Speciale Referendum elettorale
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20/02/99

Rassegna stampa - Da un maggioritario all'altro: leggi elettorali a confronto


Il manifesto - 20/02/99

Leggi elettororali a confronto: Mattarellum, Amatum o Referendum?

IL MATTARELLUM L'attuale legge elettorale (redatta dal popolare Sergio Mattarella dopo il referendum del '93 e inaugurata nel '94) prevede che il 75 per cento dei 630 deputati venga eletto in 475 collegi uninominali, dove passa chi ottiene il maggior numero di voti. Il restante 25 per cento dei seggi (155) viene attribuito su base proporzionale con il voto sulla seconda scheda, dove ciascun partito presenta liste bloccate per i collegi regionali. In questo calcolo, il cosiddetto "scorporo" sottrae proporzionalmente ai partiti i voti ottenuti nei collegi dove il candidato al quale erano apparentati è uscito vincitore. Questo per non accentuare il carattere maggioritario, riequilibrando la rappresentanza per chi ha ottenuto consensi nei collegi uninominali pur non ottenendo il seggio. Accedono alla ripartizione del proporizionale solo i partiti che superano il 4 per cento dei voti.

 IL REFERENDUM Con le 117 certosine cancellature alla legge elettorale, il quesito referendario si propone come autoapplicativo: genera cioè un sistema immediatamente utilizzabile, anche se il parlamento non dovesse legiferare (come invece ha fatto nel '93). Per i 475 collegi uninominali tutto rimane inalterato. Attraverso le abrogazioni, invece, il referendum elimina il secondo voto sulla scheda proporizionale e, ovviamente, lo scorporo. In questo modo, invece che con il recupero proporzionale i 155 deputati restanti varranno eletti tra i migliori secondi nei collegi uninominali; il calcolo avviene sulla base delle stesse circoscrizioni regionali che nella legge attuale vengono utlizzate per il recupero proporzionale.

 L'AMATUM Dal Giuliano Amato ministro per le riforme istituzionali prende il nome la proposta di "doppio turno eventuale" sulla quale la maggioranza è convenuta per arginare la marea referendaria. Cercando di accogliere tutte le istanze del quesito referendario, l'Amatum elimina la doppia scheda e il doppio voto. Ne risulta un sistema in cui il 90 per cento dei seggi sono attribuiti col metodo dei collegi uninominali. Nella stessa scheda si può votare o per l'uninominale o per i partiti che non corrono nei collegi e si presentano per la quota proporizionale del cosiddetto "diritto di tribuna". In nome della bipolarizzazione, per favorire cioè le aggregazioni, il secondo turno scatta nel caso che nessun candidato raggiunga il 50 per cento. Il restante 10 per cento dei seggi viene invece ripartito tra il "diritto di tribuna" (23 seggi), un equivalente premio di maggioranza (in quanto si suppone che chi corre per il diritto di tribuna non appoggi la maggioranza), l'eventuale recupero di migliori non eletti. Al fine di non ridisegnare i collegi il governo ha anche presentato un disegno di legge per ridurre i deputati a 520. Per il senato l'Amatum si limita ad introdurre il doppio turno sul sistema attuale, eliminando lo scorporo per il recuepero dei secondi.
 


