Riforme istituzionali:
Schede informative sui referendum |
Gli effetti di questo referendum sono quelli di ottenere un sistema
elettorale, di tipo maggioritario che praticamente ripropone il meccanismo
che è stato in vigore sino al 1975.
Chi ha buona memoria sa che le correnti tra i magistrati esistevano
già allora; ma si può dire di più: le correnti sono
nate e si sono sviluppate proprio per l’esigenza di organizzare la concentrazione
di voti necessaria per far eleggere i propri candidati.
Né più e né meno di quanto avviene per le elezioni
politiche di tipo maggioritario che gli elettori ben conoscono.
Ormai anche i sassi hanno capito che nei sistemi elettorali di tipo
maggioritario si deve esprimere il cosiddetto VOTO UTILE. Votare, infatti,
per candidati che non competono per la vittoria finale non serve: è
come prendere il proprio voto e gettarlo nell’immondizia.
Tutto questo per dire che l’attuale divisione in correnti all’interno
della magistratura è l’eredità lasciataci dal sistema elettorale
che si vorrebbe ora reintrodurre.
Ritornare a quel sistema elettorale spingerebbe all’ulteriore rafforzamento
della logica delle correnti, con in più il difetto che, come è
appunto già successo prima del 1975, sarà possibile, per
alcune correnti, riuscire di conquistare l’elezione anche del 100% dei
membri togati.
E pensare di poter lasciare un Organo di Garanzia e Controllo nelle
mani di una sola posizione… diciamolo, politica!, non ci sembra una grande
soluzione.
Una non soluzione che ripropone quanto di peggio già abbiamo avuto in passato con il solo scopo, evidentemente, di catturare l’insoddisfazione della società su di un falso problema. Un richiesta di voto contro qualcuno con il chiaro obiettivo di procurarsi il consenso necessario, intorno all’intera iniziativa referendaria, per tirare la volata all’approvazione dei referendum con i quali si chiede di sopprimere diritti fondamentali dei cittadini: referendum elettorale e referendum sui licenziamenti.
L’esame sui singoli temi non può prescindere da un giudizio complessivo,
negativo, da dare a tutta l’iniziativa referendaria. Un’iniziativa tesa
ad introdurre trasformazioni nel nostro paese che non vanno, però,
nel senso di risolvere i problemi.
L’obiettivo di questi referendum è un altro: ripristinare condizioni
di controllo dell’intera società a tutto vantaggio di alcuni poteri.
Il referendum con il quale si propone d’introdurre la separazione delle
carriere dei magistrati va chiaramente in questa direzione.
Non è infatti appiattendo la figura del Pubblico Ministero a
ruolo di notaio degli atti della polizia giudiziaria, a SUPER ACCUSA, che
si eviteranno ai cittadini gli inutili e onerosi iter giudiziari che vengono
attivati con troppa facilità.
L’interesse dei cittadini è esattamente il contrario: è
bene che anche nella prima fase dell’accertamento delle responsabilità
vi sia una cultura giuridica e gli strumenti necessari in grado di garantire,
prima ancora che i diritti dell’accusa, i diritti degli imputati.
Molti, troppi procedimenti nascono e proseguono a causa delle scarse
possibilità, per i Pubblici Ministeri, di avere il tempo e gli strumenti
per approfondire gli atti; o, peggio ancora, molti di questi procedimenti
prendono l’avvio a causa dell’appiattimento culturale dei Pubblici Ministeri
sulle ragioni di chi produce atti per l’accusa.
E’ bene fare un passo indietro. Chi oggi vuole la separazione delle
carriere per porre in condizioni di parità l’accusa e la difesa,
dice una cosa senza senso.
I cittadini non possono sperare di poter produrre elementi di difesa
in condizioni di parità laddove si dovessero trovare di fronte un
Pubblico Ministero divenuto SUPER ACCUSA. Con quali mezzi il cittadino
comune potrebbe contrastare l’attività investigativa di questi super
poliziotti?
Si torni alla Costituzione, piuttosto, con la figura del Pubblico Ministero
in grado di utilizzare gli strumenti investigativi di cui dovrebbe disporre
anche e soprattutto per tutelare i diritti dell’imputato.
Infine una domanda: a chi sarà affidato il controllo di questi
pubblici ministeri una volta fuori dalla magistratura?
Con quali certezze d’indipendenza dalla politica è oggi possibile,
attraverso questo referendum, decidere di separare le carriere?
Il quesito sugli incarichi extragiudiziari mostra chiaramente che l’obiettivo
non è quello d’intervenire per migliorare qualcosa, per il semplice
motivo che gl’incarichi di arbitrato che con molta enfasi vengono denunciati
dai promotori non vengono più svolti dai magistrati perché
vietati dal CSM già da alcuni anni.
Gli unici incarichi che il CSM autorizza riguardano soltanto impegni
di tipo istituzionale o, ad esempio, relativi a corsi di formazione di
studio.
Tra l’altro in numero esiguo: attualmente poco più di 300 incarichi
autorizzati dal CSM.
In altre parole, un quesito inutile ai fini denunciati dai promotori.
I promotori si difendono dicendo che un magistrato potrebbe fare ricorso
al TAR per utilizzare la legge che si chiede di abrogare.
Ma che senso ha proporre un referendum se non vi è una concreta
esigenza e urgenza nei confronti del problema posto?
Anche per questo quesito è evidente la strumentalità della proposta, non finalizzata a risolvere problemi concreti, quanto, piuttosto, a raccogliere l’insoddisfazione della società su di un falso problema. Un richiesta di voto contro qualcuno con il chiaro scopo di procurarsi il consenso necessario, intorno all’intera iniziativa referendaria, per tirare la volata all’approvazione dei referendum con i quali si chiede di sopprimere diritti fondamentali dei cittadini: referendum elettorale e referendum sui licenziamenti.
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