Leggi del Diritto Pubblico e Costituzionale: Approfondimenti |
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Norme per l'esercizio di voto dei cittadini italiani residenti all'estero | Fondati motivi d'incostituzionalità |
A prima vista, queste libertà di scelta per i cittadini residenti
all'estero, e le corrispondenti restrizioni per i cittadini residenti in
Italia, sembrerebbero non comportare particolari conseguenze. Tenendo però
conto del sistema elettorale adottato, la questione appare ben più
complessa.
Peculiarità del sistema elettorale maggioritario, infatti, è
che mentre alcuni collegi vengono assegnati per minime differenze di voti,
per altri collegi il risultato è già noto in partenza (i
cosiddetti collegi sicuri). Al cittadino residente all'estero è
data quindi la possibilità di scegliere dove far fruttare meglio
il proprio voto. Si vota in Italia nel caso il proprio voto potrebbe risultare
determinante; si sceglie la circoscrizione Estero in tutti quei casi nei
quali il differenziale tra i candidati è così ampio che un
voto in più o in meno non farebbe alcuna differenza.
Il tutto in contrasto con il secondo comma dell'art. 48 Cost.: "Il
voto è personale ed eguale, libero e segreto."
E' sin troppo evidente, infatti, come la possibilità di scelta
per l'esercizio del proprio voto, riservato ad una specifica e ben individuata
porzione di elettorato, mini alla base il principio del voto eguale.
Ma oltre a questo tipo di rilievo, la libertà di scelta concessa
ai soli residenti all'estero determina un ulteriore disparità di
trattamento nei confronti degli elettori residenti in Italia.
Il numero dei seggi spettanti alla circoscrizione Estero è fissato
dagli art. 56 e 57 della Costituzione: un vero e proprio "numero protetto"
con lo scopo di assegnare una consistente rappresentanza parlamentare legata
agl'interessi dei cittadini residenti all'estero, pochi o tanti che siano
o che saranno. Ma mentre, appunto, agli elettori residenti in Italia
non è dato modo d'interferire sulle vicende elettorali della circoscrizione
Estero, gli elettori residenti all'estero possono ben decidere di esprimere
il proprio voto sui candidati presenti sul territorio nazionale, mantenendo
in ogni caso inalterato il diritto alla medesima quota di rappresentanza
protetta anche se, per assurdo, tutti i residenti all'estero dovessero
decidere di votare (d'interferire) in Italia.
L'altra libertà di scelta riservata ai cittadini italiani residenti
all'estero riguarda la possibilità di presentare candidature nella
ripartizione di residenza (la circoscrizione Estero è divisa
in 4 ripartizioni - comma 1, art. 6) o nelle circoscrizioni del territorio
nazionale. Possibilità che non hanno i cittadini residenti in Italia,
per i quali la circoscrizione Estero è preclusa, essendo riservata
ai soli cittadini elettori e residenti nella relative ripartizioni.
Anche in questo caso, un evidente discriminazione che non trova alcun
fondamento nel dettato costituzionale. L'elettorato passivo coincide con
l'elettorato attivo con il solo limite dell'età (25 anni per l'elezione
a deputato e 40 anni per l'elezione a senatore), fissato dagli art. 56
e 58 della Costituzione. E ne ha senso giustificare tale scelta con il
bisogno di tutelare una rappresentanza esclusivamente "estera", visto da
un lato il non impedimento a votare ed essere eletti nelle circoscrizioni
del territorio nazionale e tenendo altresì conto che non ci troviamo
di fronte ad una "minoranza" che necessiti di particolare tutela. Si tratta
di italiani che, essendo residenti all'estero, neanche si accorgeranno
dei cambiamenti conseguenti a questo o quel risultato elettorale.
Infine, la legge contiene un incredibile pasticcio in relazione alla
suddivisione dei seggi tra le ripartizioni della circoscrizione Estero.
Ad ognuna delle quattro ripartizioni sono assegnati di diritto un deputato
ed un senatore. I deputati ed i senatori restanti sono assegnati alle ripartizioni
in proporzione al numero dei cittadini italiani che vi risiedono.
Cosa succede nel caso tutti i cittadini di una ripartizione dovessero
decidere di votare in Italia?
Certo, si tratta di un caso estremo, certamente non verificabile, ma
che però apre una questione reale, concreta: se ai residenti all'estero
è data la possibilità di scegliere il luogo dove votare,
automaticamente si pone un problema di suddivisione dei seggi tra le ripartizioni
che non può essere astrattamente legato al numero dei residenti
nelle singole ripartizioni.
Ma per l'appunto, oltre a non essere previsto il caso estremo di una
ripartizione senza elettori (vedi i parlamentari in ogni caso spettanti
di diritto), la legge non prevede neanche il "caso possibile" di una ripartizione
nella quale il numero dei cittadini residenti potrebbe non coincidere,
in misura sensibile, con il numero dei cittadini con diritto di voto. Potrebbe
infatti darsi il caso che molti cittadini residenti in una ripartizione
decidano di votare in Italia, per cui una ripartizione con meno residenti
potrebbe avere, in ipotesi, più elettori di una ripartizione con
più residenti.
Ma la legge, per l'appunto, non tiene conto di questa possibilità,
per cui a tot cittadini residenti in una ripartizione spettano tot parlamentari.
Il tutto, sempre, in nome del principio del voto eguale.
Roma, 6 gennaio 2002