Gli interventi di "Riforme istituzionali"

N° 16 - 11/09/96
Domenico Gallo

Comunicato N° 6 dell'Associazione Pace e Diritti

ti ringrazio del messaggio! La pagina sulle riforme istituzionali è stata una piacevole sorpresa. L'Associazione Pace e Diritti ha messo al centro del proprio impegno politico la questione delle riforme istituzionali, viste dalla parte dei diritti dei cittadini ed opera in stretto collegamento con i Comitati per la Difesa della Costituzione. promossi da Dossetti e con l'Associazione Italiana dei Giuristi Democratici. Se tu potessi ospitare, come hai già fatto, i nostri documenti, nell'ambito del dibattito istituzionale, ciò ci sarebbe di grande aiuto. Ti invio, come attachment, alcune comunicazioni di Pace e Diritti.


Pace e Diritti
Fase Costituente
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Come era da prevedere, attorno al governo Prodi si è aperto uno scontro di grande durezza. Benché nella politica economica, dato il condizionamento del debito, i vincoli di bilancio e la confermata accettazione delle condizioni di Maastricht, i suoi margini di differenziazione dalla politica che sarebbe praticata da uno schieramento di destra siano molto ridotti, com'è dimostrato dal Documento di programmazione economica e finanziaria, nemmeno questi margini sono tollerati dalle vestali della competitività e del mercato globale, cosicché da destra è tornato con forza il tema, ritenuto risolutivo, delle riforme istituzionali; il vero obiettivo è quello di conquistare una "indifferenza" dell'economia rispetto alla politica, che è la dichiarata rivendicazione del neo-liberismo; si tratta perciò di mettere al riparo, mediante una blindatura costituzionale, i poteri economici e finanziari dalle rivendicazioni avanzate in nome dei diritti fondamentali e dalla "interferenza" del potere politico come strumento di mediazione e perequazione tra interessi particolari e di governo complessivo della società.
Con l'acuirsi dello scontro le intenzioni sono venute in chiaro. Non solo il presidenzialismo, la cui forma, al modo francese o al modo del "sindaco d'Italia" viene giudicata irrilevante, purché si tratti di un'investitura diretta; ma il presidenzialismo come chiave di volta di un sistema, costruito sull'abbandono del Patto del '47, la riscrittura della prima parte non meno che della seconda della Costituzione, il trasferimento formale della sovranità al mercato, lo svuotamento dei compiti della Repubblica e la riduzione dello Stato allo "Stato minimo", ridotto alla regolamentazione della forza, teorizzato da Nozick ("Anarchia, Stato e Utopia"), sovvertimento che solo attraverso la discontinuità di una Assemblea Costituente si giudica possibile ottenere; il tutto con l'alibi del federalismo e l'incentivo della risposta da dare alla Lega.
Lo svelamento del vero oggetto del contendere è venuto da due fonti che non potevano essere più simboliche. Il presidente della Fiat, Romiti, prima a Bologna poi al convegno di "Liberal" del 5 luglio a Milano, dichiarando chiusa l'era del capitalismo delle "grandi famiglie" (che pure hanno prosperato all'ombra dello Stato), ha chiesto una nuova Costituzione economica che sancisca l'economia di mercato, l'intangibilità dell'impresa privata, la tutela della concorrenza, l'autonomia dell'autorità monetaria e il divieto allo Stato di interferire nell'economia; propositi del tutto in sintonia, come ha osservato Buttiglione, "con una vecchia idea del premio Nobel von Hajek", il guru del neo-liberismo integrale.
Da parte sua Mario Segni, rivendicando il completamento della "rivoluzione istituzionale" cominciata col maggioritario, ha chiesto, sul Corriere della Sera del 28 giugno una Costituente che introduca il presidenzialismo ("quale che sia la formula scelta") e che riveda "i punti fondamentali dell'impianto costituzionale"; esso infatti, nel suo esito "statalista", "risente della forte influenza della cultura comunista, e del compromesso raggiunto con quella cattolica, fortemente influenzata dalla posizione di Dossetti"; ma oggi il comunismo è sconfitto, e nella cultura cattolica la "ventata di libertà che ha scosso il mondo" starebbe prevalendo sul valore attribuito allo Stato e alle sue regole; sicché "il patto costituzionale che era la base di quell'accordo è finito".
Tutto ciò equivale a dire che oggi l'Italia è senza Costituzione, senza patto, e che non è un patto quello che postula la compatibilità della libertà economica privata con l'utilità sociale, che non accetta la riduzione del diritto al fatto, dell'istanza di giustizia al rapporto di forza, e che pretenda "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale" che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
Dunque, così motivata e contestualizzata, la proposta presidenzialista si presenta come una secca proposta di destra, che non appare mediabile e non dovrebbe prestarsi a convergenze trasversali tra i due schieramenti. Purtroppo invece nella discussione parlamentare del 18 luglio che ha portato alla decisione di istituire una commissione bicamerale, si è riprodotto il clima delle "grandi intese" che sembrano più finalizzate a predisporre un'ambigua successione al governo Prodi che a propiziare una effettiva e limpida riforma istituzionale. In questa situazione ci sembra che debba essere rivendicata l'autonomia della maggioranza che sostiene il governo Prodi, e che debba essere difeso tale governo; e che si debba ribadire come la scelta presidenzialista, non in astratto, ma per il complessivo significato istituzionale e politico che verrebbe ad avere nella transizione italiana, rappresenti una scelta sovvertitrice, il cui rifiuto assume ormai il valore di un discrimine tra ciò che ancora è di sinistra e ciò che non lo è, tra ciò che è democratico e ciò che più non lo è.
Pace e Diritti, in questa fase volutamente rimasta "costituente", si è principalmente qualificata, in base ad un giudizio di priorità e di urgenza, in questo lavoro attinente alle questioni istituzionali, sia concorrendo alla promozione dell'appello "per la democrazia costituzionale contro il presidenzialismo", sia operando nel quadro del "Comitato per la Democrazia Costituzionale", in stretta collaborazione con l'Associazione dei Giuristi Democratici, con i Comitati per la Costituzione di Dossetti e con i "Verdi solidali".

