STATO E CITTADINI secondo il programma del
Movimento 5 Stelle
a cura di
www.riforme.net - www.riforme.info
03/07/2012
Beppe Grillo lo dice
spesso: il Movimento 5 Stelle il programma lo ha, e
come se lo ha, basta andare sul Blog e scaricarlo.
Tappa ormai
d'obbligo, considerati i sondaggi favorevoli ed il
successo ottenuto alle amministrative, con il
conseguimento di 4 sindaci ed annesse maggioranze
comunali.
Questo programma,
infatti, o parte di esso, potrebbe ben presto
divenire oggetto di voto.
Parlando della
sezione "Stato e Cittadini", che qui più
interessa, vi è purtroppo da segnalare una
prima nota dolente: tranne poche righe iniziali di
critica del sistema, per ogni singolo punto non vi
è un minimo di presentazione che dia conto
delle motivazioni.
L'approfondimento
è quindi in parte limitato e sicuramente
condizionato dall'impossibilità di fare
un'accurata valutazione costi-benefici, non essendoci
altri parametri a cui far riferimento, se non le sole
soluzioni proposte da acquisire "chiavi in mano".
Per intendersi sulle difficoltà che
s'incontrano nel valutare le singole proposte del
programma, nulla si dice, ad esempio, sul
perché le Province dovrebbero essere abolite.
Per ridurre i costi? Perché sostanzialmente
inutili? Perché quello che fanno le Province
può essere fatto meglio da altri? Da altri chi?
Insomma, anche
dovendo riconoscere che a proporre l'abolizione
delle Province sono ormai in tanti (mancano solo
questo sito e pochi altri), capita raramente di
imbattersi in un programma politico così
stringato e dove non c'è la
possibilità di conoscere né le ragioni
delle scelte, e nè il come realizzarle. E su
questioni come quelle riguardanti i referendum,
qualcosa di più andava sicuramente scritto.
A causa, quindi, del limite ora evidenziato, le note
critiche di questo approfondimento vanno più
che altro intese come semplice elencazione delle
questioni - problematiche - che potrebbero derivare
dall'adozione del programma a 5 stelle.
Nota: in neretto
i punti del programma "Stato e Cittadini ( qui
la versione integrale del programma).
- Abolizione
delle province
- Accorpamento dei Comuni sotto i 5.000 abitanti
|
Si parla tanto di esercizio della democrazia dal
basso, dei cittadini che debbono riappropriarsi
dei problemi di tutti i giorni per risolverli
direttamente, ma poi le prime due proposte vanno
esattamente nella direzione contraria, con la
richiesta di cancellare gli enti locali
più vicini ai cittadini, con il rischio
che gran parte delle competenze provinciali non
verranno affatto gestite dai comuni, quanto,
piuttosto, dalle lontane Regioni.
|
- Insegnamento della Costituzione ed
esame obbligatorio per ogni rappresentante
pubblico |
Da insegnare seriamente a tutti, a prescindere.
|
Aggiornamento
dall'Agenda
Grillo del 27/12/2012
- Elezione
diretta dei candidati alla Camera o al Senato
|
Premesso il
probabile errore di battitura (perché
alla Camera O al
Senato e non in entrambe le Camere?), si
tratta, sostanzialmente, di un punto di
programma già realizzato, in quanto
già scritto in Costituzione, art. 56 e
58, tant'è che anche con il Porcellum
la Camera viene eletta con voto diretto
attribuito a liste di candidati concorrenti
(art. 1 TU leggi elettorali).
Si tratta, quindi, di essere più
precisi.
Per cui, escluso il metodo di elezione diretta
a liste di candidati concorrenti adottato dal
Porcellum, con quale metodo il Movimento 5
Stelle ritiene debbano essere eletti
direttamente i candidati?
Con il voto di preferenza o con i collegi
uninominali?
Proporzionale o maggioritario di collegio?
Turno unico o doppio turno? ecc. ecc. ecc.
