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Riforme.net  -  28 febbraio 2013
 
Grillo, il Senato, e il modello siciliano che non sempre può funzionare

Franco Ragusa
 
"Il modello Sicilia è meraviglioso" ha commentato Grillo. Si sta fuori dalla maggioranza e dalla Giunta, per poi decidere se appoggiare o meno i singoli provvedimenti.
A prima vista sembrerebbe un'apertura in grado di permettere la nascita di un governo di minoranza.
Un'apertura durata appena il tempo di ragionarci sopra, visto che, solo poche ore dopo, tra un insulto e l'altro a Bersani, Grillo ha anche aggiunto che non verranno stipulate alleanze o votata la fiducia a chicchessia, sempre per seguire con coerenza il modello siciliano. 
Tutto perfetto, dal punto di vista (e di forza) del Movimento 5 Stelle, se non fosse che i numeri al Senato sono molto più complessi di quelli della Regione siciliana.
Da premettere che non solo al Senato, ma anche al Parlamento siciliano, non si è in presenza di una maggioranza autosufficiente da parte del Centrosinistra e che, quindi, in entrambi i casi, la fuoriuscita dall'aula da parte dei parlamentari penta stellati potrebbe determinare il venire meno del numero legale se lo stesso venisse fatto dal resto delle forze politiche all'opposizione.
Tanto è vero che il Movimento 5 Stelle siciliano non si fa scrupolo alcuno nell'utilizzare spesso questo strumento, la presenza o meno in Aula, per mettere sotto pressione la Giunta Crocetta.
Sostenere, pertanto, che il modello siciliano non potrebbe essere replicato anche a livello nazionale con il Senato, a causa del venir meno del numero legale, non è del tutto corretto.
A fare la differenza tra le due realtà è, invece, il diverso peso delle due maggioranze relative.
Mentre, infatti, una volta fuori dall'Aula i parlamentari del M5S, nel Parlamento siciliano prevarrebbe il Centrosinistra, al Senato vi sarebbe una prevalenza di voti a favore di PDL-Lega-Monti.
In altre parole, con il Movimento 5 Stelle fuori dall'Aula, al Senato l'opposizione non avrebbe alcun motivo per far mancare il numero legale, potendo facilmente mettere in minoranza il Centrosinistra.
 
Appurata l'esistenza di un diverso peso dei numeri da dover prendere in considerazione, quali gli scenari possibili per poter permettere la formazione di un governo, anche solo a tempo?
Ma soprattutto, un governo con una maggioranza stabile o un governo di minoranza?
Partiamo dalla prima ipotesi, quella che da molti potrebbe essere considerata la soluzione migliore.
Le combinazioni sono sostanzialmente tre: CSX-CDX-Monti, CSX-CDX, CSX-M5S
Considerato, però, che nessuna delle forze politiche ha scritto sulla fronte "sale e tabacchi", in modo particolare pensando che a breve si potrebbe tornare davanti agli elettori, è evidente che si tratta di soluzioni, per quanto strumentalmente evocate, scarsamente credibili.
Nei primi due casi, infatti, si lascerebbe la strada spianata all'ulteriore scalata di Grillo; nell'ultimo caso se ne avvantaggerebbe, in termini di forte ed accattivante polemica elettorale, Berlusconi.
 
Per quanto riguarda, invece, la possibile formazione di un Governo di minoranza, le combinazioni si riducono a due: CSX da solo o CSX-Monti
In entrambi i casi, però, se il Movimento 5 Stelle va fuori dall'aula per non votare contro la fiducia, considerato che anche la sola astensione varrebbe come un voto contrario, potrebbe venir meno il numero legale laddove anche i senatori del Centrodestra decidessero di fare lo stesso.
Vi sarebbe la necessità, pertanto, al fine di garantire la presenza del numero legale, della presenza di un certo numero di senatori stellati.
Ma anche questo potrebbe non bastare per consentire la nascita di un Governo di minoranza.
Mentre, infatti, nell'ipotesi CSX-Monti 17 senatori del Movimento 5 Stelle potrebbero benissimo rimanere in aula e votare addirittura contro, numero legale e fiducia garantite, nell'ipotesi di un Governo di minoranza ristretto al solo centrosinistra, servirebbe la presenza ed il voto positivo di almeno 35 senatori penta stellati.
Vista, però, la determinazione con la quale Grillo ha escluso qualsiasi voto di fiducia, l'unica soluzione possibile rimarrebbe soltanto quella di appoggiare, pur votando contro ma garantendo la presenza di almeno 17 senatori, un Governo di minoranza con la presenza di Monti.
Ma è proprio qui che sta la difficoltà maggiore da dover superare e da spiegare ai tanti elettori che hanno votato per il cambiamento.
Un conto è permettere la nascita di un governo di minoranza PD-SEL maggiormente aperto alle istanze del Movimento 5 Stelle, un altro è accettare che Monti possa, al pari ed anche più del Movimento 5 Stelle, dettare l'agenda dei provvedimenti da approvare.
Pensare, infatti, che oltre al CSX anche Monti possa accettare di rimanere appeso alle scelte di volta in volta decise dai senatori a 5 stelle, non sembra un'ipotesi credibile.
Delle due l'una, quindi: per riuscire ad applicare il modello siciliano anche al Senato, o si va un po' oltre la neutralità, votando la fiducia per avere a che fare con un governo più vicino ai temi del Movimento 5 Stelle, oppure si rimane neutrali sino in fondo, dovendo permettere anche, però, la piena funzionalità di un governo di minoranza Csx-Monti.
Insomma, un bel rebus che ha poche vie d'uscita e che non sono affatto quelle evocate da Beppe Grillo in queste ore, il meraviglioso modello siciliano, per l'appunto.
 
Un bel rebus che chi scrive spera non trovi vie d'uscita e che conduca al più presto a nuove elezioni, visto che all'ordine del giorno non vi sarebbe la riduzione dei privilegi, bensì tutta una serie di interventi in grado solo di ridurre gli spazi di democrazia: dal dimezzamento del numero dei parlamentari sino ad arrivare all'eliminazione degli enti locali più vicini ai cittadini, Province e piccoli Comuni, passando per il taglio del finanziamento della politica e dell'informazione (non correzione delle distorsioni contro gli abusi ed i privilegi, ma taglio) che avvantaggerebbe soltanto i poteri forti.
 

 
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