Speciale Referendum elettorale
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24/01/99
Emilio Colombo

Referendum elettorale: che c'è di bizzarro?

La Corte costituzionale, con una sentenza giuridicamente prevedibile, ha dichiarato ammissibile il referendum elettorale maggioritario.

Prima della sentenza, coloro che oggi sostengono che la legge elettorale non possa essere il risultato di un referendum hanno perso tempo in oziose disquisizioni sulla presunta inammissibilità del quesito referendario, invece di adoperarsi per far approvare al Parlamento una legge elettorale decente (intendo senza trucchi da repubblica delle banane). Anzi, c’è pure chi, recidivo, tuttora sostiene che la Corte non dovesse ammetterlo!

In via preliminare, devo confutare la pertinenza dell’argomento per cui sarebbe "intollerabile un referendum che limitasse, che so, il diritto di voto di una etnia o di una confessione religiosa" [F. Ragusa]. Nell’improbabile caso in cui, attraverso un referendum abrogativo di norme esistenti, si potesse introdurre una illegittima discriminazione tra gli elettori, la Corte costituzionale non potrebbe dichiararlo ammissibile.

"E per quale motivo si dovrebbe invece tollerare un referendum elettorale finalizzato a rendere inutile il voto di una larga fetta della società, anche se minoritaria?" [F. Ragusa].

L'argomento è già stato utilizzato contro il referendum del 1993 e ampiamente confutato. Escludendo per materiale impraticabilità la democrazia diretta, si pone il problema di chi mandare (e come) in Parlamento. C'è chi ritiene migliore un sistema in cui si voti per un simbolo di partito e in cui una parte dei candidati sia inesorabilmente destinata all'elezione (non importa se le liste siano bloccate o sia previsto il voto di preferenza). E chi, invece, ritiene di essere meglio garantito da un sistema in cui il candidato non possa essere eletto senza aver ricevuto voti.

Rivolto la domanda: Non è bizzarro che una minoranza del 10-20% di potenziali votanti possa, avvalendosi del non-voto fisiologico, rendere inutile il voto della grande maggioranza dei votanti al referendum?

Nel merito, mi limito a dire che, in base al sistema elettorale di risulta, una parte dei voti oggi inefficaci diverrebbe "eventualmente efficace", potendo determinare l’elezione del migliore sconfitto del collegio (a condizione, evidentemente, che il suo quoziente elettorale rientri fra i migliori della circoscrizione). Secondo la legge Mattarella i voti dati ai candidati perdenti nei collegi sono inutilizzabili; quelli dati ai vincenti, in compenso, sono efficaci in negativo, essendo (parzialmente) sottratti ai voti raccolti dalle liste proporzionali collegate. Il sistema elettorale vigente, quindi, tra i tanti pasticci, "punisce", nella quota proporzionale, chi ha vinto nei collegi per "premiare" chi invece ha perso. Non è bizzarro?

L’anno scorso, i proporzionalisti accusavano il referendum di aumentare la quota proporzionale. Oggi, lo accusano di eliminare i partiti e di far eleggere i trombati. Non è bizzarro?

Al Senato, già ora 1/4 dei seggi sono attribuiti ai candidati sconfitti nei collegi uninominali, e nessuno accusa tale sistema elettorale di aver eliminato i partiti, né di essere demenziale o bizzarro. Applicando il sistema elettorale di risulta ai risultati delle elezioni del 1996 per il Senato, è facile constatare che sarebbero stati recuperati quasi tutti i candidati già recuperati con il sistema vigente. Non è bizzarro?

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Il comitato promotore del referendum elettorale maggioritario si è costituito l'anno scorso, in seguito alla proposta -avanzata da Berlusconi- di reintrodurre la proporzionale di lista, proprio per scongiurare la congiura di casa Letta. E la congiura di casa Letta (sostenuta da TUTTI i partiti che ora contestano il referendum: altra coincidenza bizzarra!) prevedeva precisamente l'adozione di un sistema elettorale modellato sulla legge Acerbo-Mussolini del 1923 e sulla successiva legge cd. truffa del 1953.

