Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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La Stampa - 8 maggio

Sì al referendum, la Cgil si schiera con Epifani
Dissenso dei «fassiniani» e «cofferatiani»: non hanno partecipato al voto
 
ROMA - Tutto come previsto: la Cgil segue con una larghissima maggioranza il segretario generale, e si schierà per il «sì» al referendum per l’estensione delle tutele dell’articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa. Non è facile immaginare se l’impegno del principale sindacato italiano contribuirà a permettere di raggiungere il quorum (e lo stesso Guglielmo Epifani continua a pensare che non sia alla portata), necessario per rendere valido il risultato. Certo è che a questo punto per il sindacato di Corso d’Italia un esito elettorale particolarmente negativo rappresenterebbe una dura batosta. Sarebbe la fine per i progetti di riforma per via legislativa della disciplina dei licenziamenti vagheggiati dalla Cgil, e diventerebbe una partita quasi persa in partenza anche il progettato referendum contro i provvedimenti del governo in tema di mercato del lavoro. E, va da sé, molti avrebbero gioco facile a mettere in discussione la strategia attuata (tra qualche mugugno) dal segretario generale Epifani. Per adesso Epifani ha visto ampiamente premiata la sua decisione, che definisce «inevitabile» e di «buon senso». Davvero ridotti, anche se di peso politico, i dissensi emersi nel Parlamentino Cgil. Dei 158 componenti, erano presenti 140. Solo due gli ordini del giorno presentati: 127 i voti a favore di quello del segretario (votata anche dalla minoranza congressuale vicina al Pdci e Rifondazione), mentre il genovese Grondona (militante storico di Lotta Comunista) ha votato il suo, per una piena adesione al referendum. I «fassiniani» e i «cofferatiani» hanno alla fine ritirato gli ordini del giorno che avevano presentato, e si sono limitati a dichiarare la non partecipazione al voto per marcare il dissenso sulla questione del referendum. Cinque dirigenti «riformisti» (il leader della Cgil milanese Panzeri, oltre a Megale, Amoretti, Castellano e Combattente), sette i sindacalisti considerati vicini a Sergio Cofferati: quattro segretari confederali (Casadio, Passoni, Chezzi e Maulucci), il leader di Firenze Gramolati, i numero uno dei tessili, Fedeli, e degli atipici, Viafora, e l’esperto di previdenza Lapadula. Epifani, nel corso della conferenza stampa seguita al Direttivo, non ha nascosto la sua soddisfazione e, nonostante la scelta del sì sia diversa da quella di Cisl e Uil, ha teso la mano alle confederazioni guidate da Savino Pezzotta e Luigi Angeletti. Quella presa oggi, ha detto, «non è stata una scelta di convenienza, ma una scelta responsabile e di coerenza» per sostenere le proposte di riforma sulle quali la Cgil ha raccolto 5 milioni di firme. Per sostenere questa scelta, ha quindi sottolineato, la confederazione «starà in campo con la sua autonomia»: dunque, «non entrerà nei comitati per il sì già esistenti», e condurrà una campagna «con le sue parole d'ordine». «Non ci stupiamo - dice Epifani - se le organizzazioni imprenditoriali invitano a votare "no", non ci stupiamo se i partiti che hanno forme di rappresentanze complesse, danno altre indicazioni. Allora, non ci si stupisca se noi che rappresentiamo chi lavora, diciamo sì». E Cofferati? Intervistato da «Radio Popolare», Epifani nega una contrapposizione: «Sergio può scegliere sulla base di un proprio convincimento personale. Il mio è un problema diverso: da segretario della Cgil devo tener conto di quelle che in Cgil sono le spinte di chi rappresento». Infine, un giudizio di grandissima preoccupazione per l’attacco di Berlusconi alla magistratura, che crea il rischio di un «corto circuito istituzionale». E mentre la Uil darà indicazione di astensione al referendum, molto critico è il giudizio del ministro del Welfare Roberto Maroni sulla scelta della Cgil per il «sì». Maroni esprime «grande preoccupazione», parla di decisione «figlia del radicalismo avventurista della segreteria Cofferati», che «rischia di creare danni irreparabili al sistema economico italiano, in particolare alle piccole e medie imprese, sopra le quali si materializza lo spettro di un'inevitabile chiusura». «La decisione della Cgil - prosegue Maroni - conferma che ancora una volta ha prevalso un atteggiamento pregiudiziale di chiara natura politica rispetto alle ragioni di merito sulle quali la stessa Cgil non aveva mancato di esprimere le sue perplessità. Questa decisione - sottolinea il ministro - rende più complicata la ricerca di un dialogo utile e costruttivo con la Cgil». Al contrario, Fausto Bertinotti esulta: «la scelta della Cgil di votare sì al referendum è di grande importanza. E lo è tanto più perchè essa è stata fatta dopo un percorso del tutto autonomo e dopo una autonoma valutazione sociale e politica».

Roberto Giovannini



 
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