Riforme istituzionali: 
Schede informative sui referendum
 
 Servizio Sanitario Nazionale

Dal sito dei radicali (in versione integrale per non essere accusati di manipolazione... e di più proprio non si è riusciti a trovare)
Per lasciare ai cittadini la libertà di scegliere un'assicurazione privata in alternativa al Servizio Sanitario Nazionale, fermo restando l'obbligo di assicurazione.  

Il referendum punta ad introdurre la libertà per ogni cittadino di scegliere se iscriversi al Servizio Sanitario pubblico o piuttosto pagarsi un'assicurazione privata sulle malattie, fermo restando comunque l'obbligo per tutti di seguire l'una o l'altra delle due strade. 
Nel caso in cui molti cittadini scegliessero questa seconda strada aperta dal referendum, non verrebbe meno il Servizio pubblico, ma solo il monopolio del finanziamento pubblico da esso attualmente detenuto. Il Servizio Sanitario Nazionale, quindi, resterebbe in piedi, e sarebbe finanziato dallo Stato in proporzione al numero di cittadini che liberamente decidessero di non rivolgersi ad una forma di assicurazione privata. Non solo: lo Stato potrebbe anche raccogliere i contributi sanitari dei cittadini in proporzione al reddito, e poi restituire a ciascuno un "buono" uguale per tutti e sufficiente a coprire il costo dell'assicurazione obbligatoria, ma spendibile presso una compagnia di assicurazione pubblica o privata liberamente scelta. 
Lo scopo del referendum è quindi quello di creare condizioni di mercato e di concorrenza fra strutture pubbliche e private, nella consapevolezza che ciò darebbe un deciso impulso ad una ristrutturazione del fatiscente ed obsoleto apparato pubblico, ad una razionalizzazione della spesa sanitaria complessiva, e ad un miglioramento della qualità dei servizi offerti (un solo dato per tutti: in Italia oltre il 10% dei ricoverati nelle strutture pubbliche finisce per contrarre un'infezione ospedaliera). 
Tra l'altro, data la formidabile dimensione del budget assorbito dalla sanità pubblica, non c'è da stupirsi del fatto che al suo interno, nelle aziende e negli ospedali, si sviluppino quotidianamente e dovunque vergognosi fenomeni di malcostume e di affarismo, intrecci e connivenze col settore privato, interessi economici e nicchie di potere, in totale dispregio degli interessi della collettività ad usufruire di servizi sanitari efficienti. Così stando le cose, quindi, non c'è neppure da sorprendersi del fatto che più del 50% dei cittadini aventi diritto all'assistenza pubblica preferiscano rivolgersi ai privati, e ritengano un vero e proprio furto il denaro che sono oggi obbligati a versare allo Stato per finanziare sfascio e sprechi di ogni genere.

 
La prima considerazione che viene spontanea è che, al di là delle legittime opinioni politiche, non esistono dati relativi ad un'eventuale previsione dei costi e dei benefici che l'approvazione del quesito determinerebbe sul sistema sanitario italiano.
La sanità italiana costa tanto rispetto a cosa?
Gl'italiani pagano troppo rispetto a cosa?
Il servizio non funziona rispetto a quali parametri standard?
E' vero che c'è più corruzione nella sanità pubblica rispetto ai privati, o è forse vero il contrario? E in che rapporto?
E in ogni caso, non c'è la possibilità d'interventi d'altro tipo per migliorare questi difetti?

E queste potrebbero essere soltanto alcune delle domande alle quali, logicamente, nell'affrontare la questione si dovrebbe essere in grado di rispondere.
E si comprende anche che di norma non c'è lo spazio e il tempo per approfondire a tali livelli, ma visto che con internet si apre la possibilità di poter disporre di quanto spazio si vuole e per di più facilmente accessibile da qualsiasi parte ci si trovi, si poteva pure approfittare dell'occasione per mostrarsi un minimo scientifici oltre che politici.

Altra domanda chiave alla quale non c'è risposta: ma quanto ci costerà, complessivamente, il sistema sanitario italiano, sommando la spesa per le prestazioni pubbliche con quella sostenuta dagli utenti con i privati?
Sarà di più o di meno? E di quanto?
E le prestazioni, saranno uguali per tutti oppure no?
Riguardo a quest'ultima domanda, è interessante rileggere un passo del promo dei radicali:
Il Servizio Sanitario Nazionale, quindi, resterebbe in piedi, e sarebbe finanziato dallo Stato in proporzione al numero di cittadini che liberamente decidessero di non rivolgersi ad una forma di assicurazione privata
 
Cosa vuol dire proporzionalmente al numero dei cittadini?
Si stabilisce una quota fissa per ogni cittadino, e quello che si può fornire si fornisce?!
Oppure c'è la garanzia, in ogni caso, della copertura totale, con una previsione di spesa indipendente da simili considerazioni?
E poi, come calcolare, anno per anno, le necessità del servizio pubblico? Condannando i cittadini ad una sorta di patto con il diavolo, imponendogli una pianificazione inderogabile delle proprie scelte?

