Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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La Stampa - 12 maggio

Cofferati: non andrò a votare sull’art. 18 quesito inopportuno
Una scelta legata anche alla volontà del presidente di Aprile di svolgere un ruolo di equilibrio
 
ROMA - Un duro monito a Silvio Berlusconi, accusato di voler lacerare il tessuto connettivo della democrazia. Un netto no ad accordi e compromessi, a partire dal «Lodo Maccanico»: l’opposizione deve piuttosto unirsi per difendere la Costituzione. E infine, l’attesa presa di posizione sul referendum sull’articolo 18: Sergio Cofferati non andrà a votare. Una scelta personale, che non vedrà appelli all’astensione. Ma l’ex segretario della Cgil non seguirà l’invito al «sì» della confederazione di cui ha lasciato la guida solo qualche mese fa. Una scelta, questa di Cofferati, che solleverà qualche perplessità a sinistra. Del resto, già sabato a Bologna al congresso dell’Arci la evidente presa di distanza del presidente di Aprile e della Fondazione Di Vittorio dal «sì» era stata accolta con delusione da questo pezzo del «popolo di sinistra». A Bologna Cofferati aveva annunciato che ben presto avrebbe pubblicamente spiegato le sue idee; e così è stato, con interviste che appaiono su due quotidiani oggi in edicola. Il ragionamento dell’ex-leader della Cgil va letto anche in una chiave tattica, legata alla sua difficile posizione all’interno della Quercia, alla sua volontà di svolgere una funzione di «federatore» del popolo dell’Ulivo nelle sue diverse tendenze, di punto di confronto e di dialogo tra il popolo dei movimenti scesi in piazza in questi mesi (lavoro, no global, pace, girotondi) e i partiti esistenti. Non è dunque un caso che la sua valutazione sul quesito referendario si riveli a questo punto perfettamente coincidente con la posizione ufficiale dei Ds, e non possa essere più tacciata di «massimalismo». Un giudizio che peraltro nasce anche dalla personale e radicatissima convinzione di Cofferati che il referendum promosso anche da Fausto Bertinotti sia oltre che politicamente sbagliato e pericoloso anche nefasto nel merito, producendo (se vincessero i sì) un quadro normativo insostenibile. Ma l’analisi di Cofferati parte dalla tempesta polemica scatenata da Berlusconi. Il premier viene accusato di aver prodotto con strappi continui una crisi istituzionale senza precedenti. Una crisi sul versante internazionale, con il fango gettato sulle istituzioni europee rappresentate da Romano Prodi e da Giuliano Amato proprio alla vigilia del semestre di presidenza italiano dell’Ue. Ma anche sul fronte interno, con un attacco al Presidente della Repubblica Ciampi, di cui Berlusconi ignora i moniti. Il risultato: per Cofferati, è quello di una grave perdita di credibilità internazionale dell’Italia. Bene ha fatto dunque Romano Prodi - spiega Cofferati - a indignarsi dopo la discussa puntata di «Excalibur». Berlusconi, di fronte al suo esplosivo conflitto d’interessi, punta a crearsi una zona franca d’immunità cancellando il diritto di tutti i cittadini all’uguaglianza di fronte alla legge. E schiantando il pluralismo dell’informazione sovverte mediaticamente la realtà, trasformandosi da accusato e condannato in accusatore e perseguitato. Con il premier, dunque, non ha senso contrattare soluzioni - definite gravissime e inaccettabili - come l’immunità o la sospensione dei processi. Il centrosinistra meglio farebbe a battersi a fondo - con determinazione, in Parlamento, mobilitando la società civile, rilanciando l’unità a partire dalle amministrative - per difendere la Costituzione da queste aggressioni. Infine, il referendum sull’articolo 18. Cofferati ribadisce che è stato un errore promuoverlo, che la legge è l’unico modo giusto per assicurare diritti e tutele in modo equilibrato a tutto il mondo del lavoro. Di fronte all’interrogativo del voto del 15 giugno, il «no» negherebbe un problema che invece esiste, e il «sì» produrrebbe un quadro normativo insostenibile nelle piccole imprese, senza aiutare chi un lavoro dipendente non ce l’ha. Non resta che non andare a votare, anche se questa scelta definita personale, consapevole e attiva non si tradurrà in appelli all’astensione. Una scelta evidentemente diversa da quella della Cgil, di cui però Cofferati intende rispettare l’autonomia, senza formulare giudizi sulla linea scelta da Guglielmo Epifani. Per il presidente della «Di Vittorio», non ci sono contraddizioni con le mobilitazioni Cgil del 2002 e la manifestazione-monstre del 23 marzo: il diritto alla tutela dal licenziamento ingiusto esiste, ma va declinato tenendo conto della realtà dell’impresa. Forse è una scelta che non sarà capita, che verrà criticata a sinistra, ma Cofferati vuole correre questo rischio in nome dell’etica delle responsabilità.

Roberto Giovannini



 
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