Speciale Referendum elettorale
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18/03/99

Rassegna stampa - NON VOTO  

Il manifesto - 18/03/99

Tra un mese esatto si voterà per il referendum che chiede agli italiani di cancellare la quota proporzionale. La campagna elettorale non è ancora cominciata, o meglio non è ancora entrata nel vivo. Altre questioni - la corsa per il Qurinale, la presidenza della commissione europea, l'asinello e l'elefantino - sono in questi giorni al centro dell'attenzione politica. Ma, prima o poi, del referendum si parlerà eccome, e ci si scontrerà anche duramente. Meglio, allora, cominciare subito.

 Prima di tutto c'è da dire che sarebbe ora di chiudere l'epoca dei referendum impropri, ovvero della via referendaria alla (contro)riforma della politica. L'idea che si possano chiamare cinquanta milioni di persone a votare su qualsiasi cosa, anche sulle virgole di una legge, non solo svilisce uno strumento che dovrebbe essere utilizzato solo per scelte su valori di alto livello, ma ottiene l'effetto opposto di quello sbandierato dai referendari: la partecipazione della cosiddetta gente, l'interesse nei confronti della politica anziché aumentare calano, e caleranno sempre di più. E non sarà certo con una raffica di chiamate alle urne che cambierà la tendenza.

 Secondo punto. Se il 18 aprile dovesse vincere il sì, la legge elettorale che ne deriverà costringerà a una tale semplificazione del sistema politico - e della rappresentanza - da far venire i brividi. Chiunque sceglierà di rimanere fuori dai giochi, cioè dai due schieramenti principali, pagherà un prezzo altissimo, la sua esclusione dal parlamento. Milioni di persone saranno costrette a cambiare il loro voto oppure a buttarlo via, oppure a rifiutare il gioco astenendosi.

 Terzo punto. Se questa è la posta in gioco - un plebiscitarismo ideologico, una riduzione drastica della democrazia rappresentativa - si dovrebbe fare tutto e il contrario di tutto per non perdere questa battaglia. Diversi partiti, divisi da moltissime questioni, sono uniti nel No a questo referendum. Da Rifondazione ai Popolari, dai Comunisti italiani alla Lega, dai Socialisti ai Verdi. Rappresentano milioni di elettori, ma mai come in questo caso gli elettori si rappresenteranno da soli. Nel senso che ognuno deciderà liberamente come votare (o non votare) il 18 aprile. E l'impressione è che la stragrande maggioranza dei contrari al referendum sceglierà di non farsi neanche vedere al seggio elettorale. Non so se andranno al mare o in montagna, sicuramente per molti di loro si tratterà di una scelta politica, un non voto che è un voto: contro questo referendum, naturalmente, ma anche e soprattutto contro la finzione della "parola al popolo" sempre, comunque e su qualsiasi argomento.

 Nell'astensionismo che da diversi anni cresce smisuratamente non c'è solo - e forse neanche soprattutto - un menefreghismo qualunquistico, ma una radicale critica della politica così com'è oggi. E non c'è migliore occasione di questo referendum per mettere in valore questa critica, trasformarla in un vero e proprio voto: un referendum contro il referendum. Si potrebbe anche vincere.

Riccardo Barenghi


 
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