Riforme Istituzionali
Referendum 2003
Rassegna stampa
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Corriere della
Sera - 4 maggio
Metà degli italiani non sa che ci sarà un referendum
Un altro quarto non conosce il quesito. Scarsa informazione soprattutto
tra i giovani
E’ bene dirlo subito chiaramente. Malgrado la
relativa vicinanza temporale, per ora, è impossibile disporre di
stime affidabili sull’esito del referendum sull’estensione dell’articolo
18 dello Statuto dei lavoratori. E ciò specialmente perché
il dibattito sulla consultazione referendaria, accesissimo in sede politica
e nei mezzi di informazione, appare assente o quasi nella testa di gran
parte degli elettori del nostro Paese. Che decideranno il loro comportamento
(astenersi oppure votare pro o contro l’estensione alle aziende con meno
di quindici dipendenti dell’articolo 18) in base alla campagna elettorale
che prima o poi (forse) comincerà. Ma che, per ora, appaiono totalmente
o quasi disinformati. Infatti, metà dell’elettorato ignora l’esistenza
stessa di un qualche referendum nei prossimi mesi. E un altro quarto dichiara
di sapere che ci sarà una consultazione, ma di non conoscerne i
contenuti. Al solito, l’informazione è particolarmente poco elevata
tra i giovani (tra cui il 75% dichiara di essere all’oscuro di qualunque
iniziativa referendaria) ed è più diffusa in relazione al
crescere del titolo di studio: ma anche tra i laureati non raggiunge il
30%. Peraltro, è assai poco presente anche la conoscenza nel merito
di ciò che prevede l’articolo 18 e, meno ancora, della proposta
soggetta alla valutazione degli elettori. Solo il 17% degli italiani dichiara
di saperlo precisamente. Un altro 34% ammette di esserne a conoscenza solo
«in parte». E la metà non sa neanche di cosa si tratti:
la gran parte - anche tra i lavoratori dipendenti - non conosce nemmeno
a quale legge o regolamento appartenga questo articolo 18.
E’ significativo che la conoscenza nel merito
della norma non vari granché a seconda dell’intenzione di voto al
referendum. E’ un po’ più elevata (di non molto) tra chi dichiara
di volersi recare a votare rispetto a chi intende astenersi. Ed è
solo lievemente superiore - comunque sempre sotto il 30% - tra chi tende
al no rispetto a chi dichiara di voler scegliere il sì.
Alla luce di questi dati, è comprensibile
che molti (circa la metà dell’elettorato) manifestino il proponimento
di disertare le urne. I restanti affermano di volere andare a votare: ma
occorre avvertire che questa intenzione, espressa nei sondaggi, non sempre
si traduce in comportamento effettivo.
Insomma, gli elettori, di destra come di sinistra,
intenzionati a votare o meno, propensi per il no o per il sì, mostrano
di sapere assai poco del merito della consultazione. Per ora, sembrano
discuterne compiutamente solo politici e commentatori.
Può essere che nelle prossime settimane
la campagna elettorale informi maggiormente i cittadini. Ma i dati attuali
suggeriscono che probabilmente la gran parte di quanti andranno a votare
sceglierà per «sentito dire» o sulla base di una appartenenza
politica precedente, senza una conoscenza, forse neanche approssimativa,
del contenuto del referendum e della norma che si intende modificare.
C’è da domandarsi se una consultazione
siffatta abbia senso, anche dal punto di vista del corretto funzionamento
della democrazia. Se, cioè, possa effettivamente essere considerata
una espressione vera della volontà popolare.
Indice Referendum 2003