Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Pillole
 
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Lavoratori senza diritti di cittadinanza
 
È giusto o no estendere il diritto al reintegro del lavoratore licenziato senza giusta causa a tutti i lavoratori, indipendentemente dalle dimensioni e dalla natura dell'impresa?
A questa domanda, i contrari al referendum rispondono sollevando tutta una serie di questioni riguardanti il mercato del lavoro, la particolarità delle piccole imprese, ecc. ecc.
La logica che sottende a questo tipo di approccio è sin troppo semplice: i diritti di cittadinanza sono una cosa; i diritti dei lavoratori un'altra. Per cui, è possibile ammettere diversi regimi di trattamento, sia per i datori di lavoro come per i prestatori d'opera, per la riparazione del danno eventualmente arrecato da comportamenti illegittimi.

Ma i lavoratori e i datori di lavoro, come i consumatori o i pedoni sfortunatamente investiti dai pirati della strada, non dovrebbero essere, prima di tutto, cittadini con eguali diritti e doveri?
No, per i lavoratori delle imprese sino a 15 dipendenti si è deciso che non è così: il sacrosanto diritto ad essere risarciti, con gli stessi parametri di misura, per i danni subiti ingiustamente, è infatti negato soltanto dall'eccezione costituita dai lavoratori delle piccole imprese che non possono usufruire dell'art. 18.
Per questi, i conti non si fanno sulla base dell'atto illegittimo compiuto e sullo status del danneggiato, ma sulla base dello status e, soprattutto, delle convenienze del soggetto che compie l'atto illegittimo.
La sanzione per il danno arrecato è diversa da soggetto a soggetto e dipende dalle condizioni soggettive del soggetto che procura il medesimo danno. Ma non solo: è il soggetto che viola le regole che sceglie la "sanzione" da pagare; e può sceglierla tra il risarcimento totale del danno, riassunzione, e il niente costituito dalle 2,5-6 mensilità d'indennizzo da pagare.

E meno male che la legge dovrebbe essere uguale per tutti.



 
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