Insomma, qual è la vera posizione del
M5S sulla legge elettorale, dato che non
è possibile desumerla da una generica
richiesta di "Elezione diretta dei candidati
alla Camera o al Senato"?
|
Aggiornamento del
14/02/2013 - Tagliare
si può, volare si può
- Diminuzione
del numero parlamentari del 50%
- Dimezzamento
numero consiglieri regionali
|
Bene,
dimezziamo tutte le rappresentanze politiche,
così che i Berlusconi di turno avranno
meno fastidi da dover superare per fare i loro
comodi.
Ma meno parlamentari non significa, soltanto,
meno Parlamento e più poteri nelle mani
di pochi, ma anche meno rappresentanza
politica per le forze minori. O meglio, molti
più elettori senza rappresentanza.
Con l'attuale legge elettorale, ad esempio,
nelle Regioni con meno seggi a
disposizione si sono avuti casi nei quali
alcune liste minori non hanno conquistato
seggi, e questo pur appartenendo alla
coalizione vincente ed avendo superato la
soglia di sbarramento del 3%.
Questo per effetto di quella che tecnicamente
viene definita "soglia di sbarramento
implicita", dipendente dal tipo di
ripartizione, dal numero dei partiti in lizza
e, soprattutto, dal numero delle
circoscrizioni elettorali ed il numero,
quindi, dei seggi a disposizione per ogni
circoscrizione o Regione.
L'equazione è quindi di una
semplicità disarmante: meno
parlamentari = soglie di sbarramento
più alte = meno democrazia.
|
-
Riduzione a due mandati per i parlamentari e
per qualunque altra carica pubblica
- Eliminazione
di ogni privilegio particolare per i
parlamentari, tra questi il diritto alla
pensione dopo due anni e mezzo
- Divieto per i
parlamentari di esercitare un’altra
professione durante il mandato
- Stipendio
parlamentare allineato alla media degli
stipendi nazionali
|
Un conto è intervenire per evitare che
qualcuno possa utilizzare la posizione occupata
per potersi garantire la poltrona a vita, un
altro è rottamare, per partito preso,
anche le persone che potrebbero invece
continuare a dare un importante contributo,
fatto anche e soprattutto di esperienza
accumulata negli anni.
In tal senso, forse sarebbe preferibile
intervenire limitando solo il numero dei mandati
consecutivi.
Premesso
ciò, le quattro questioni , prese una
per una, possono risultare di facile
condivisione.
Tutte
insieme, però, realizzano una miscela
micidiale e fanno trasparire non tanto
l'intenzione di restituire dignità e
autorevolezza al massimo Organo
rappresentativo del Paese, quanto una
volontà punitiva nei confronti di chi
verrà chiamato a rappresentare gli
elettori.
Se ciò
può essere certamente comprensibile
vista la scarsa stima di cui gode l'attuale
Parlamento, non lo è pensando al futuro
e all'ineludibile esigenza di dover garantire
la funzionalità e l'indipendenza
dell'Organo rappresentativo dalle pressioni
indebite, nonché l'effettiva
accessibilità della funzione da parte
di tutti i cittadini. Condizione
indispensabile, quest'ultima, per non
determinare la creazione di caste di
eleggibili e di settori sociali, invece, auto
esclusi in partenza.
Se l'elezione non deve infatti divenire un mezzo
per arricchirsi o ricevere privilegi, non
può neanche essere ridotta a "lusso" per
pochi o di fatto riservata a categorie sociali
ben determinate.
Per chi
è ricco di suo o che può ad
esempio godere della conservazione del posto
di lavoro, poco importa se durante il mandato
si sarà costretti a non esercitare la
propria professione. Il tutto anche sommandoci
le ulteriori proposte riduttive dei
"privilegi".
Finito il
mandato il ricco tornerà a fare il
ricco e il lavoratore a tempo indeterminato
potrà andare a rioccupare il proprio
posto di lavoro.
Diverso
è il caso, però, di chi, invece,
svolgendo attività di libero
professionista o con contratti a termine,
potrebbe pagare a duro prezzo la lunga assenza
dal mondo del lavoro; e stiamo parlando di una
realtà sociale in rapida crescita.
