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Riforme.net  -  15 febbraio 2012

Primarie a Genova: l’illusione di un risultato rivoluzionario


di Franco Ragusa

No, scusate, ma cosa c’è di così tanto rivoluzionario nel risultato delle primarie di Genova?
Un segnale straordinario, scrive Paolo Flores d'Arcais, con un candidato indipendente in grado di mobilitare le energie migliori della società civile.
Ma i numeri sono numeri, e quelli registrati a Genova non sono tali per potersi esaltare di fronte ad un risultato che sì, fa certamente piacere, ma solo perché segna l’ennesima sconfitta di un partito, il PD, ormai preda delle divisioni di apparato e non in grado di proporre una vera alternativa al tumore che ha corrotto la politica italiana, il berlusconismo.
In una città dove alle ultime elezioni hanno votato 323.289 elettori rispetto ai 524.000 aventi diritto, e dove la candidata del centrosinistra riuscì a vincere al primo turno con 158.238 voti, Marco Doria vince le primarie con 11.500 preferenze sui circa 25.000 voti espressi.
Poco più del 7% dei voti che presumibilmente saranno necessari per vincere le prossime elezioni; meno del 4% del numero di votanti della precedente scadenza elettorale; solo il 2,19% degli aventi diritto.
Sì, sono questi i numeri della straordinaria ripresa dell’impegno civile e che, forse, per la loro esiguità, andrebbero valutati con più attenzione.
Pur essendosi trattato, infatti, di primarie di coalizione, il dato che emerge è la bassa partecipazione, con una perdita secca, rispetto al dato del 2007, di circa 10.000 voti; e figuriamoci cosa sarebbe potuto accadere nel caso di primarie  limitate ai soli esponenti del PD, così come suggerito dal Sen. Ceccanti dalle pagine dell’Unità.
Alla luce, pertanto, dei magri risultati ottenuti, risulta quanto mai fuori luogo il tanto clamore per un evento che per una città come Genova ha richiamato meno persone di una Festa dell’Unità, mentre l’impressione è che anche le primarie vengano sempre più vissute come un’inutile ritualità.
E non potrebbe essere altrimenti, visto il peccato di origine che ha ridotto la complessità delle istanze sociali e la partecipazione politica dei cittadini ad una mera espressione del consenso per il condottiero di turno, senza alcuna possibilità di incidere, attraverso la rappresentanza, sulle scelte politiche che più importano.
Alla semplificazione maggioritaria della scadenza elettorale, con candidati e programmi prendere o lasciare, con le primarie si è aggiunta soltanto una selezione preventiva, anche questa con metodo maggioritario, che non ha lo scopo di arricchire l’offerta politica, bensì di ridurla.
Un’ulteriore strozzatura nei già rigidi meccanismi elettorali di tipo maggioritario, che non può in alcun modo rispondere alla richiesta crescente degli elettori, tutti, di poter scegliere i propri rappresentanti.


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