con la quale Babbo Natale consegna i regali a tutti i bambini del mondo, ed è già possibile sentire le richieste per i futuri candidati sindaci: “Mille spalaneve per Roma!”; anzi no, visto che anche mille sarebbero pochi, “Cinquemila spalaneve!”; ma che diciamo? “Cinquemila spalaneve e una legge per Roma Capitale che imponga alla Protezione Civile di spostarne altri cinquemila in caso di previsioni avverse!”; e poi l’Esercito, perché senza persone gli spalaneve e le pale non si muovono.
Sì, questo è quello che, se messo in pratica, bisognerebbe fare per affrontare un problema che sì e no si verifica una volta ogni 25 anni, perché non è dignitoso, per un paese come l’Italia, accettare l’idea che Alemanno ha sì sbagliato, ma non perché non è stato o non è ancora in grado di predisporre mezzi sufficienti, ma perché il folle ha ritenuto, in una città complessa e dal traffico di per sé già elevato in condizioni normali, e dove basta poco per far rimanere intrappolato nelle strade mezzo milione di persone, di poter combattere la neve senza emanare gli stessi provvedimenti preventivi che in queste ore hanno invece consentito, anche alle poche zone colpite da abbondanti nevicate, di non soffrire particolari disagi. Una follia che viene però alimentata proprio da chi continua ad affrontare la questione solo dal punto di vista del dispiegamento dei mezzi, e guai a quei sindaci che osano assumere provvedimenti di riduzione dell’attività pubblica e di riflesso di quella privata, tanto più se lo fanno prima ancora che nevichi.
Un follia collettiva che, visto il tipo di approccio, non riguarda solo Roma, ma ogni luogo del Paese dove in questi giorni si è deciso di spendere molto pur di garantire la piena efficienza. Una guerra vinta dai ricchi contro i poveri, dai fortunati contro gli sfortunati che hanno sofferto nevicate più pesanti, con alcuni Comuni in grado di finanziare l’emergenza neve ed altri costretti, invece, a dover dichiarare la resa.
Una sorta di federalismo della neve che ha contagiato tutti, per cui la propria possibile emergenza, anche piccola, viene prima di ogni altra considerazione, anche quando gli altri si trovano ad affrontare condizioni peggiori, e non per propria scelta, ma solo perché così ha deciso la neve.


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