Corriere della Sera - 14/02/99

QUELL'AMATUM E' UN IMBROGLIO

Ricordate la cosiddetta «legge truffa» del 1953? Fu sconfitta dopo una campagna elettorale furibonda. E tutto il furore fu per un premio di maggioranza da attribuire alla coalizione vincente. Allora il Paese si incendiò; e il bello è che in quella cosiddetta legge truffa non c'era nessuna truffa. Allora il sistema elettorale era un sistema proporzionale; e la proposta di allora era, molto modestamente, di rinforzare con un premio una maggioranza che era tale, e cioè che avesse conseguito il 50 per cento dei voti. Dov'era la truffa? Ripeto: non c'era. Passano quarant'anni e passa, ed ecco che d'un tratto i nostri politici si innamorano dei premi di maggioranza. Non erano truffaldini? No, a quanto pare non lo sono più. E invece è proprio oggi che lo sono. Perché i nostri premi di maggioranza si innestano su un sistema elettorale maggioritario nel quale chi «piglia tutto» (il vincitore di ogni collegio uninominale) fruisce di fatto di un lautissimo premio di maggioranza. Per esempio, chi vince con il 40 per cento dei voti incamera - rispetto ad una distribuzione proporzionale - un premio di maggioranza del 60 per cento. Come si fa, allora, ad aggiungere un premio di maggioranza a un sistema elettorale che già lo contiene? Si fa male. Ma questa è soltanto una «truffettina».

La truffa in grande, la maxi-truffa, è quella che ci è stata regalata ier l'altro. Circa un mese e mezzo fa scrivevo su queste colonne che il ministro Amato aveva accettato una «missione impossibile». Impossibile nel senso che mi sembrava difficile, difficilissimo, far coincidere il bene del Paese (una buona legge elettorale) con il bene (il successo) di Amato. Difatti la quadratura del cerchio non è avvenuta. Amato ha vinto per sé, e il Paese resta con le pive nel sacco.

La filosofia di Amato, nel tessere la tela che è stato bravissimo a tessere, è stata di comporre un mosaico atto a contentare tutti. Detto più crudamente, Amato si è impegnato nel costruire un mosaico del quale avrebbe venduto i tasselli in cambio di voti. Questi tasselli Amato li ha venduti tanto bene da conseguire persino l'appoggio di Cossutta e dei Verdi. Ma il guaio è che un sistema elettorale non viene fuori da tasselli messi all'asta.

L'immagine che si applica a un sistema elettorale non è quella del mosaico, ma semmai quella dell'orologio. Un sistema elettorale è costruito da rotelle che devono «fare sistema», e cioè che si ingranano l'una nell'altra girando assieme nel produrre qualcosa. Nel caso dell'orologio il prodotto è di farci sapere che ora è. Nel caso del mosaico amatesco il prodotto è soltanto la maggior gloria di Amato.

Amato è sbottato all'inizio del mese contro la immoralità dei particolarismi e la proliferazione delle liste Centocittà e Centopadelle. Applaudo. Peccato, però, che in quella occasione non si sia guardato allo specchio. Perché avrebbe visto un signore che predica bene mentre razzola male. Qual è la differenza fra le Centopadelle promossa da altri, e la Centopadelle da lui difesa e consolidata? Si direbbe che per Amato è immorale la proliferazione che lui non controlla, ma non quella che c'è e che lui tutela.

Il problema di fondo era di mettere d'accordo - nell'ambito di un sistema maggioritario - monoturnisti e doppioturnisti. Prova e riprova, alla fine Amato lo ha risolto con un doppio turno chiuso (e cioè aperto soltanto a un ballottaggio tra i due vincenti del primo turno) che è l'esatto equivalente, nel contesto italiano, di un monoturno. Perché se al secondo turno passano soltanto i primi due, è ovvio che i partiti-partitini dei due schieramenti si debbono ammucchiare (in carrozzoni o cordate) sin dal primo turno. Così il secondo turno diventa superfluo. Ma a questo modo i doppioturnisti vengono imbrogliati.

E davvero stupisce che Veltroni avalli l'imbroglio chiamandolo un doppio turno alla francese. No, onorevole Veltroni: il suo plauso avalla un doppio turno snaturato che getta polvere negli occhi.

