Riforme Istituzionali
Elezioni 2001
 
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 Le opinioni dei lettori
 
5 maggio 2001

Antonio Martino
 
Vorrei aggiungere una considerazione alle puntuali osservazioni sulla illegittimità delle liste civetta. Io sottolineerei l’importanza fondamentale a questo scopo proprio del 2° comma dell’art. 18, nel quale mi pare siano sanciti due principi fondamentali che rendono palese tale illegittimità.

Il meccanismo di elezione della Camera dei deputati si espone al rischio di violare il principio ‘una testa un voto", che l’art. 48 cost. esprime enunciando che il ‘voto è uguale’, oltre che libero. All’elettore, come si sa, vengono consegnate due schede. Bisogna però che le due schede, per non tradire il suddetto principio, si traducano in un "solo" voto, come per l’elezione del senato, dove il voto maggioritario nel collegio determina l’elezione del senatore in quel collegio - e in ciò esaurisce la sua funzione -, mentre il voto minoritario nel collegio concorre all’elezione della quota proporzionale nella circoscrizione. A parte gli effetti dis-proporzionali del sistema, ogni elettore dispone effettivamente di un voto ‘eguale’. E’ evidente, dunque, che anche alla camera, per rispettare il principio, il voto maggioritario nel collegio deve esaurirsi nell’elezione del deputato del collegio, con la conseguenza che l’eventuale utilizzazione di quel voto anche per l’elezione della quota proporzionale, assegnerebbe all’elettore ‘maggioritario’ un voto + una percentuale di un secondo voto, e all’elettore minoritario solo la frazione di un voto. Questi non sono gli effetti di una disproporzione propria di un sistema maggioritario, bensì di una diseguaglianza genetica del voto.

Questo, mi pare, è il quadro dei principi costituzionali che devono indirizzare la corretta lettura delle norme elettorali.

Il secondo comma dell’art. 18 della legge elettorale sancisce, invero, i seguenti principi enucleabili per astrazione dalle sue puntuali disposizioni: a) che il collegamento è obbligatorio; b) che il collegamento deve essere veritiero. Se il collegamento non è dichiarato o non è veritiero, si interviene d’ufficio, stabilendo in 24 ore l’osservanza di tali obblighi. Il procedimento previsto dalla legge ha natura amministrativa e deve rapidamente concludersi, per cui il legislatore ha opportunamente collegato l’agibilità dei provvedimenti alla identità dei simboli, non ha previsto, cioè, indagini più approfondite. Ma, giuridicamente – oltre questo meccanismo ‘amministrativo’, finalizzato, per così dire, ad un rapido intervento _ resta, da un lato, l’affermazione dei suddetti principi, che devono essere rispettati, non possono essere calpestati, mentre, d’altra parte, si configura il fatto che la verità (il collegamento veritiero, che la legge dichiara di voler imporre) è oggettivamente e incontestabilmente accertabile. La dichiarazione di collegamento ad una lista civetta - dichiarazione non veritiera e quindi falsa, resa in frode alla legge – è quindi impugnabile e può essere annullata dal giudice del contenzioso elettorale, cui qualsiasi elettore potrebbe ricorrere, impugnando la proclamazione degli eletti, per chiedere l’annullamento della dichiarazione medesima e l’addebito dei voti alla coalizione cui si è effettivamente collegati. Si potrebbe anche contestare la legittimità costituzionale della norma sulla ‘riduzione’ dello scorporo, per accollare alla coalizione tutti i voti dell’eletto col maggioritario, ma questa è un’altra cosa.

Cordialmente
Antonio Martino


9 maggio 2001

Caro Ragusa,

vorrei meglio precisare il mio precedente intervento, perché mi parrebbe opportuno integrare le Sue puntuali e accuratissime analisi testuali, le quali, peraltro, potrebbero dare l'impressione che l'unica reazione possibile allo 'scandolo' delle liste civetta sia la richiesta di verbalizzare l'illegittimità al momento del voto, sperando poi in un intervento d'ufficio. Contro la proclamazione dei risultati, invece, è possibile esperire un formale ricorso da parte di qualunque elettore della circoscrizione. Per aversi una reazione veramente efficace, ovviamente, occorrerebbe dunque che le forze politiche truffate dalle liste civetta fossero loro a promuovere e organizzare i ricorsi.

Insisterei pure sull'importanza fondamentale del secondo comma dell'art. 18 ai fini dell'illegittimità delle liste civetta, muovendo dall'inquadramento delle relative disposizioni nel principio sull'uguaglianza del voto (art. 48 cost.). Il doppio voto a disposizione di ogni elettore per l’elezione della camera dei deputati è infatti suscettibile di ledere tale principio (una testa un voto) se rimane doppio solo per una maggioranza di elettori, mentre lo scorporo è lo strumento tecnico che impedisce questa conseguenza aberrante. Senza lo scorporo, infatti, il voto non avrebbe solo un effetto dis-proporzionale, ma sarebbe "geneticamente" un doppio voto solo per ‘la testa’ dell’elettore maggioritario e, quindi, è un voto diseguale. Il collegamento è strettamente funzionale al computo dei voti ai fini della loro attribuzione nella parte proporzionale, tant’è che è previsto il collegamento d’ufficio da parte dell’ufficio centrale circoscrizionale qualora il candidato individuale si presenti con un simbolo uguale a quello di una lista presente nella parte proporzionale e pretenda di collegarsi con una lista diversa (art. 18, comma 2, cit.). C’è in questa disposizione l’affermazione di un principio, che è innanzi tutto morale, ma, in quanto espresso da una norma di legge, è anche giuridico: il principio secondo cui la dichiarazione di collegamento, che è obbligatoria, deve essere anche veritiera. In questa disposizione c’è, a chiare lettere, anche sul piano della lettera della norma, a prescindere dalla sua coerenza con i principi della democrazia e della costituzione, il divieto di presentare liste civetta: se ci si collega con una lista civetta, d’ufficio deve essere annullato il collegamento fasullo e stabilito quello "vero".

Ai sensi del detto secondo comma, il simbolo del candidato uninominale può essere diverso dal simbolo delle liste circoscrizionali collegate solo in due casi, che sono incompatibili con la truffa delle liste civetta: quando si vuole esprimere una specificità locale o politica (per esempio, la candidatura dell’on. De Mita nel 1996, cui fu impedito di presentarsi col simbolo dell’Ulivo, e si collegò con la lista del PPI) o quando il candidato del collegio uninominale è espressione di una coalizione di forze politiche.

Fuori di questi due casi, il collegamento, in quanto non veritiero e come tale accertabile in sede contenziosa, è un collegamento in frode alla legge, illegittimo per violazione del detto principio e, pertanto, è annullabile su ricorso di un qualsiasi elettore

Ferrara, 9 maggio ’01

Antonio MARTINO

 

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