Se c'è certamente, quindi, la
necessità di riportare a livelli di
decenza e trasparenza gli stipendi e tutti i
trattamenti dei parlamentari e della politica in
generale, vi è anche la necessità
di dover tenere conto del mondo nel quale si
vive, e questo per evitare di realizzare forme
di esclusione implicite in grado di alterare la
correttezza dei processi democratici.
C'è
infine da segnalare che nel programma non
c'è nulla riguardo alla legge
elettorale e sul come superare la logica
maggioritaria che da oltre 17 anni sta
condizionando ed alterando l'espressione del
voto; ma che, soprattutto, consente di
regalare, in barba al principio di "una testa
un voto" o che "uno conta uno", facili
maggioranze a minoranze anche esigue.
Riguardo a
quest'ultimo aspetto, se per alcuni può
essere facile chiudere un occhio quando si
vince, inquieta non poco che con risultati di
lista intorno al 20% e con tassi di astensione
elevati, una singola forza politica sia
riuscita ad ottenere, con questi numeri, la
maggioranza dei seggi in più consigli
comunali.
|
Aggiornamento del
14/02/2013 - Tagliare
si può, volare si può
- eliminazione
contributi all'editoria
- eliminazione
contributi elettorali ai partiti
|
Altre due misure, queste, che assieme ai
problemi sopra evidenziati, possono contribuire
a realizzare l'esatto contrario di quanto si
dice di voler fare: i cittadini padroni delle
loro sorti.
Riepilogando, infatti:
riduzione della rappresentanza in conseguenza
della riduzione del numero dei parlamentari;
allontanamento dei cittadini dalla cosa pubblica
in conseguenza dell'accorpamento dei piccoli
comuni e l'eliminazione delle province;
creazione di una nuova Casta di eleggibili in
conseguenza di una serie di interventi che
anziché ridurre le differenze potrebbero
aumentarle;
affidamento del pluralismo al Dio mercato.
Che sul finanziamento della politica e sul
finanziamento alla stampa si debba intervenire
è sin troppo ovvio. Ma non per quella
legge della giungla che anche Grillo va
propugnando, bensì per attuare,
attraverso uno sforzo pubblico mirato, quei
principi costituzionali tesi ad allargare la
partecipazione di tutti i cittadini alla vita
politica del paese.
Art. 3 Cost. - … È compito della
Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.
|
- Divieto di
cumulo delle cariche per i parlamentari
(esempio: sindaco e deputato) |
Giustappunto ribadito da una sentenza della
Corte Costituzionale. |
- Non
eleggibilità a cariche pubbliche per i
cittadini condannati |
Impedire a vita l'esercizio di un diritto
politico, per ogni tipo di condanna o per un
solo errore compiuto nella vita, è un
atto grave che non può essere trattato
con un simile livello di semplificazione.
Non ha peraltro alcun senso non tenere conto del
tipo di reato per il quale si è stati
condannati. Gli attivisti arrestati per il blitz
a Green Hill, tanto per fare un esempio, come e
perché, rischiando una quasi sicura
condanna, dovrebbero far parte degli esclusi a
vita?
|
- Partecipazione diretta a ogni
incontro pubblico da parte dei cittadini via
web, come già avviene per Camera e Senato
|
Sì
|
- Abolizione
delle Authority e contemporanea introduzione di
una vera class action |
L'introduzione di una vera class action non
è incompatibile con il mantenimento delle
Authority, tanto più utili se realmente
indipendenti.
|
- Referendum sia
abrogativi che propositivi senza quorum |
Con l'eliminazione di un valore percentuale
minimo di partecipazione per la
validità del risultato dei referendum,
in modo particolare se propositivi, è
forte il rischio che lo strumento referendario
possa essere facilmente utilizzato, a proprio
uso e consumo, da minoranze ben organizzate e
in possesso dei giusti mezzi comunicativi.
Riguardo a questi ultimi aspetti, basterebbe
ricordare le vicende legate agli ultimi due
referendum elettorali non ammessi dalla
Consulta.
