Riforme istituzionali: 
Schede informative sui referendum
 
Pensioni di anzianità
 
Dal sito dei radicali:
Per abolire da subito le pensioni di anzianità, elevando a 57 anni di età o 40 anni di contributi i requisiti minimi per la pensione, avvicinando l'Italia agli altri paesi europei.  
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Oggi, infatti, si può andare in pensione avendo 53 anni ed almeno 35 anni di contributi versati, ovvero con  37 anni di contributi indipendentemente dall'età: un "lusso" che solo gli italiani si concedono. Questi limiti  tendono ad aumentare fino all'anno 2008, quando sarà possibile andare in pensione a 57 anni e 35 di  contributi, ovvero con 40 anni di contributi: una riforma troppo lenta che, così com'è, non servirà a nulla. 
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Col referendum, quindi, fin da subito occorreranno 57 anni ed almeno 35 anni di contributi, ovvero almeno  40 anni di contributi indipendentemente dall'età: la corsa al pensionamento anticipato sarà frenata,  miglioreranno i conti dello Stato, potranno diminuire i contributi e quindi il costo del lavoro, in modo da  creare nuova occupazione e quindi nuovi potenziali contribuenti che renderanno meno improbabile il  pagamento delle pensioni ai giovani lavoratori attuali e ai loro figli.
 
 

A differenza che per altri quesiti, il referendum sulle pensioni non ha suscitato particolari reazioni. Probabilmente ciò è dovuto al fatto che non si chiede di abrogare la legge che va sotto il nome di Riforma Dini, ma le disposizioni che ne determinano l'entrata a regime nel 2008, anticipando così gli effetti della riforma già da quest'anno.
All'apparenza, nulla di particolarmente grave.
O meglio, nulla di particolarmente grave per la stragrande maggioranza degli italiani che non andrà in pensione in questo intervallo di tempo: o perché già in pensione, o perché non potrebbe comunque andarci per mancanza di requisiti.
Molto grave, invece, per quella piccolissima minoranza di italiani che prima che la Riforma Dini entri a regime potrebbe invece andare in pensione.
Questa differenza di "posizioni" tra chi dovrà decidere, che da sola costituisce la premessa del risultato della consultazione, dà la misura di quanto sia intollerabile il metodo utilizzato per regolare la questione.
Alla maggioranza dei cittadini, infatti, che in ogni caso non riceverà alcun beneficio dall'attuale regime in via di estinzione, si chiederà se questi benefici, conseguenza di un trattamento in via di mutazione e provvisorio, potranno essere tolti anche a quei pochi cittadini che da qui a qualche anno potrebbero invece beneficiarne.
Più o meno come chiedere alla maggioranza dei cittadini se sono d'accordo nell'espropriare soltanto i beni di Tizio o di Caio.
La logica che sottintende il referendum in questione, infatti, non è quella d'intervenire su di una legge che in futuro potrebbe produrre effetti sulla vita di ogni cittadino; non si chiede, cioè, siete contrari o no all'esistenza delle pensioni di anzianità delle quali potreste beneficiare anche voi?
No, qui si chiede di abrogare uno specifico trattamento provvisorio che non è un privilegio e che ha la sua ragione di esistere in quanto vi è già stata, in precedenza, una riforma che ha di fatto mutato l'essenza di un diritto, in buona parte già acquisito negli anni, in uno meno vantaggioso.
E la "maggioranza" chiamata ad esprimersi non sarà in ogni caso investita dalle eventuali conseguenze negative della decisione che verrà assunta, in quanto non gli si chiede di decidere sulla soppressione di un diritto generale, ma soltanto della soppressione di un diritto specificatamente concepito e attribuito ad una determinata categoria di cittadini per rispondere a particolari esigenze.

Ma impedire tra qualche mese ad un lavoratore di andare in pensione, avendo i requisiti previsti dalla normativa attualmente vigente, senza alcuna forma di trattamento provvisorio, a seguito del risultato referendario, significherebbe soltanto averlo privato di un diritto acquisito a tutti gli effetti.
Un tipico atto totalitario, anche se maturato attraverso il consenso della maggioranza.
Un meccanismo di risoluzione delle questioni per nulla democratico e in grado di sopprimere i diritti di ognuno. Una truffa nel metodo in grado di assemblare maggioranze diverse per ogni questione, che oggi fa decidere sui diritti acquisiti di Tizio, domani di Caio, sempre secondo un principio di totalitarismo della maggioranza che non risponde delle conseguenze negative in ordine ai diritti soppressi.
Un referendum soltanto all'apparenza "innocuo" nei contenuti e particolarmente rappresentativo di quella che può ben essere definita una concezione della regolazione dei conflitti fortemente antidemocratica.
Una consultazione referendaria truccata in origine che ben spiega i motivi dell'astensione.



 
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