il manifesto - 19 aprile
Silenziatore Rai sui diritti del lavoro
La televisione pubblica, dopo le manifestazioni pacifiste, oscura anche
il referendum per l'estensione dell'articolo 18. La decisione della Commissione
di vigilanza presieduta dal diessino Claudio Petruccioli è contestata
dal Comitato promotore e da forze sociali e ( poche) politiche. Dalle Camere
del lavoro nuovi pronunciamenti per il Sì
Loris Campetti
Un referendum che imbarazza la Rai e la maggioranza dei partiti dev'essere
oscurato. Detto, fatto. Su questo punto non c'è stato alcuno scontro
in sede di Commissione di vigilanza, che nei giorni scorsi ha deciso di
stendere un velo di invisibilità sulla battaglia per estensione
dell'articolo 18 ai lavoratori di aziende con meno di 15 dipendenti. Primo
punto: nei weekend elettorali, in occasione del voto per le amministrative
che si terranno il 25 e 26 maggio e l'8 e 9 giugno per i ballottaggi, guai
a parlare di referendum sull'articolo 18 e di quello per l'abrogazione
della servitù coattiva di elettrodotto. Sei giorni di silenzio nel
pieno della campagna, dato che il giorno fissato per il referendum è
il 15 giugno, in base alla considerazione decisamente contestabile secondo
cui nei momenti del voto non possono esserci comunicazioni politiche. Contestabile,
e contestata dai promotori dei referendum, in quanto i referendum sono
promossi da gruppi di cittadini e riguardano tematiche specifiche ma nazionali,
non legate a interessi diretti dei partiti presenti nelle consultazioni
amministrative. Secondo: dalla Commissione non esce un impegno preciso
sulla produzione di approfondimenti e di tribune politiche. La Rai può,
non deve approfondire. Terzo: i comitati per il sì e per il no ai
questiti referendari sono soggetti tra i tanti, non centrali nelle eventuali
trasmissioni. Con l'esclusione di Rifondazione comunista e dei radicali,
non c'è stata una rivolta dei partiti contro la decisione oscurantista
della Commissione di vigilanza, dove del resto tutti i partiti sono rappresentati.
Vuoi l'assenza di alcuni membri della Commissione (per esempio Franco Giordano
del Prc), vuoi il disinteresse di altri, vuoi soprattutto l'interesse della
maggioranza (numerica) a far fallire il referendum sull'estensione dell'articolo
18 attraverso il non raggiungimento del quorum, hanno consentito il passaggio
senza proteste della proposta avanzata dal relatore, nonché presidente,
della Commissione stessa: il diessino Claudio Petruccioli. «La paura
della vittoria del Sì - dice il presidente del comitato promotore
del referendum sull'articolo 18, Paolo Cagna Ninchi - fa decidere i partiti,
di comune accordo, che non si deve parlare di un appuntamento che riguarda
i diritti di milioni di cittadini». Per protesta, alle 12 del 24
aprile si terrà un presidio di protesta alla Commissione di vigilanza
«per ripristinare la decenza democratica».
La decisione della Commissione di vigilanza viene duramente contestata anche dal presidente nazionale dell'Arci, Tom Benettollo, secondo il quale «scoraggiare la partecipazione è anticostituzionale»: «Esprimiamo la nostra preoccupazione per lo scandaloso silenzio dei media sul referendum per l'estensione dell'articolo 18 che andremo a votare il 15 giugno. Nel polverone della guerra e delle tensioni internazionali si tenta di mettere il bavaglio all'informazione sui contenuti e le modalità del voto». Questo, dice Benettollo in riferimento alla Commissione di vigilanza, si chiama «black-out». Nel merito del quesito, l'Arci non ha i dubbi che attanagliano alcuni partiti dell'Ulivo: «Ribadiamo il nostro schieramento per il Sì, nella convinzione che i diritti sindacali, a partire dal contratto, debbano essere salvaguardati e allargati ed esprimiamo, a maggior ragione, la volontà di impegnarci per la campagna referendaria».
Prima o poi - si spera prima - anche la Cgil dovrebbe esprimere ufficialmente e nazionalmente la volontà di impegnarsi per la vittoria del Sì, anche sulla spinta della maggioranza delle categorie che hanno già preso questa decisione, così come documentiamo quotidianamente sul giornale. Sono molte anche le Camere del lavoro che hanno già votato documenti e ordini del giorno per il Sì, da Venezia ad Avellino. Ieri si sono aggiunte alla lista di chi vuole estendere a tutti i diritti anche le Cgil di Pistoia e Lucca: nelle due città toscane sono stati votati all'unanimità ordini del giorno che ribadiscono l'impegno a sostenere la proposta di legge della Confederazione. Ma se questa battaglia non avesse esisito, non resterebbe che il referendum. Non resterebbe che votare Sì, senza se e senza ma.