Riforme Istituzionali
 
 
  
Leggi del Diritto Pubblico e Costituzionale: Approfondimenti  
 
Norme per l'esercizio di voto dei cittadini italiani residenti all'estero Fondati motivi d'incostituzionalità
 
Con l'approvazione della legge ordinaria per l'esercizio di voto dei cittadini italiani residenti all'estero, a seguito delle modifiche costituzionali votate nella tredicesima legislatura, il Parlamento italiano pare sia riuscito nell'impossibile impresa di favorire oltremodo i nostri connazionali residenti all'estero.
Al di là delle più ovvie considerazioni riguardo all'inopportunità di conferire il diritto di voto a chi, poi, concretamente, non avrà modo di subire le conseguenze delle proprie scelte elettorali (la privatizzazione dei servizi pubblici, ad esempio, quale cambiamento di stile di vita potrebbe provocare ai nostri connazionali residenti all'estero? Con quale livello di responsabilità, quindi, i nostri connazionali all'estero potrebbero decidere di favorire questo o quel programma di Governo?), si pone ora un problema di discriminazione nei confronti degli elettori residenti in Italia, sia che si faccia riferimento all'elettorato attivo come a quello passivo.
 
Relativamente all'elettorato attivo, la legge ordinaria recentemente approvata prevede che ai residenti all'estero sia data la possibilità di decidere in quale circoscrizione votare: nella circoscrizione  Estero oppure nella circoscrizione del territorio nazionale relativa alla sezione elettorale in cui sono iscritti (comma 3, art. 1).
Per quanto riguarda, invece, l'elettorato passivo, mentre ai cittadini italiani residenti in Italia non è data la possibilità di candidarsi nelle ripartizioni della circoscrizione Estero (lettera b, art. 8), gl'italiani residenti all'estero possono tranquillamente candidarsi dove vogliono previa la scelta del luogo per l'esercizio di voto prevista dal comma 3 dell'art. 1 (comma 4, art. 8).

A prima vista, queste libertà di scelta per i cittadini residenti all'estero, e le corrispondenti restrizioni per i cittadini residenti in Italia, sembrerebbero non comportare particolari conseguenze. Tenendo però conto del sistema elettorale adottato, la questione appare ben più complessa.
Peculiarità del sistema elettorale maggioritario, infatti, è che mentre alcuni collegi vengono assegnati per minime differenze di voti, per altri collegi il risultato è già noto in partenza (i cosiddetti collegi sicuri). Al cittadino residente all'estero è data quindi la possibilità di scegliere dove far fruttare meglio il proprio voto. Si vota in Italia nel caso il proprio voto potrebbe risultare determinante; si sceglie la circoscrizione Estero in tutti quei casi nei quali il differenziale tra i candidati è così ampio che un voto in più o in meno non farebbe alcuna differenza.
Il tutto in contrasto con il secondo comma dell'art. 48 Cost.: "Il voto è personale ed eguale, libero e segreto."
E' sin troppo evidente, infatti, come la possibilità di scelta per l'esercizio del proprio voto, riservato ad una specifica e ben individuata porzione di elettorato, mini alla base il principio del voto eguale.
Ma oltre a questo tipo di rilievo, la libertà di scelta concessa ai soli residenti all'estero determina un ulteriore disparità di trattamento nei confronti degli elettori residenti in Italia.
Il numero dei seggi spettanti alla circoscrizione Estero è fissato dagli art. 56 e 57 della Costituzione: un vero e proprio "numero protetto" con lo scopo di assegnare una consistente rappresentanza parlamentare legata agl'interessi dei cittadini residenti all'estero, pochi o tanti che siano o che saranno. Ma mentre, appunto,  agli elettori residenti in Italia non è dato modo d'interferire sulle vicende elettorali della circoscrizione Estero, gli elettori residenti all'estero possono ben decidere di esprimere il proprio voto sui candidati presenti sul territorio nazionale, mantenendo in ogni caso inalterato il diritto alla medesima quota di rappresentanza protetta anche se, per assurdo, tutti i residenti all'estero dovessero decidere di votare (d'interferire) in Italia.

L'altra libertà di scelta riservata ai cittadini italiani residenti all'estero riguarda la possibilità di presentare candidature nella ripartizione di residenza  (la circoscrizione Estero è divisa in 4 ripartizioni - comma 1, art. 6) o nelle circoscrizioni del territorio nazionale. Possibilità che non hanno i cittadini residenti in Italia, per i quali la circoscrizione Estero è preclusa, essendo riservata ai soli cittadini elettori e residenti nella relative ripartizioni.
Anche in questo caso, un evidente discriminazione che non trova alcun fondamento nel dettato costituzionale. L'elettorato passivo coincide con l'elettorato attivo con il solo limite dell'età (25 anni per l'elezione a deputato e 40 anni per l'elezione a senatore), fissato dagli art. 56 e 58 della Costituzione. E ne ha senso giustificare tale scelta con il bisogno di tutelare una rappresentanza esclusivamente "estera", visto da un lato il non impedimento a votare ed essere eletti nelle circoscrizioni del territorio nazionale e tenendo altresì conto che non ci troviamo di fronte ad una "minoranza" che necessiti di particolare tutela. Si tratta di italiani che, essendo residenti all'estero, neanche si accorgeranno dei cambiamenti conseguenti a questo o quel risultato elettorale.

Infine, la legge contiene un incredibile pasticcio in relazione alla suddivisione dei seggi tra le ripartizioni della circoscrizione Estero.
Ad ognuna delle quattro ripartizioni sono assegnati di diritto un deputato ed un senatore. I deputati ed i senatori restanti sono assegnati alle ripartizioni in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono.
Cosa succede nel caso tutti i cittadini di una ripartizione dovessero decidere di votare in Italia?
Certo, si tratta di un caso estremo, certamente non verificabile, ma che però apre una questione reale, concreta: se ai residenti all'estero è data la possibilità di scegliere il luogo dove votare, automaticamente si pone un problema di suddivisione dei seggi tra le ripartizioni che non può essere astrattamente legato al numero dei residenti nelle singole ripartizioni.
Ma per l'appunto, oltre a non essere previsto il caso estremo di una ripartizione senza elettori (vedi i parlamentari in ogni caso spettanti di diritto), la legge non prevede neanche il "caso possibile" di una ripartizione nella quale il numero dei cittadini residenti potrebbe non coincidere, in misura sensibile, con il numero dei cittadini con diritto di voto. Potrebbe infatti darsi il caso che molti cittadini residenti in una ripartizione decidano di votare in Italia, per cui una ripartizione con meno residenti potrebbe avere, in ipotesi, più elettori di una ripartizione con più residenti.
Ma la legge, per l'appunto, non tiene conto di questa possibilità, per cui a tot cittadini residenti in una ripartizione spettano tot parlamentari. Il tutto, sempre, in nome del principio del voto eguale.
 
Roma, 6 gennaio 2002
 



 
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