Riforme istituzionali:
Schede informative sui referendum |
Dal sito dei radicali (in versione integrale per non essere accusati di manipolazione... e di più proprio non si è riusciti a trovare)
Per lasciare ai cittadini la libertà
di scegliere un'assicurazione privata in alternativa al Servizio Sanitario
Nazionale, fermo restando l'obbligo di assicurazione.
Il referendum punta ad introdurre la libertà
per ogni cittadino di scegliere se iscriversi al Servizio Sanitario pubblico
o piuttosto pagarsi un'assicurazione privata sulle malattie, fermo restando
comunque l'obbligo per tutti di seguire l'una o l'altra delle due strade.
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E queste potrebbero essere soltanto alcune delle domande alle quali,
logicamente, nell'affrontare la questione si dovrebbe essere in grado di
rispondere.
E si comprende anche che di norma non c'è lo spazio e il tempo
per approfondire a tali livelli, ma visto che con internet si apre
la possibilità di poter disporre di quanto spazio si vuole e per
di più facilmente accessibile da qualsiasi parte ci si trovi, si
poteva pure approfittare dell'occasione per mostrarsi un minimo scientifici
oltre che politici.
Altra domanda chiave alla quale non c'è risposta: ma quanto ci
costerà, complessivamente, il sistema sanitario italiano, sommando
la spesa per le prestazioni pubbliche con quella sostenuta dagli utenti
con i privati?
Sarà di più o di meno? E di quanto?
E le prestazioni, saranno uguali per tutti oppure no?
Riguardo a quest'ultima domanda, è interessante rileggere un
passo del promo dei radicali:
Il Servizio Sanitario Nazionale, quindi, resterebbe in piedi, e sarebbe finanziato dallo Stato in proporzione al numero di cittadini che liberamente decidessero di non rivolgersi ad una forma di assicurazione privata |
Fatte queste debite domande, non si può non riconoscere che già
ora si debbono registrare mancanze nel servizio.
Ma cosa succederà una volta stabilito un Tot per cittadino non
assistito dai privati? Che non si potrà più ricorrere alla
fiscalità generale per andare oltre questo presunto Tot e chi muore
muore?
E non si tratta affatto di allusioni maliziose.
Con una formula che lascia il tempo che trova, infatti, i signori radicali
anziché parlare di utenza che potrebbe non poter usufruire dei servizi
privati, vuoi perché non in grado di pagare o vuoi perché
soggetti a rischio che le assicurazioni potrebbero rifiutarsi di assistere,
parlano di cittadini che liberamente decidessero
di non rivolgersi ad una forma di assicurazione privata.
Come dire: liberi di non assicurarvi con i privati,
ma poi non ci chiedete di fornirvi un servizio completo. Insomma, non vi
sognate di finanziare la vostra sanità (per indigenti, malati
cronici, anziani... quelli che in genere necessitano dei servizi sanitari
che costano e che le assicurazioni cercano di evitare come la peste) con
i soldi della fiscalità generale.
Peccato, però, che certe scelte non le
si fanno in libertà, bensì sono determinate da altro!
Come del resto ci ricorda l'art. 32 della Costituzione
che, per l'appunto, mette in conto che possano esistere soggetti che necessitino
di particolare tutela:
La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività,
e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Cure gratuite agli indigenti dovrebbe quindi significare
un servizio sanitario in grado di fornire una copertura totale a chi ne
necessita.
Né più e né meno, a sentire
quanto si narra, di quanto avviene anche negli USA. E quanto costano questi
indigenti agli americani? E che servizio ricevono?
Riguardo a queste questioni pare che a Clinton
i conti non tornassero, a tal punto che durante la prima corsa alla Casa
Bianca pensò bene di promettere l'allargamento dell'assistenza sanitaria
pubblica anche ai meno poveri. E il ragionamento alla base della promessa
aveva una logica precisa: dato che in ogni caso si deve spendere per mantenere
un minimo di struttura sanitaria pubblica, e dato che il cittadino medio
si dissangua per pagare l'assicurazione privata, è ora di entrare
nella logica di una sanità pubblica in grado di fornire un
servizio più vasto ed anche migliore.
Poi sappiamo bene come è andata. Clinton
è stato eletto; le lobby economiche che controllano il Parlamento
(e anche Clinton, per dirla tutta) se ne sono altamente fregate del voto
degli americani, e la riforma della sanità è rimasta lettera
morta (e meno male che con il maggioritario e l'elezione diretta del Capo
dell'esecutivo queste cose non dovrebbero succedere).
Insomma, al di là di queste considerazioni sul campo "diciamo" politiche, è però possibile fare delle ipotesi nel caso passasse il referendum in questione, o meglio: limitiamoci a fare e ripetere le domande d'obbligo.
Se il servizio pubblico deve in ogni caso essere mantenuto, è prevedibile o no una sorta di prelievo fiscale generalizzato per poter mantenere questo servizio agli attuali livelli di universalità nell'erogazione delle prestazioni?
Ora rispondiamoci con un sì o con un no e tiriamo le conclusioni:
o comunque ci costerà (e quanto ci costerà considerando
anche le risorse che andranno ai privati?) perché direttamente legato
alle esigenze da coprire attraverso la fiscalità generale;
o non sarà più in grado, una volta perso questa relazione
diretta tra spese da sostenere e risorse da recuperare dalla collettività,
di fornire un servizio adeguato alle reali esigenze.
Il tutto nella totale assenza di vincoli per i privati, che potranno
tranquillamente scegliersi gli assistiti sulla base della loro convenienza,
rimandando indietro, cioè al servizio pubblico che non potrà
rifiutarsi, l'utenza a rischio, l'utenza che non può pagare... l'utenza
che costa.
E senza questi vincoli, secondo i promotori, si dovrebbe sviluppare
un efficiente sistema di mercato fondato sulla competizione.
Come se fosse possibile competere alla pari partendo dal principio
che ad un soggetto, il pubblico, non sarà permesso ottimizzare i
costi scegliendosi l'utenza; mentre questa facoltà potrà
essere per intero goduta dal privato che potrà scaricare i costi
scomodi rispedendo l'utenza a rischio sull'altro soggetto, il pubblico
Pure Marshall rimarrebbe inorridito di fronte a simili concetti di
"mercato"!
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