Emilio Colombo
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Legge Mattarella : un pasticcio infinito...
1. Introduzione
In seguito al referendum del 18 aprile 1993 sulla legge elettorale
del Senato, il Parlamento italiano ha modificato la legge elettorale per
la Camera dei Deputati, nell’intento di adeguarla all’esito referendario.
Per effetto della legge 4 agosto 1993, n. 277, il 75 per cento circa
dei deputati è attualmente eletto in 475 collegi uninominali. La
distribuzione del restante 25 per cento di seggi avviene in 26 circoscrizioni
tra liste proporzionali, previo scomputo di una quota variabile dei voti
ottenuti nei collegi uninominali dai candidati eletti e ad esse collegati.
La legge n. 277/1993, tuttavia, si è limitata ad apportare al
Testo Unico delle leggi per l’elezione della Camera dei Deputati (D.P.R.
n. 361/1957) modifiche strutturali, delegando il Governo, con l'art. 20,
ad adottare un decreto legislativo con cui apportare al D.P.R. n. 361/1957
le modificazioni strettamente conseguenti a quanto previsto dalla stessa
legge n. 277/1993.
Ora, il decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 534, adottato in base
alla citata delega legislativa, ha sì apportato al D.P.R. 361/1957
alcune essenziali modifiche, ma limitandosi, in molti casi, ad estendere
all’elezione uninominale le preesistenti disposizioni del Testo Unico relative
all’elezione proporzionale.
E’ proprio a causa del travisamento delle norme della legge Mattarella
operato dal decreto legislativo n. 534/1993 che ha potuto nascere e svilupparsi
il fenomeno delle cd. " liste civetta ".
2. Le disposizioni della legge Mattarella su collegamenti e " scorporo "
Secondo il combinato disposto degli artt. 4, comma 2, numero 1), e 18,
comma 1, del D.P.R. n. 361/1957 (introdotti dalla l. 277/1993), i candidati
uninominali devono obbligatoriamente collegarsi con almeno una lista proporzionale
presentata nella stessa circoscrizione.
Il collegamento tra candidatura uninominale e lista proporzionale ha
la funzione di consentire il funzionamento del meccanismo del cd. " scorporo
" : dai voti raccolti dalla lista proporzionale collegata con il candidato
uninominale risultato eletto, invero, è detratta una quota di voti
pari almeno al 25% di quelli validamente espressi nel collegio.
L'art. 18, comma 1, del Testo Unico (unica norma espressamente richiamata
dal precedente art. 4, comma 2, numero 1), infine, trattando della presentazione
delle candidature uninominali, prevede che il candidato, nella sola ipotesi
di collegamento con più d’una lista, indichi il contrassegno o i
contrassegni che devono accompagnare il suo nome sulla scheda elettorale.
Al fine di impedire l’aggiramento delle disposizioni sullo " scorporo
", la legge n. 277/1993 ha previsto anche il potere-dovere dell’ufficio
elettorale circoscrizionale di disporre il collegamento d’ufficio tra candidati
e liste aventi gli stessi contrassegni (art. 18, comma 2, D.P.R. n. 361/1957).
3. I vuoti aperti dalla legge Mattarella e non colmati dal decreto legislativo delegato
La legge Mattarella lasciava aperta, tra le altre, una fondamentale
questione: il diritto degli elettori di conoscere effettivamente i collegamenti
tra candidati e liste.
Alla prova dell’esperienza pratica è sorta un’altra delicata
questione, solo apparentemente lasciata aperta dalla legge : quella della
possibilità di collegare un candidato uninominale con una lista-civetta
su cui far ricadere il cd. " scorporo ".
Del diritto di informazione degli elettori il d. lgs. n. 534/1993 si
occupa poco o nulla. L’art. 24, comma 1, numero 5), del T. U., che tratta
della stampa del manifesto indicante liste proporzionali e candidati uninominali,
e il successivo art. 31, commi 1 e 2, che definisce il contenuto delle
schede elettorali, sono stati meramente modellati sulle norme preesistenti
alla legge Mattarella.
Né la prima né la seconda norma si preoccupano di garantire
il diritto degli elettori di conoscere i collegamenti tra i candidati uninominali
e le liste proporzionali. Tuttavia, mentre almeno sul manifesto -il cui
contenuto non è tassativamente determinato dalla legge- sono riportati
i simboli delle liste collegate, la scheda elettorale resta, sul punto,
silente.