In tutta questa straordinaria vicenda il punto che più indigna è che nessuno - nemmeno Amato - si sia mai degnato di spiegare agli italiani quali sarebbero, per loro, i benefici del nuovo sistema elettorale. Tutti dichiarano di volere un vero bipolarismo, meno partiti, e governi stabili in grado di governare. Senonché tutte queste sono false promesse (in buona o cattiva fede che siano) puntualmente contraddette dai comportamenti. Ma se questo è stato sinora l'andazzo, dal «dottor Sottile» mi aspetto meglio. Almeno da lui una spiegazione è dovuta. Mentre finora Amato ha fatto come tutti gli altri: ha soltanto mercanteggiato nel chiuso del Palazzo.

Nell'intervista al Corriere del 23 dicembre Amato dichiarava che il suo obiettivo era «una riforma che garantisca la formazione di una maggioranza e la sua tenuta, mentre rispetto all'obiettivo di ridurre drasticamente il numero dei partiti i passi avanti saranno necessariamente limitati». Ho preso nota, allora, di una importante omissione: che la «tenuta» di una maggioranza comportava soltanto una maggioranza che dura (e non anche una maggioranza in grado di governare). Prendo nota, ora, del fatto che l'obiettivo di ridurre, sia pure gradualmente, il numero dei partiti si dimostra oggi un obiettivo del tutto mancato. Perché mai, allora, l'Amatum sarebbe meglio del Mattarellum? Se Amato non me lo spiega, da solo non lo capisco.

Dunque, dalla truffa che non c'era del 1953, siamo oggi arrivati, in costante progresso, alla vera maxi-truffa del 1999. Nel progetto di maggioranza che un improvvido D'Alema ha fatto suo, i partiti non diminuiscono, le maggioranze restano ammucchiate, il Paese resta ingovernabile e, appunto, ci viene anche proposto (unico fatto nuovo) un doppio turno di collegio truffaldino. Nel 1953, al cospetto di una truffa che non c'era, i media fecero un putiferio. Aspetto di vedere se al cospetto di una maxi-truffa che davvero c'è, i media e i loro opinionisti siano ancora capaci di battere un colpo.

Giovanni Sartori

Corriere della Sera - 15/02/99

«Non voglio far contenti i partitini»

di Giuliano Amato ministro delle, Riforme
 

Caro Direttore,

il professor Giovanni Sartori, al quale mi lega una devota amicizia mai intaccata dalla sua fiorentinissima vis polemica, critica la
proposta elettorale del governo per un'unica ragione.

La proposta ammette al ballottaggio per il secondo turno non chi ha superato una certa soglia, ad esempio il 12,50 per cento come
in Francia, ma soltanto i primi due.

Il che - egli dice - è dovuto alla mia volontà di far contenti i partitini della maggioranza, che si sentono così più sicuri di non essere
lasciati per la strada.

In punto di puro fatto devo dire all'amico Sartori che le cose non stanno così.

La maggioranza, compresi i partitini, avrebbe preferito (e aveva già scritto) il 12,50 per cento, che non le impedirebbe di
presentarsi comunque unita se lo volesse e le permetterebbe, in tal caso, di fronteggiare al Nord un confronto tripolare, nel quale
avrebbe dall'altra parte Lega e Polo, destinati a quel punto a elidersi a vicenda. E infatti l'obiezione al 12,50% è venuta proprio
dalle opposizioni le quali hanno fatto sapere che, se fosse rimasto, la loro opposizione al doppio turno sarebbe stata ancora più
aspra. Di qui la scelta del ballottaggio a due; che non è proprio la stessa cosa di un sistema monoturno perché, in un sistema
politico con partiti di estrema come il nostro, il secondo turno offre agli elettori di tali partiti la possibilità di votare - come second
best, come direbbe Giovanni Sartori - una delle due coalizioni.


Il manifesto - 16/02/99

Sartori, Amato e "l'Amatum"

I.D.