Con il solo fine, inizialmente, di boicottare
la raccolta di firme promossa dal Comitato
Passigli contro il premio di maggioranza e le
liste bloccate, intorno ai quesiti
pro-mattarellum si è via via costituita
una macchina del consenso che è stata
in grado di raccogliere, in poco più di
un mese, oltre un milione di firme, a
sostegno, appunto, di due quesiti referendari
che avrebbe realizzato l'esatto contrario di
quanto invece veniva propagandato con messaggi
di facile presa.
Prima, quindi, di abbandonarsi in facili
slogan, " Chi
partecipa decide", andrebbero
migliorati e verificati, in primo luogo, gli
strumenti di diffusione e comprensione dei
contenuti referendari, perché l'assenza
del quorum, combinata con una buona
organizzazione e il controllo dei mezzi di
comunicazione, potrebbe aprire la strada a
pericolosi colpi di mano, in modo particolare
attraverso lo strumento del referendum
propositivo.
Non pensiamo sempre e soltanto a quello che
potremmo fare noi stessi, ma anche a
ciò che potrebbero fare gli altri
potendo disporre di alcuni strumenti ad altri
indisponibili.
Chi può essere in grado di mobilitare
con facilità il proprio bacino
elettorale di riferimento, ma per quale motivo
dovrebbe adempiere ai compiti di
approfondimento e diffusione dei quesiti,
quando per vincere è sufficiente che
vadano a votare solo i suoi?
Un esempio
concreto di ciò il referendum
costituzionale fantasma del 2001 ( http://www.riforme.net/ref7ottobre/index.htm).
Formalmente
su
opposte
barricate,
sia il centrodestra che il centrosinistra si
guardarono bene dal fare la campagna
elettorale, con la Commissione di Vigilanza
RAI che addirittura non assolse l'obbligo di
emanare il regolamento per lo svolgimento
delle tribune elettorali sul servizio
pubblico.
Siamo ancora, purtroppo, molto lontani
dall'aver realizzato le condizioni per
l'effettiva partecipazione di cui al secondo
comma dell'art. 3 della Costituzione, e non
è solo una questione di controllo dei
Media, ma anche di difficoltà
quotidiane che di fatto non consentono alla
stragrande maggioranza delle persone, i comuni
mortali, di trovare lo spazio e i mezzi per
poter allargare le proprie conoscenze.
Esaurita la questione quorum con l'esigenza di
cautela poc'anzi evidenziata, come accennato
nell'introduzione, di fronte alla richiesta di
introdurre il referendum propositivo ci si
sarebbe aspettati di conoscere - anche - fin
dove tale richiesta potrebbe spingersi e il
come realizzarla.
La questione non è per nulla
irrilevante, in quanto un conto è
prevedere che vi siano dei limiti per materie,
in modo particolare a tutela dei diritti delle
minoranze, un altro è non averne
affatto.
Altra questione di non poco conto,
l'attivazione o meno di un controllo
preventivo di costituzionalità su
richiesta motivata di un Tot di parlamentari o
di cittadini. Sarebbe peraltro auspicabile
poter avere un simile acceso anche per quanto
riguarda la legge di risulta dei referendum
abrogativi, visto che la Consulta ha
recentemente ribadito " che in sede di
controllo di ammissibilità dei
referendum possano venire in rilievo profili
di incostituzionalità sia della legge
oggetto di referendum sia della normativa di
risulta".
Dovrebbe
inoltre essere possibile votare una o
più proposte alternative. Questo per
evitare, come già avvenuto in passato,
che il forte desiderio di cambiamento possa
prevalere su ogni altro tipo di considerazione
sull'effettivo contenuto dei referendum
chiamati a votare. Nel '93, nel pieno di
tangentopoli, avrebbe vinto qualsiasi quesito
fosse stato presentato all'insegna della lotta
contro la partitocrazia.
Beffa delle beffe, fu però proprio
grazie a questo tipo di illusione, con il
referendum che aprì le porte al
maggioritario in Italia, che l'attuale sistema
partitocratico ha potuto invece prosperare e
rafforzarsi.
