N° 24 - 01/10/96
Da il manifesto
LOMBARDI E TOSCANI
E' Formigoni ad aver intuito per primo che anche al caso del federalismo si applicava la legge naturale (in politica), che dice che il vuoto si riempie sempre. E ha un bel protestare, il ministro Bassanini (pidiessino come il presidente della Toscana), che i suoi progetti prefigurano un rapido e più efficace federalismo. A una certa opinione del nord - quella che magari non è andata sul Po ma la cui matita trema sopra il simbolo della Lega ad ogni occasione elettorale - non interessa più gran che di bicamerali o disegni di legge, di dibattiti parlamentari e in definitiva di lungaggini (e la democrazia cos'è, se non perdere tempo in discussioni?). Quel che a quella opinione interessa, e subito, è avere una risposta chiara alla domanda fondamentale: quando la si smetterà di sperperare in "solidarietà" e "centralismo" i soldi delle nostre tasse? La risposta di Formigoni, o almeno è quel che lui spera, è soddisfacente: abolire il ministero della sanità, regionalizzandone il bilancio, significa smetterla con quello spreco. E' il "federalismo" brutto, il peggiore, quello dei ricchi contro i poveri.
Per di più, ai calcoli del Polo si sono sovrapposte le raffinate tattiche del segretario del Pds. D'Alema ha fin qui taciuto, ciò che significa che l'iniziativa del presidente toscano non gli dispiace, nonostante le proteste dei Popolari, di Rifondazione e dello stesso ministro Bassanini. E perché non gli dispiace? Perché - proprio come teme Gerardo Bianco - i referendum delle regioni sono una mina accesa sotto la commissione bicamerale per le riforme istituzionali. Una mina politica (visto che i referendum regionali non possono modificare la Costituzione), che ha il non secondario pregio di rinsaldare la sotterranea alleanza, su presidenzialismo e altre riforme, tra il Polo e il Pds. Come dice l'autentico interprete del pensiero dalemiano, Giuseppe Vacca, al segretario del Pds non dispiacerebbe affatto quel che piace anche a Fini e Berlusconi, una assemblea costituente, magari da gestirsi con un governo di unità nazionale.
Però resta la domanda: se il Polo vuole fare un rodeo a cavallo della tigre leghista, se il segretario del Pds persegue una sua
coerente linea presidenzialista, che cosa ha da guadagnare, in tutto questo, la sinistra? Sì, perché da un lato, agendo in
questo modo, si accarezza il peggiore senso comune, a proposito di rapporti tra aree diverse del paese, tra ricchi e non; e
d'altra parte la nebbia federalista si chiarisce in un modo che non farà certo felici i sindaci - convinti come Massimo Cacciari
che la sede locale del potere debba essere la città e non un mini-stato regionale - e non entusiasmerà tutte quelle aree,
prossime al Pds, che su un federalismo realmente democratico avevano puntato, per combattere la Lega. La quale, intanto,
incassa.