Che il quorum non sia stato raggiunto, ai livelli più bassi di partecipazione, per altro, è un dato di fatto che deve certamente invitare a riflettere chi ha promosso l'iniziativa.
Premesso ciò, sarebbe poco serio liquidare la questione senza
tentare di analizzare i risultati in ogni caso conseguiti.
Non può sfuggire, infatti, che nonostante l'invito al boicottaggio
sia venuto anche dai maggiori vertici dell'Ulivo, ben 10.245.809 elettori
hanno deciso lo stesso di andare a votare e votare sì.
Se teniamo presente che alle ultime elezioni politiche l'Ulivo, con
una ben più ampia partecipazione al voto, ottenne consensi per 12.885.150
elettori, Rifondazione 1.859.492, Di Pietro 1.437.329, forse il dato degli
oltre 10 milioni di elettori che non hanno seguito gl'inviti di Fassino,
Rutelli, Boselli, ecc. dovrebbe stimolare più di qualche riflessione.
Se poi la matematica diventa un'opinione per il solo fatto che non si
è raggiunto il quorum, allora possiamo dire che in politica tutte
le favole diventano possibili, come il non voler ammettere, per il referendum
sull'art. 18, che la base elettorale di centro-sinistra si sia chiaramente
espressa, in larghissima maggioranza, in modo diverso da quello che gli
eletti le raccomandavano.
La partita, quindi, è soltanto formalmente chiusa, in quanto
rimane da sanare l'evidente frattura, tra elettori ed eletti, che si è
manifestata con il referendum del 15 giugno.
Sempre che, come sempre! accade, non si voglia far finta di nulla.