Speciale Referendum elettorale
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26/01/99
Rassegna stampa - Comitati per il no


il manifesto - 26/01/99

... è sempre dall'interno della maggioranza che prendono il via, intanto, i comitati per il no al referendum. Li presentano in mattinata, dietro lo stesso tavolo, Marco Rizzo per i comunisti italiani, Giorgio Mele per la sinistra Ds, Severino Lavagnini per il Ppi, Giuseppe Fronzuti per l'Udr (ma l'Udr annuncerà più tardi libertà di voto per i suoi), Giovanni Crema per i socialisti, Diego Novelli come deputato indipendente della sinistra democratica. In comune hanno il giudizio drasticamente negativo sul quesito referendario e sulla legge elettorale che ne risulta, la convinzione che spetta al parlamento legiferare in materia elettorale, una buona disposizione verso la proposta Amato e una improvvisa disponibilità verso le aperture alla riforma elettorale manifestate domenica da Berlusconi. Né la comunanza, per quanto parziale, di obiettivi si ferma lì: anche Rifondazione parteciperà ai comitati per il no e così pure farà la Lega.

 Più complesso, e più convincente, il piano del discorso che nel pomeriggio, in una sala della Camera, contro il referendum propone l'associazione per il rinnovamento della sinistra presieduta da Aldo Tortorella. La ripetizione, oggi, degli argomenti referendari del '93 non può non indurre infatti a qualche considerazione in più sull'andamento della transizione. Oggi come allora, sull'abolizione della proporzionale gravano equazioni sbagliate (proporzionale uguale corruzione, partitocrazia, instabilità, frammentazione) e aspettative indebite (riforma della politica, bipolarizzazione, governabilità), peraltro già tradite, sottolinea Tortorella, dagli "effetti perversi del '93 che la tesi referendaria di oggi ignora". Da allora a oggi, notoriamente, frammentazione, potere delle segreterie dei partiti, trasformismi, instabilità sono tutt'altro che diminuiti. Ma tant'è: "l'equivoco che fece da sfondo all'alba della 'seconda repubblica' permane", con in più l'aggravante, sottolinea Piero Di Siena, che oggi la retorica antipartito serve come base di propaganda e consolidamento dei "nuovi" partiti nati nel frattempo su base personalistica (lista Prodi-Di Pietro-sindaci docet). Il no dunque non è solo al quesito referendario e alle sue mostruose ricadute tecniche, ma anche e in primo luogo all'uso dello strumento referendario invalso in questi anni e alla retorica nuovista, ormai ampiamente smentita dai fatti, che l'ha accompagnato. Quanto alle soluzioni da proporre, più che per la proposta Amato nell'associazione c'è propensione per il modello tedesco (proporzionale sbarrata e sfiducia costruttiva), sostenuto con convinzione, non da oggi, da Giuseppe Chiarante. E più in generale, si discute (Ugo Spagnoli) della opportunità di avviare una "campagna per la riabilitazione del proporzionale".

 Senonché, se e proprio in quanto tutti questi argomenti sono veri, non è detto che l'unica posizione coerente sia quella di schierarsi compattamente per il no: premono le ragioni, altrettanto forti e più radicali (le portano fra gli altri Antonio Cantaro, presidente del Crs, Massimo Ilardi, Valentino Parlato, e le raccolgono Giorgio Mele, Piero Di Siena, Sandro Morelli della Cgil e lo stesso Tortorella) di quanti e quante vedono nel non-voto, in una astensione dichiarata, consapevole e attiva, lo strumento più adeguato per esprimere un rifiuto netto non solo al quesito ma all'ordine del discorso referendario, alla sua retorica e ai suoi inganni. Anche questa fu questione che si pose già nel '93, soprattutto da parte di alcuni settori della politica della donne. Oggi come allora, si tratta di costruire, fra il no al merito e il rifiuto del metodo del referendum, un ponte capace di fare breccia in una opinione pubblica bombardata da finte verità.

Ida Dominijanni

 

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