Da tenere
presente, infine, che con il nuovo Titolo V
del 2001 la Forma
dello Stato va riconsiderata alla
luce della nuova ripartizione della competenze
legislative tra Stato e Regioni,
l'introduzione della legislazione concorrente
e del cosiddetto federalismo fiscale.
In un tale incastro di diverse competenze ed
interessi, allo Stato spetta la "determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale", la
determinazione dei "Principi fondamentali"
nell'ambito della legislazione concorrente,
nonché "l'istituzione di un fondo
perequativo a favore delle regioni con
minore capacità fiscale per abitante".
È quindi evidente che un referendum che
intervenisse, in ipotesi, per ridurre le
tutele nell'ambito dei livelli essenziali da
dover garantire sull'intero territorio
nazionale, potrebbe fare gli interessi delle
sole Regioni più ricche:
- meno tutele da dover assolvere per obbligo
di legge statale;
- quindi meno necessità di aiuti da
parte dello Stato per le Regioni con meno
risorse;
- quindi meno necessità di reperire
quote regionali da destinare al fondo
perequativo.
Ora, se oltre ad essere più ricche,
queste Regioni fossero anche le più
abitate, potrebbero facilmente prevalere le
spinte di tipo egoistico, a danno dei
cittadini delle Regioni meno ricche e con meno
abitanti.
Da valutare, quindi, stante l'attuale Titolo
V, se non sia il caso di prevedere, come ad
esempio regolato in Svizzera per
l'approvazione dei referendum obbligatori e di
modifica costituzionale di iniziativa
popolare, la doppia maggioranza: maggioranza
dei voti e delle Regioni.
|
- Obbligatorietà della
discussione parlamentare e del voto nominale per
le leggi di iniziativa popolare |
Se sottoscritte da un numero molto più
rilevante di elettori e con controllo della
pregiudiziale di costituzionalità.
La democrazia
promossa dal basso è una bella cosa, ma
un Parlamento ingolfato renderebbe del tutto
inutile una simile previsione.
|
- Approvazione di ogni legge
subordinata alla effettiva copertura finanziaria |
Già lo impone l'art. 81 della
Costituzione.
Forse qui si fa riferimento, in maniera
indiretta, alla necessità di mantenere il
pareggio di bilancio e di non produrre debito.
Anche in questo caso, è già stato
tutto scritto con le modifiche costituzionali
all'art. 81 definitivamente approvate ad aprile
2012.
Riguardo a tale vincolo, esiste però una
larga scuola di pensiero, a cui questo sito
aderisce convintamente, che ne sostiene non solo
l'inutilità, ma l'indubbia dote di
aggravare ulteriormente i conti pubblici
italiani, in conseguenza delle politiche
recessive che sarà obbligatoriamente
necessario intraprendere.
|
- Leggi rese pubbliche on line almeno
tre mesi prima delle loro approvazione per
ricevere i commenti dei cittadini |
Prima dell'approvazione o dell'entrata in
vigore?
Se i commenti debbono avere un senso
propositivo, si presume durante l'iter di
approvazione.
Riguardo a questo, però, c'è da
dire che la discussione delle leggi è
già pubblica ed è già tutto
in rete, per cui, avendoli, già oggi
potrebbe essere possibile interloquire con i
propri eletti.
Ma il problema vero da risolvere è che le
persone normali questo tipo di attività
è di fatto preclusa.
Chi non partecipa, si dice, è colpa sua.
Ma chi dice queste cose, ha mai provato a
seguire l'iter di una legge, con centinaia o
migliaia di emendamenti da inseguire, dopo 8-10
ore fuori casa e un minimo di doveri familiari
da dover assolvere?
O ha mai provato a seguire un argomento senza
avere gli strumenti di base per poterlo capire
senza troppa fatica, a meno di non fidarsi
dell'interprete di turno?
Si ritorna nuovamente all'art. 3 della
Costituzione: la partecipazione deve essere
effettiva, e se le condizioni sono tali che
soltanto in pochi potranno effettivamente
partecipare, di quale partecipazione o
democrazia diretta si parla?
|
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