Riforme istituzionali: 
Schede informative sui referendum
 
 Referendum sulla giustizia


Al fine di approfondire le questioni sui referendum sulla giustizia, segnaliamo questo intervento di Domenico Gallo.
 
Magistratura: tre quesiti per un giudice miserabile
di
 Domenico Gallo

Dei sei quesiti referendari proposti dai Radicali per realizzare una “giustizia giusta”, la Corte Costituzionale ne ha dichiarati ammissibili soltanto tre: il primo relativo alle modalità di elezione dei componenti togati del CSM, il secondo relativo alla separazione delle carriere ed il terzo relativo agli incarichi extragiudiziali. I radicali non sono riusciti a conseguire l’obiettivo massimo di demolire la giurisdizione, però si sono assicurati l’obiettivo minimo (se i referendum saranno approvati) di indebolire, burocratizzare e immiserire il corpo dei magistrati.
Per quanto riguarda il Consiglio superiore della magistratura, questo attualmente viene eletto con un sistema proporzionale a liste concorrenti, in cinque collegi territoriali, più un collegio nazionale per l'elezione dei rappresentanti della Corte di Cassazione. La proposta abrogatrice  mira ad eliminare la competizione per le liste contrapposte, con la conseguenza che all'interno di ogni collegio esisterebbero solo candidati singoli e verrebbero eletti coloro che riportano più voti. Lo scopo di questo referendum è quello di colpire l’associazionismo giudiziario e la sua articolazione in gruppi culturalmente differenziati (le correnti). I proponenti rimpiangono il vecchio sistema elettorale maggioritario quando nel Consiglio entravano soltanto magistrati che condividevano lo stesso indirizzo politico-culturale, omogeneo a quello delle forze politiche di governo, di modo che non si verificavano frizioni fra politica e magistratura. Il fatto che, col passare del tempo, il Consiglio Superiore della Magistratura sia diventato un organo più forte nel tutelare l’esercizio indipendente della funzione giudiziaria, in conformità con la sua funzione costituzionale, è stato – giustamente – imputato al ruolo delle correnti, cioè alla crescita culturale della magistratura nel suo complesso determinata dalla dialettica politico-culturale (e quindi non meramente corporativa)  sviluppatasi in senso all’Associazione Nazionale dei Magistrati. Colpire l’associazionismo è conseguentemente un passaggio obbligato per ridimensionare il ruolo politico di garanzia dell’indipendenza che la Costituzione ha affidato al Consiglio Superiore della Magistratura.
In tema di separazione delle carriere, il quesito referendario si propone l'abrogazione delle norme dell'ordinamento giudiziario che consentono ai magistrati di passare dalla funzione requirente a quella giudicante e viceversa. In linea di principio non vi sono argomenti da cui si possa desumere che il sistema della carriera unica sia preferibile a quello della separazione delle carriere o viceversa. Di fatto ciò dipende dall’esperienza storica concreta. Nel sistema giudiziario italiano, specialmente dopo l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, che ha notevolmente rafforzato il ruolo del Pubblico Ministero nel processo penale, la separazione delle carriere avrebbe proprio l’effetto opposto a quello invocato dai proponenti: renderebbe il Pubblico Ministero più corporativo e lo allontanerebbe dalla cultura della giurisdizione. Ciò renderebbe più scadente la funzione giurisdizionale nel suo complesso. In questo modo coloro che invocano più garanzie si darebbero la zappa sui piedi. In realtà l’unico motivo – rigorosamente taciuto – che giustifica questo referendum è che la separazione delle carriere è lo snodo tecnico indispensabile  per separare le sorti del Pubblico Ministero da quelle del giudice e consentire quel controllo politico del Pubblico Ministero a cui aspirano molte più forze politiche di quante lo dichiarino.
Il terzo referendum si propone, di abolire le norme che consentono ai magistrati, previa autorizzazione del Csm, di assumere incarichi che comportano lo svolgimento di attività diverse da questa giudiziaria. In realtà la polemica contro gli incarichi extragiudiziari, specialmente sotto il profilo degli arbitrati, è stata da sempre uno dei cavalli di battaglia di Magistratura democratica che ne ha denunziato il pericolo di condizionamento dell’indipendente esercizio della funzione giurisdizionale. Questa battaglia ha fatto breccia in un CSM “politicizzato” per la presenza delle correnti, con la conseguenza che, per effetto di atti di normazione interna (le famose circolari del CSM), attualmente, salvo gli arbitrati obbligatori previsti dalla legge, tutti gli incarichi lucrosi (ma non solo quelli) sono vietati ai magistrati. Il problema pertanto non esiste più. La pretesa di vietare per legge, attraverso il referendum, la possibilità per i magistrati di assumere  incarichi extragiudiziari non è un atto che va nella direzione di assicurare una maggiore indipendenza reale dei magistrati, al contrario, essa non può avere alcun altro scopo e nessun altro effetto che non sia quello di concorrere all’impoverimento culturale del corpo dei magistrati nel suo complesso. A questo corpo di funzionari pubblici verrebbero vietate anche attività che hanno una forte ricaduta in termini di formazione culturale e professionale come l’insegnamento, l’assistenza ai Giudici presso la Corte costituzionale, gli incarichi presso il Ministero della Giustizia e presso gli organi di  Giurisdizione internazionale.
I referendum sulla “giustizia giusta” in realtà cavalcano il diffuso malumore popolare per il malfunzionamento della giustizia  e si propongono di indirizzarlo verso un obiettivo politico che nulla a che vedere con il miglioramento del servizio giustizia. Si propongono di colpire i magistrati ed il loro organo di autogoverno non per spirito punitivo contro i giudici, ma per ridimensionare la giurisdizione nel suo complesso, riducendo la giurisprudenza ad una meccanica esercitazione di codice da parte di un corpo di ragionieri delle leggi, isolati dalle dinamiche politico-culturali della società in cui vivono e indifferenti ai valori della giurisdizione.  Tre quesiti, ma un unico scopo: costruire un giudice miserabile.
 



 
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