La seconda questione è molto più delicata, in quanto
dalla soluzione di essa, in un senso o nell’altro, dipende il funzionamento
del meccanismo di attribuzione dei seggi in ragione proporzionale e, dunque,
dell’intero impianto della legge.
Come dianzi accennato, la maldestra formulazione di norme applicative
dei princípi di cui agli articoli 4, comma 2, numero 1), e 18, comma
1, del Testo Unico, ivi inserite dal d. lgs. n. 534/1993, potrebbe far
pensare a una facoltà dei candidati di contraddistinguersi con un
simbolo diverso da quello della lista collegata.
Sarebbe, secondo questa interpretazione, più che legittima la
presentazione di candidati uninominali sotto con un certo simbolo ma collegati
formalmente con una lista "civetta", contraddistinta da ben altro simbolo
(al fine di evitare, evidentemente, che gli elettori, per effetto di presumibili
fenomeni transitivi, votino la lista civetta, vanificando così il
tentativo di elusione dello " scorporo ").
L’interpretazione letterale, ancor prima che logico-sistematica, delle
citate norme di riferimento non lascia invece spazio a ipotesi di questo
tipo.
Invero, l'art. 18, comma 1, contempla un diritto di opzione del candidato,
con riferimento al contrassegno, unicamente "nell’ipotesi di collegamento
con più liste". Ciò, nella logica del sistema elettorale
tendenzialmente bipolarizzante stabilito dalla legge Mattarella, al fine
di consentire a coalizioni composte di più partiti politici di contraddistinguere
i candidati uninominali con un unico simbolo identificativo e riassuntivo
dell’intera coalizione, in luogo di più simboli (uno in rappresentanza
di ogni singolo partito della coalizione), ma senza tuttavia consentire
di aggirare l’obbligo del collegamento, finalizzato al cd. "scorporo",
in quanto presupposto irrinunciabile di questa sorta di diritto d’opzione
è l’effettiva presenza di un formale collegamento con più
liste (collegamento cui conseguirebbe l’effettivo "scorporo" dei voti,
pro quota, nei confronti di tutte le liste collegate al candidato vincente
nel collegio).
In caso di collegamento con una sola lista, la legge non prevede nessun
diritto d’opzione: questo perché, appunto, il candidato uninominale,
che obbligatoriamente deve essere collegato a una lista proporzionale ai
fini dello scorporo, non può che essere contraddistinto dallo stesso
simbolo. E, peraltro, non si può escludere che il legislatore delegato
non sia intervenuto sul tema proprio considerando implicito ad evidenza
che lo stesso simbolo, in caso di collegamento unico, dovesse univocamente
contraddistinguere candidato uninominale e lista proporzionale, rendendo
conseguentemente palese agli elettori il collegamento.
4. Conclusioni
La pratica di collegare i candidati uninominali con una sola lista proporzionale
contraddistinta da un simbolo diverso (e, dunque, anche con una "lista
civetta") è illegittima, ma resa possibile dalla (quantomeno) colpevole
carente formulazione del decreto legislativo n. 534/1993 di adeguamento
del Testo Unico per l’elezione della Camera dei Deputati alle disposizioni
innovative della legge n. 277/1993.
Il referendum elettorale, votato nel 1999 e ancora nel 2000 ma vanificato
dal mancato raggiungimento del quorum, con l’abolizione della scheda proporzionale
e dei connessi impalpabili meccanismi (liste proporzionali bloccate, obbligo
di collegamento tra candidati uninominali e liste circoscrizionali, " scorporo
", etc.), avrebbe anche risolto alla radice le contraddizioni lasciate
nel Testo Unico dai ricordati avventati interventi legislativi, restituendo
agli elettori una legge più chiara e intelligibile.
La vittoria del referendum elettorale avrebbe infine evitato agli allora
paladini dell’astensionismo di abbandonarsi a postume amene recitazioni
: se infatti, da un lato, Bertinotti ha inscenato tardive e impudíche
proteste contro le cd. "liste civetta", dall’altro Berlusconi e i suoi
alleati hanno perfino trovato il modo di presentare l’aggiramento della
legge elettorale nelle vesti di una battaglia " di libertà " contro
lo scorporo.
A ben vedere, in effetti, la legge Mattarella già recava in
sé i prodromi del pasticcio di casa Letta e dell’attuale farsesca
degenerazione del costume politico italiano.
Milano, li 11 maggio 2001
Emilio Colombo