21/01/99
Franco Ragusa
Referendum elettorale: una delega in bianco ai "partitocratici".
Il pronunciamento favorevole della Corte Costituzionale riguardo all'ammissibilità
del referendum elettorale che propone di abrogare la ripartizione proporzionale
del 25% dei seggi, da assegnare invece ai "migliori secondi arrivati" nei
collegi uninominali, ha già determinato una sorta di gara delle
interpretazioni sul reale significato da attribuire all'iniziativa referendaria
stessa e all'eventuale pronunciamento favorevole dei cittadini.
Del resto, lo schieramento trasversale, che a vario titolo sostiene
l'utilità dell'iniziativa, non poteva far supporre qualcosa di diverso.
Da Veltroni a Fini, da Di Pietro a Segni, tra doppi turni, turno unico
e presidenzialismo, l'unico elemento unificante è costituito dal
desiderio di abrogare del tutto il sistema proporzionale. E per arrivare
a ciò si è per l'appunto deciso di avanzare una proposta
referendaria che produrrà una legge elettorale dagli esiti "bizzarri";
così bizzarri che già in molti, fra i referendari stessi,
si sono affrettati a dire che andrà in ogni caso cambiata.
È allora evidente che l'obiettivo di questa nuova campagna referendaria
non è in alcun modo legato a dei risultati legislativi concreti,
quanto piuttosto diretto ad ottenere una sorta di mandato a legiferare
per cambiare l'attuale legge.
Sta tutta qua la furbizia di determinate proposte abrogative. Si vota
per una legge di risulta, ma poi, una volta votato, tutti a sostenere che
la volontà espressa con il voto era ben altra. Paradossalmente,
nel caso del referendum in questione, i primi a contestare il risultato
referendario saranno i referendari stessi. La proposta abrogativa avanzata,
infatti, è dichiaratamente strumentale ed è servita per aggirare
le garanzie costituzionali che sinora avevano impedito lo svolgimento di
altre richieste di referendum elettorali.
Si può già prevedere che assisteremo all'ennesimo balletto
di lamenti, chiaramente in nome del popolo tradito, laddove il Parlamento,
a seguito dei risultati referendari, non dovesse riuscire ad approvare
una legge, diversa da quella votata con il referendum, in grado di soddisfare
i desideri dei "salvatori della patria".
Più o meno come è gia' avvenuto per le vigenti leggi
elettorali, che hanno il torto di mantenere una quota proporzionale del
25%, come del resto, però, questa veniva mantenuta dalla legge di
risulta del referendum elettorale per il Senato del '93. Ma quante volte
ci siamo sentiti dire che le attuali leggi elettorali hanno fatto entrare
dalla finestra ciò che gli italiani avevano fatto uscire dalla porta,
la quota proporzionale?
Che possa piacere o no ai vari "salvatori della patria", nel '93 si
votò per una legge elettorale maggioritaria al 75% e proporzionale
per il restante 25%. È questo ciò che gli italiani votarono
nel '93, e non altro!
Ma come detto, ai "salvatori della patria" non interessa quello che
si vota concretamente, bensì che ci sia modo di poter rivendicare
per sé la corretta interpretazione della volontà degli italiani.
Insomma, l'importante è che si voti per qualcosa, e a tutto
il resto ci penseranno loro, forti del "mandato" ricevuto.
Ed è anche per questo che si dovrebbe decidere per l'astensione
e puntare al non raggiungimento del quorum.
È tutto il meccanismo che va messo in discussione, non soltanto
l'oggetto del contendere; non è sufficiente limitare il confronto
politico ad un mero sì o no a questa o quella proposta.
Si deve con forza rifiutare la logica che i diritti democratici più
elementari possano essere messi in discussione a colpi di maggioranza,
anche se a decidere su questi non è una maggioranza parlamentare
ma la maggioranza dei cittadini. Tanto più se ciò avviene
attraverso un contorto meccanismo di legittimazione che chiede una cosa
per realizzarne altre, che fa votare per una legge che non funziona per
poi essere "costretti" a doverne varare un'altra forti del mandato popolare
ricevuto. Un mandato che, chiaramente, come dimostrano le divisioni all'interno
del comitato referendario stesso, non si sa né dove inizia e né
dove potrebbe finire.