Su questo terreno c'è da segnalare:
1- la chiara presa di posizione della CGIL, prima nel Congresso di Milano, poi con la risoluzione approvata dal Congresso Nazionale di Rimini, a favore della democrazia costituzionale, contro l'Assemblea Costituente e contro il presidenzialismo. In proposito vi alleghiamo la lettera inviata da Giuseppe Dossetti e da altri eminenti giuristi a tale congresso (all. 1) e la risoluzione approvata dal Congresso (all. 2).
2- la novità intervenuta nel movimento dei Comitati per la Costituzione promossi da Dossetti, che nella riunione del Consiglio dei Delegati a Firenze del 6 luglio hanno accettato le dimissioni dalla presidenza del sindaco di Bologna Vitali, ed hanno eletto Presidente Stefano Rodotà, sulla base di una scelta politica assolutamente inequivoca a favore della democrazia costituzionale e parlamentare, e contraria al presidenzialismo.
3- lo svolgimento a Roma, il 13 luglio, di un seminario promosso dal Comitato per la Democrazia Costituzionale volto ad approfondire l'ipotesi e le diverse opzioni concrete di una riforma in senso federalista dello Stato. Presupposto e ispirazione di tale ricerca sono stati che l'eventuale scelta del federalismo debba essere fatta non per rispondere alla minaccia di secessione di Bossi, ciò che la renderebbe ad essa politicamente e culturalmente subalterna, ma per dare maggiore sviluppo ed attuazione alla democrazia, e che dunque la democrazia ne debba essere il metro di misura e il contenuto. Sulla base dei materiali così raccolti e discussi, è intenzione del Comitato per la Democrazia Costituzionale elaborare una proposta articolata da presentare e dibattere in una assemblea nazionale in autunno.
4- La questione istituzionale non è solo italiana ma europea. L'Europa manca di una sua Costituzione, e il rischio è che, di fatto, questo ruolo sia assunto dai trattati di Maastricht, che come è noto non fondano una comunità politica di carattere universale, ma solo una comunità economica e monetaria. Per questo le associazioni e i movimenti, tra cui "Pace e Diritti", riunitisi in un "altro vertice" a Firenze, il 21 giugno scorso, in concomitanza con il vertice europeo, hanno elaborato e proposto un preambolo di natura costituzionale da premettere ai futuri trattati europei. Ve ne inviamo il testo, perché venga assunto nelle iniziative di base (all. 3).
5- Sul piano del costituzionalismo internazionale, si è avuta il 7 luglio scorso un'importante sentenza consultiva della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, che pur senza dichiarare l'assoluta illiceità in ogni circostanza dell'uso delle armi nucleari, ha affermato che tale uso, in ogni caso, deve essere soggetto al diritto, il che basta ad escludere che il ricorso alle armi nucleari possa essere determinato solo da valutazioni militari e politiche. Non è una pronuncia risolutiva, ma è già un passo molto importante. In proposito vi inviamo un articolo di commento di Domenico Gallo pubblicato sul Manifesto (all. 4)

Altro capitolo da aprire sarebbe quello delle scelte di politica economica, al di là delle questioni costituzionali di cui sono al centro. Sul documento di programmazione economica e finanziaria il governo Prodi ha rischiato un conflitto con la CGIL, e, per la prima volta, una rottura della sua maggioranza, nel momento stesso in cui veniva attaccato dal commissario europeo Monti e dalla destra. Non ci soffermiamo qui sul punto di compromesso che è stato trovato. Vogliamo solo rilevare che il ristrettissimo margine di manovra di cui ormai dispone ogni governo nella conduzione della politica economica, dipende, come altre volte abbiamo detto, dal ferreo condizionamento del debito, che obbliga al perseguimento di avanzi primari sempre più elevati, aprendo sempre più la forbice tra la crescita del prelievo fiscale e la diminuzione dei servizi erogati, e delle funzioni esercitate dallo Stato. La grande questione è se quello del debito debba continuare ad essere considerato come un problema del bilancio ordinario dello Stato, e le spese per interessi come spese ordinarie, o debba essere considerato come un problema straordinario, il vero problema della transizione italiana, e quindi da affrontare con risposte di carattere straordinario. E' un tema di cui "Pace e Diritti" avverte da tempo tutta la portata, ma che non ha, per il momento, la forza di introdurre nel dibattito politico, sollecitando un confronto sulle diverse ipotesi di soluzione. Esso resta quindi nella nostra agenda per il futuro.
Riguardo alle ulteriori prospettive del nostro lavoro, abbiamo ampia materia di riflessione e discussione da riprendere dopo la pausa estiva.

P.s. I documenti di pace e Diritti si possono trovare sulla pagina web del Comune di Pistoia al seguente indirizzo: