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Riforme.net  -  14 gennaio 2013
 
Silenzi, ambiguità e populismo... no, non è il Movimento 5 Stelle

Franco Ragusa

Cara Rivoluzione Civile, no, non ci siamo.
Scusi Ingroia se non ci si rivolge direttamente a lui, ma uno dei motivi di difficoltà nei confronti di Rivoluzione Civile, prima ancora della lettura del programma, è proprio lo strabordare della sua presenza e del suo nome.
Nulla di personale, sia chiaro, anche se ci sarebbe molto da dire su alcune sue infelici equazioni, rivolte al Movimento 5 Stelle, su voglia di Governo e candidature Premier, in grado solo di fornire altro carburante alla deriva maggioritaria e leaderistica che ha sin troppo inquinato e corrotto la vita politico-istituzionale di questo paese.
Molto semplicemente, di “Io sto con Tizio” o di “Io sto con Caio” non se ne può veramente più.
Un peccato d’origine molto difficile da dover digerire, ed è solo per i brutti tempi che viviamo, altrove non va meglio, che s'impone un tentativo di comprensione sui contenuti della proposta politica.
Sia quindi benvenuto il tanto atteso programma, non ancora diffuso ufficialmente, ma ormai ampiamente disponibile sui social network:
 https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=472574519468006&id=438836909508434
 
Molto più dei 10 punti di partenza del manifesto che ha lanciato Rivoluzione Civile, ma non per questo più soddisfacente. E questo pur limitando l’esame alle sole questioni di tipo istituzionale che qui più interessano.
In primo luogo alcuni silenzi di troppo su temi di primaria importanza.
 
Cosa farà, da grande, Rivoluzione Civile, quando si riproporrà la discussione sulla legge elettorale?
Le divisioni tra proporzionalisti e maggioritari, che circa un anno e mezzo fa determinarono lo scontro tra due diverse iniziative referendarie (il Comitato Passigli-Sartori-Ferrara, schiacciato dal rullo compressore del referendum truffa sostenuto da PD, IDV e SEL), nel programma di rivoluzione Civile sono state risolte evitando di pronunciarsi sull’argomento. Neanche un accenno.
 
E quale ostacolo si è frapposto, nel mezzo, per non essere riusciti a combinare la critica al fiscal compact con la necessità di rivedere le modifiche costituzionali che hanno introdotto il vincolo di bilancio in Costituzione?
 
Ovviamente, in un programma è difficile elencare tutto, ma le cose importanti, e quelle sopra ricordate lo sono, non dovrebbero essere del tutto assenti.
 
Alle omissioni da evitare vi sono poi da aggiungere alcune formule utilizzate che lasciano adito a troppi dubbi; e questo, purtroppo, non aiuta a dissipare il timore che come nulla Rivoluzione Civile potrebbe trovare, del tutto o in parte, le forme per un accordo con quel PD che non rinnega nulla del suo passato,  dalla bicamerale presieduta da D’Alema sino all’ultima modifica della Costituzione che ha introdotto il vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione, passando per la vocazione maggioritaria, l’elezione diretta dei Presidenti di Regione, il nuovo Titolo V, l’introduzione della soglia di sbarramento per le elezioni europee, la manomissione dell’art. 18 e quant’altro ha contribuito a mettere a rischio l’equilibrio costituzionale ricevuto in eredità dai padri costituenti.
Un timore via via rinnovato dalle quotidiane aperture di Ingroia sulla possibilità di un incontro con il PD sui temi della legalità, così come è difficile dormire sonni tranquilli sapendo che sino a ieri l’altro il PdCI di Diliberto le ha provate tutte per farsi accogliere in casa Bersani.
 
Ma proprio per fugare questi timori, forse è il caso di spiegare meglio cosa vuole ad esempio dire “ritiro delle truppe italiane impegnate nei teatri di guerra”. Ma soprattutto, cosa s’intende per “teatro di guerra”?
Per essere chiari: “i militari italiani debbono tornare tutti a casa, punto!”, o può esservi ancora spazio per mediare su quelle che spesso vengono definite, dalla “cooperazione internazionale”, missioni di pace?
Il ricordo del Governo D’Alema, Guardasigilli Diliberto, che bombardava la Serbia, o il ricordo della pacifista Menapace e di buona parte della sinistra, allora detta radicale, che in barba all'art. 11 della Costituzione riuscivano a votare favorevolmente il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, sono ancora molto vivi.
 
Altra porta che sembra socchiusa in prospettiva di una mediazione con il PD, l’impegno sul debito pubblico e la necessità di intervenire per ridurre l’alto tasso degli interessi pagati.
Il problema non è ovviamente costituito dall’impegno, ma sul come raggiungere gli obiettivi.
Anche Monti, il PD e Berlusconi hanno questi stessi obiettivi, a modo loro li hanno perseguiti per tutto l'anno passato.
Ma tranne l’ovvia evocazione che a parole accomuna tutti, l'equità, non si dice altro.
Nessun paletto, ad esempio, contro la svendita del patrimonio pubblico. Come anche manca un qualsiasi accenno su rinegoziazione del debito, moneta e ruolo delle banche.
 
Una critica, infine, rimanendo alle questioni di stretta attinenza con i problemi di tipo istituzionale, all'approccio populistico e grillesco sulla questione morale.
Come nulla ci si è dimenticati del principio costituzionale che tende al recupero dei condannati, finendo per aderire alla logica che un errore compiuto a venti anni deve essere considerato, ai fini dell’elettorato passivo, come una condanna all’ergastolo.
Così come non si accenna ad alcuna distinzione tra condanna e condanna, superando, in questo, anche Beppe Grillo, che ha già dichiarato che le attuali rigidità del Movimento 5 Stelle, sull'incandidabilità dei condannati, sono un atto di prudenza a tutela di un movimento ancora agli inizi.
Con l’incandidabilità dei rinviati a giudizio, infine, anche se solo per i reati più gravi, perdono di ogni loro significato i principi costituzionali a tutela della separazione dei poteri e dei diritti individuali.
 
Ciliegina sulla torta di questo assemblement di temi populistici, l’abolizione della diaria per i parlamentari.
Neanche Grillo è mai arrivato a tanto!
Anzi, nel suo decalogo con il quale viene fissato lo stipendio dei futuri parlamentari del Movimento 5 Stelle, si precisa pure che “I parlamentari avranno comunque diritto a ogni altra voce di rimborso tra cui diaria a titolo di rimborso delle spese a Roma, ecc. ecc.”
 
No cara Rivoluzione Civile, tra silenzi, ambiguità e populismo distorsivo, non ci siamo proprio.
A ciò c’è da aggiungere che anche le prime indicazioni sulla composizione delle liste bloccate non inducono al buon umore.
Si ripete, pertanto, quanto premesso all’inizio: visti i tempi, i tentativi di comprensione sono d’obbligo, ma guai ad illudersi di avere i voti già in tasca per l’assenza di altre alternative.
 


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