Se - ipotesi impossibile - il parlamento dovesse approvare in quattro e quattr'otto la legge elettorale proposta dal governo, il referendum non si terrebbe più: modificando radicalmente il principio normativo della legge sottoposta al quesito abrogativo, la nuova legge farebbe decadere ipso facto, previo parere della Consulta, il quesito stesso. Tutto questo non ha alcuna possibilità di accadere, data la ristrettezza dei tempi e dato che sulla proposta di Amato inevitabilmente, in parlamento, si riaprirà la discussione (e infatti lo stesso governo punta per ora a incassare il sì di una sola camera). Ma la circostanza formale illumina anche la circostanza politica: che l'obiettivo fosse quello di far saltare il referendum o che fosse - come è - quello di depotenziarlo e svuotarlo, la proposta del governo non poteva, sul piano formale e sul piano politico, che assumere integralmente l'impostazione e gli obiettivi del quesito referendario. Si arriva così al paradosso del governo, che apre la guerra per la propria sopravvivenza contro l'assalto neo-plebiscitario conducendola con le armi dell'avversario. E al contro-paradosso del fronte neo-plebiscitario, che si trova a dover attaccare una legge che pure, per scongiurare gli effetti simbolici del referendum, ne incorpora gli obiettivi concreti.

 Ne consegue, inevitabilmente, un dibattito politico truccato e una discussione di merito imbarazzata. I referendari, Di Pietro in testa, avendo a cuore del referendum più gli obiettivi simbolici che quelli concreti, insistono sulla celebrazione del rito eludendo il merito della proposta del governo. Ma quando si va sul merito, Cesare Salvi, Ds, ha buon gioco a "stanare" Prodi: "il doppio turno di collegio è nel programma dell'Ulivo, se Prodi ha cambiato idea dovrebbe spiegare come e perché". E Prodi è costretto a fare buon viso a cattivo gioco, dichiarando che la proposta Amato "è una buona base di discussione: la stiamo esaminando".

 Chi invece a questo balletto proprio non ci sta, è lo sponsor primo dell'importazione in Italia del doppio turno francese, Giovanni Sartori, che alla religione doppioturnista aveva convertito, prima e durante la bicamerale, Massimo D'Alema, e che oggi si sente frainteso e gabbato dal doppio turno edizione Amato. Sul "Corsera" di domenica e sul "Giornale" di ieri, il politologo spiega perché "l'Amatum" non gli piace proprio, e chiama i media a battere un colpo contro la nuova "legge truffa", come non esita a definirla. Perché? In primo luogo perché a differenza della legge-truffa (sconfitta) del '53, che si limitava ad assegnare un premio di maggioranza a chi, con la proporzionale, raggiungesse il 50% dei voti, l'Amatum raddoppia il premio di maggioranza, incardinandolo a un sistema di per sé maggioritario (dove cioé "chi vince un collegio con il 40% dei voti incamera di fatto, rispetto a una distribuzione proporzionale, un premio di maggioranza del 60%"). In secondo luogo perché l'Amatum - a giudizio di Sartori non un vero doppio turno ma un "monoturno mascherato", dove vanno al ballottaggio solo i primi due candidati e non, come in Francia, i quattro che hanno superato il 12,5%) - non dissolve ma solidifica il potere di ricatto dei piccoli partiti. E allora, domanda Sartori rivolto ad Amato, "qual è la differenza fra la Centopadelle promosse da altri, e la Centopadelle da lui difesa e consolidata?". Amato risponde, sul "Corriere" di ieri, che il ballottaggio a due è un prezzo pagato non ai piccoli partiti della maggioranza ma al Polo. Non risponde però il ministro all'altra richiesta di Sartori, di spiegare agli italiani il senso e "i benefici" della sua proposta. I quali (si fa per dire) si evincono però dall'intervista di Amato a "Repubblica" di domenica, dove viene ribadito che il nuovo dispositivo elettorale è solo il primo anello di una catena, che prevede a breve un ben più sostanzioso accordo con il Polo sull'elezione diretta del capo dello stato. A quel punto, è chiaro, la durata del governo avrebbe ben altre chances. E nel frattempo, cioé protempore, al Quirinale potrebbe ben salire una donna.


 

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