Riforme Istituzionali
L'editoriale
 
www.riforme.net  -  www.riforme.info



       
Riforme.net  -  16 luglio 2012
 
L'antipolitica di Napolitano


di Franco Ragusa
 
Ancora non si sa se consigliato da qualcuno o se in perfetta solitudine, ma alla fine il Presidente Napolitano ha deciso di intervenire duramente contro la Procura di Palermo, sollevando il conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte Costituzionale, "per le decisioni che questa ha assunto su intercettazioni di conversazioni telefoniche del Capo dello Stato; decisioni che il Presidente ha considerato, anche se riferite a intercettazioni indirette, lesive di prerogative attribuitegli dalla Costituzione."

La nota diramata dal Quirinale non aggiunge altro e non precisa di quali prerogative si tratta. Molto poco anche nel testo del Decreto, visto il riferimento al solo art. 90 della Costituzione.
Più approfondito, al riguardo, anche se dall'esterno, il Sen. Ceccanti, che oltre all'art. 90 della Costituzione cita anche l'art. 96 per spiegare la fondatezza dell'iniziativa presidenziale.
Al Sen. Ceccanti sembra però sfuggire che l'art. 90 riguarda i modi per la messa in stato d'accusa del Presidente della Repubblica, fattispecie ben diversa dall'utilizzo di atti che, peraltro, la procura palermitana ha ritenuto di poter utilizzare proprio perché non rilevanti per la posizione del Presidente Napolitano, ma di estremo interesse per gli altri soggetti non coperti da immunità.
Per quanto riguarda, invece, l'art. 96 che tratta dei reati ministeriali, come e perché dovrebbe essere il Presidente Napolitano a sollevare un conflitto di attribuzioni nel quale non avrebbe alcun titolo per poter intervenire?

Il Sen. Ceccanti si spinge però oltre e ricorda pure il precedente delle intercettazioni telefoniche che coinvolsero il Presidente Scalfaro e la presa di posizione dell'allora Ministro Flick.
Con tutto il rispetto per le opinioni che possono essere espresse da un Ministro, il Prof. Ceccanti, prima ancora che il Sen. Ceccanti, dovrebbe però cercare di non dimenticare che non basta l'interpretazione di un "Ministro" per fare un "precedente" che non può più essere messo in discussione, visto che la Costituzione ha affidato ad altro Organo, la Corte Costituzionale, le competenze sugli eventuali conflitti di attribuzione che da queste attività interpretative potrebbero per l'appunto generarsi.
Che poi all'epoca il tutto finì a "tarallucci e vino" (i magistrati per il Ministro Flick avevano sì sbagliato, ma le norme non erano chiare e, quindi, non erano ravvisabili nella condotta dei magistrati aspetti di macroscopica inosservanza delle disposizioni di legge o di loro abnorme interpretazione), non significa affatto che la Costituzione possa essere oggi reinterpretata sulla base di un precedente di quel tipo.

Rimanendo, pertanto, con le poche informazioni al momento comunicate dalla Presidenza della Repubblica, e visti gli articoli 37 e 38 della Legge 87/1953 che regolano il conflitto di attribuzione tra i Poteri dello Stato, le perplessità riguardo l'effettiva consistenza  degli argomenti a supporto dell'iniziativa del Presidente Napolitano sono più che fondate.
Una più che fondata perplessità che avrà l'inevitabile risultato di avvelenare ulteriormente il clima politico, con il Paese reale sempre più distante dalla "politica" che si svolge nei Palazzi del potere e sempre più affascinato dalle sirene dell'antipolitica.



Appendice

Costituzione
- Art. 90.
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.

- Art. 96.
Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

L. 87/1953
- Art. 37.
Il conflitto tra poteri dello Stato è risoluto dalla Corte costituzionale se insorge tra organi competenti a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono e per la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata per i vari poteri da norme costituzionali.
Restano ferme le norme vigenti per le questioni di giurisdizione.
La Corte decide con ordinanza in camera di consiglio sulla ammissibilità del ricorso.
Se la Corte ritiene che esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza dichiara ammissibile il ricorso e ne dispone la notifica agli organi interessati. Si osservano in quanto applicabili le disposizioni degli artt. 23, 25 e 26. Salvo il caso previsto nell’ultimo comma dell’art. 20, gli organi interessati, quando non compaiano personalmente, possono essere difesi e rappresentati da liberi professionisti abilitati al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori.

- Art. 38.
La Corte costituzionale risolve il conflitto sottoposto al suo esame dichiarando il potere al quale spettano le attribuzioni in contestazione e, ove sia stato emanato un atto viziato da incompetenza, lo annulla.


  www.riforme.info per commenti a questo editoriale




Indice Editoriali
Mailing List
per ricevere gli aggiornamenti di riforme.net
 
Ricevi le novità in RSS