Bicamerale e tatticismi di corto respiro
Nelle due lettere pubblicate da "liberazione" (17 e 18 ottobre), riguardo al comportamento che il PRC dovrebbe
tenere nei confronti della legge istitutiva della Bicamerale per le riforme, si possono scorgere due diversi modi di
affrontare le questioni per cosi' dire "urgenti".
Da un lato, da parte di Sani e Clementi, c'e' la convinzione che il fine non potrebbe in alcun modo giustificare i
mezzi; diversamente, da parte del lettore Mazzi, il timore che il rispettare dei principi potrebbe aprire la strada ad
altre ipotesi, a suo modo di vedere piu' allarmanti, vedi il rischio Assemblea Costituente, conduce a privilegiare
l'immediatezza tattica della soluzione Bicamerale.
Devo purtroppo constatare che il lettore Mazzi non e' il solo a dare questo tipo di soluzione al problema, visto che
anche Rifondazione sembra essersi convinta a percorrere la via della Bicamerale.
Vorrei pero' anch'io, come chi mi ha preceduto, prospettare dei possibili scenari.
1) Si vara la Bicamerale a grande maggioranza, grazie anche ai voti di Rifondazione.
2) A "lavori in corso" le possibili intese sull'elezione diretta (o indiretta che sia) del Premier, o su una soluzione di
tipo semipresidenziale, gia' ricercate precedentemente da D'Alema e Berlusconi cominciano a prendere una forma
concreta. Verrebbe cosi' a formarsi una maggioranza per le riforme diversa da quella che sostiene il Governo.
3) Rifondazione, a quel punto, stretta nell'angolo, non avrebbe altra scelta che cercare d'influenzare le scelte
dell'Ulivo togliendo il sostegno alla maggioranza di Governo.
4) Colpo di teatro: un manipolo di parlamentari del centro-destra, dicendo di piegarsi agli interessi superiori del
paese, si fa carico di sostenere il Governo pur di arrivare alla conclusione del percorso di riforma istituzionale ormai
giunto a buon punto.
5) A Rifondazione non rimarrebbe null'altro che recriminare sui propri errori, in quanto risulterebbe tardivo un
qualsiasi suo richiamo al rispetto delle regole, avendo a suo tempo contribuito a sacrificare i principi sull'altare di
un accordo tra le segreterie di partito.
Altro scenario.
1) Si vara la Bicamerale senza i 2/3 ma con i voti di Rifondazione.
2) A quel punto e' evidente che le forze che potrebbero invocare il referendum avrebbero tranquillamente buon
gioco a porre la questione nei termini rigidi "Assemblea Costituente contro la Bicamerale dei partiti".
Diversamente, rimanendo fuori Rifondazione dall'accordo per la Bicamerale, la questione potrebbe con forza essere
posta nei termini indicati da Clementi e da Sani: non si vota contro la Bicamerale per sostenere la Costituente, ma
perche' si e' contrari ad un progetto di Fase Costituente che risulterebbe lesivo delle garanzie costituzionali.
Infine, non capisco come mai Rifondazione non abbia ancora con forza proposto all'Ulivo una propria ed autonoma
iniziativa per riequilibrare le garanzie costituzionali venute meno con l'approvazione della legge elettorale di tipo
maggioritario, e questo a partire proprio dall'art. 138.
In che senso?
Nel senso di restituire alle minoranze la possibilita' di partecipare alla fase formativa degli eventuali progetti di
revisione costituzionale come prima era garantito dalla rappresentanza proporzionale. Gia' oggi, pur con un
maggioritario imperfetto, nell'attuale Parlamento sono state escluse o ridotte fortemente le presenze di alcune
minoranze, sovradimensionando, invece, le rappresentanze di alcune forze di centro ancor piu' minoritarie.
Andrebbe cioe' posta una clausola di salvaguardia che permetta a tutte le forze in campo di essere rappresentate
nella giusta misura nei processi di revisione della Costituzione, e questo indipendentemente dal sistema elettorale
adottato.