Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 18 aprile

Articolo 18, anche la Flai Cgil voterà sì
Il segretario Chiriaco: «Per il nostro popolo è la continuazione delle lotte dell'anno scorso»
«Scegliamo i diritti» Per il sindacato degli agroalimentari votare sì vuol dire anche «opporsi alle deleghe del governo e al patto per l'Italia»
 
     Antonio Sciotto
 
Nuovo sì dal fronte della Cgil: stavolta ad aderire alle ragioni del referendum sono gli agroalimentari della Flai. Il direttivo nazionale ha approvato ieri, con nessun voto contrario e 15 astensioni, un documento che indica il sì come risposta al quesito del 15 giugno. «I cittadini comuni, i lavoratori che sono scesi in piazza con la Cgil per difendere l'articolo 18, non distinguono quelle lotte da questo referendum: è naturale che la Cgil indichi il sì». Così Franco Chiriaco, segretario nazionale della Flai, 300 mila iscritti, seconda categoria industriale dopo la Fiom, spiega la decisione. La Flai ha discusso per due giorni sul voto, e lo ha fatto sulla scorta di numerose assemblee svolte su tutto il territorio nazionale con i lavoratori: «Dovunque andassi, ho visto che la gente, il popolo della Cgil è per il sì - spiega Chiriaco - Ma il significato che diamo a questo voto va al di là del quesito referendario, ha un significato più alto. Il governo e Confindustria stanno svolgendo un attacco su tutti i fronti: il libro bianco di Maroni, il Patto per l'Italia, la legge 30 che precarizza il lavoro. Basti pensare che nella discussione sul rinnovo del nostro contratto, la controparte ci ha già detto che per il mercato del lavoro, gli orari, gli appalti, le terziarizzazioni, intende rimandare tutto a quando verranno approvati i decreti attuativi della legge 30. Il sì, per noi, vuol dire opporsi a tutto questo».

Nonostante la scelta del sì sia chiara, il segretario della Flai comunque tiene a sottolineare il rapporto del referendum con le proposte di legge della Cgil, e le perplessità della categoria, in linea con la confederazione, rispetto allo strumento referendario: «Abbiamo detto sì per tutte le ragioni che ho spiegato, ma ribadiamo che la Flai resta contraria allo strumento del referendum in sè, perché divide e non unisce il movimento, mentre restano al centro dell'azione della Cgil le proposte di legge firmate da 5 milioni e 200 mila cittadini. Dopo la vittoria del sì, servirà comunque una legge, e noi chiediamo che le nostre proposte siano sostenute in un momento in cui la Cgil rischia di rimanere isolata: Rifondazione comunista non le sostiene, i Ds lo faranno solo "tecnicamente". In una fase delicata come questa, è importante che tutto il fronte dell'opposizione boicotti l'approvazione della delega 848bis in Senato: sono rimasto esterefatto per le affermazioni di Angius, quando ha detto che l'invito all'ostruzionismo fatto da Cofferati lo faceva ridere».

Proprio per la perplessità rispetto al referendum si sono verificate le astensioni della minoranza: «Siamo ovviamente soddisfatti per la scelta del sì - spiega Gianni Mininni, di Lavoro Società - ma non condividiamo l'opinione che il referendum divide il movimento dei lavoratori. Nè, d'altra parte, sosteniamo la proposte di legge della Cgil relativa all'estensione dei diritti nelle piccole imprese: è prevista la monetizzazione del diritto al reintegro, e dunque crediamo che non risponda pienamente al quesito referendario». «Al direttivo del 6 e 7 maggio, comunque, la Flai premerà perché la Cgil dica sì - conclude Chiriaco - e da qui al 15 giugno la questione referendum avrà un ruolo centrale in tutte le assemblee che faremo».

La macchina Cgil, intanto, continua a sfornare sì a tutto spiano: le ultime adesioni sono venute dalla camera del lavoro di Venezia, da quella di Trapani, e dallo Snavu, il sindacato nazionale dei vigili urbani. Chissà che questi ultimi non portino fortuna: un bel semaforo verde all'articolo 18, e uno stop per sempre alle deleghe del governo Berlusconi. 



 
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