Fatte queste debite domande, non si può non riconoscere che già ora si debbono registrare mancanze nel servizio.
Ma cosa succederà una volta stabilito un Tot per cittadino non assistito dai privati? Che non si potrà più ricorrere alla fiscalità generale per andare oltre questo presunto Tot e chi muore muore?
E non si tratta affatto di allusioni maliziose.
Con una formula che lascia il tempo che trova, infatti, i signori radicali anziché parlare di utenza che potrebbe non poter usufruire dei servizi privati, vuoi perché non in grado di pagare o vuoi perché soggetti a rischio che le assicurazioni potrebbero rifiutarsi di assistere, parlano di cittadini che liberamente decidessero di non rivolgersi ad una forma di assicurazione privata.
Come dire: liberi di non assicurarvi con i privati, ma poi non ci chiedete di fornirvi un servizio completo. Insomma, non vi sognate di finanziare la vostra sanità (per indigenti, malati cronici, anziani... quelli che in genere necessitano dei servizi sanitari che costano e che le assicurazioni cercano di evitare come la peste) con i soldi della fiscalità generale.
Peccato, però, che certe scelte non le si fanno in libertà, bensì sono determinate da altro!
Come del resto ci ricorda l'art. 32 della Costituzione che, per l'appunto, mette in conto che possano esistere soggetti che necessitino di particolare tutela:
   La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Cure gratuite agli indigenti dovrebbe quindi significare un servizio sanitario in grado di fornire una copertura totale a chi ne necessita.
Né più e né meno, a sentire quanto si narra, di quanto avviene anche negli USA. E quanto costano questi indigenti agli americani? E che servizio ricevono?
Riguardo a queste questioni pare che a Clinton i conti non tornassero, a tal punto che durante la prima corsa alla Casa Bianca pensò bene di promettere l'allargamento dell'assistenza sanitaria pubblica anche ai meno poveri. E il ragionamento alla base della promessa aveva una logica precisa: dato che in ogni caso si deve spendere per mantenere un minimo di struttura sanitaria pubblica, e dato che il cittadino medio si dissangua per pagare l'assicurazione privata, è ora di entrare nella logica di una sanità pubblica in grado di fornire  un servizio più vasto ed anche migliore.
Poi sappiamo bene come è andata. Clinton è stato eletto; le lobby economiche che controllano il Parlamento (e anche Clinton, per dirla tutta) se ne sono altamente fregate del voto degli americani, e la riforma della sanità è rimasta lettera morta (e meno male che con il maggioritario e l'elezione diretta del Capo dell'esecutivo queste cose non dovrebbero succedere).

Insomma, al di là di queste considerazioni sul campo "diciamo" politiche, è però possibile fare delle ipotesi nel caso passasse il referendum in questione, o meglio: limitiamoci a fare e ripetere le domande d'obbligo.

Se il servizio pubblico deve in ogni caso essere mantenuto, è prevedibile o no una sorta di prelievo fiscale generalizzato per poter mantenere questo servizio agli attuali livelli di universalità nell'erogazione delle prestazioni?

Ora rispondiamoci con un sì o con un no e tiriamo le conclusioni:
o comunque ci costerà (e quanto ci costerà considerando anche le risorse che andranno ai privati?) perché direttamente legato alle esigenze da coprire attraverso la fiscalità generale;
o non sarà più in grado, una volta perso questa relazione diretta tra spese da sostenere e risorse da recuperare dalla collettività, di fornire un servizio adeguato alle reali esigenze.
Il tutto nella totale assenza di vincoli per i privati, che potranno tranquillamente scegliersi gli assistiti sulla base della loro convenienza, rimandando indietro, cioè al servizio pubblico che non potrà rifiutarsi, l'utenza a rischio, l'utenza che non può pagare... l'utenza che costa.
E senza questi vincoli, secondo i promotori, si dovrebbe sviluppare un efficiente sistema di mercato fondato sulla competizione.
Come se fosse possibile competere alla pari partendo dal principio che ad un soggetto, il pubblico, non sarà permesso ottimizzare i costi scegliendosi l'utenza; mentre questa facoltà potrà essere per intero goduta dal privato che potrà scaricare i costi scomodi rispedendo l'utenza a rischio sull'altro soggetto, il pubblico
Pure Marshall rimarrebbe inorridito di fronte a simili concetti di "mercato"!

 



 
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