Si può essere d'accordo o meno, ma il referendum abolisce i trucchi contenuti nella legge Mattarella (collegamento, scorporo, lista proporzionale bloccata), inibendo quelli prospettati a casa Letta (cd. premio di maggioranza di lista).

"...i primi a contestare il risultato referendario saranno i referendari stessi. La proposta abrogativa avanzata, infatti, è dichiaratamente strumentale ed è servita per aggirare le garanzie costituzionali che sinora avevano impedito lo svolgimento di altre richieste di referendum elettorali. " [F. Ragusa]

I "referendari" (se con tale termine sono designati i promotori e firmatari e non, genericamente, i sostenitori) sono quasi unanimemente concordi nel constatare che il referendum lascerà al Parlamento tre strade: 1) non intervenire, e lasciare quindi in vigore il sistema di risulta; intervenire, nell'àmbito del sistema uninominale, per 2) aumentare i collegi (fino ad adeguarne il numero a quello dei seggi) e, eventualmente, 3) introdurre un secondo turno di collegio, ma alla francese (ovvero senza trucchi proporzionalistici).

Non si può parlare di "aggiramento delle garanzie costituzionali", sia perché, se aggiramento ci fosse stato, esso sarebbe stato realizzato in concorso con la Corte costituzionale (la cui giurisprudenza in materia -come si sa- è peraltro molto restrittiva), sia perché le "garanzie costituzionali" in oggetto tutelano l'esigenza di eleggere tutti i parlamentari, e non -come forse qualcuno può pensare- questo sistema dei partiti.

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"Più o meno come è già avvenuto per le vigenti leggi elettorali, che hanno il torto di mantenere una quota proporzionale del 25%, come del resto, però, questa veniva mantenuta dalla legge di risulta del referendum elettorale per il Senato del '93. Ma quante volte ci siamo sentiti dire che le attuali leggi elettorali hanno fatto entrare dalla finestra ciò che gli italiani avevano fatto uscire dalla porta, la quota proporzionale? Che possa piacere o no ai vari "salvatori della patria", nel '93 si votò per una legge elettorale maggioritaria al 75% e proporzionale per il restante 25%. È questo ciò che gli italiani votarono nel '93, e non altro!" [F. Ragusa]

Il referendum del 1993 sulla legge elettorale per il Senato, giuridicamente, ha disposto l'elezione a maggioranza relativa (anglosassone) nei 238 collegi uninominali esistenti, e il recupero dei candidati non eletti nei collegi (secondo criteri di gruppo) fino a concorrenza dei seggi da attribuire (315-238=77). L'intervento legislativo si è limitato a ridistribuire i collegi tra le Regioni (riducendoli, se proprio vogliamo farlo notare, di sei unità).

La legge elettorale per la Camera è effetto di quel referendum soltanto in via mediata, semplicemente perché il Parlamento non ha potuto non tenere conto di una linea di tendenza manifestata dagli elettori.

La legge Mattarella, introducendo un sistema elettorale uninominale cd. anglosassone per l'elezione del 75% dei deputati, ha tuttavia ritenuto di dover mantenere, per l'attribuzione del 25% dei seggi in modo cd. proporzionale, le liste di partito e la scheda proporzionale. E, appunto, il referendum disponeva il recupero del 25% dei seggi non attraverso una seconda scheda e liste bloccate proporzionali, ma attingendo ai risultati di collegio.

Quanto alla libertà d'interpretazione del risultato elettorale, sarà eventualmente ancora la Corte costituzionale (insieme con la Corte di Cassazione, secondo le circostanze) a verificare se l'eventuale intervento legislativo sia compatibile con il referendum.

Sul metodo antireferendario alla Beretta, infine, non mi esprimo. Sono peraltro convinto che sarà difficile convincere i cittadini ad andare al mare "per il loro bene". Che si voti o no il 18 aprile.

 


 

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