Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 15 maggio
 
Movimenti, sempre più sì
Articolo 18, dall'Arci al Forum sociale europeo, fino alla rete Lilliput: il mondo dei movimenti si fa conquistare dal sì e respinge l'astensione scelta da Sergio Cofferati. «La vittoria è importante per frenare la precarietà». Il rapporto con Cofferati? «Si è incrinato. Così non può fare da tramite tra Ulivo e movimenti»
Un sì «cristiano». L'articolo 18 fa breccia anche in Pax Christi e tra i valdesi. La minoranza Cgil, già nel comitato, sceglie di fare campagna dall'interno del sindacato
 
   Antonio Sciotto
 
Anche il movimento si butta a capofitto nella campagna per il sì al referendum sull'articolo 18: molti di quelli che voteranno il 15 giugno, considerano questa battaglia come la «figlia naturale» del 23 marzo 2002, giorno in cui la Cgil portò in piazza tre milioni di persone. Il voto, anzi, viene inquadrato dai movimenti in una lotta più generale per i diritti e la pace, contro il modello neoliberista che porta avanti parallelamente guerra e iperflessibilità nel mondo del lavoro. E anche se tengono a sottolineare la propria autonomia, tutti gli interpellati si dicono delusi dalla posizione scelta da Cofferati e idealmente più lontani da lui, spostamento degli assetti non da poco per chi ha scelto di fare da tramite tra l'Ulivo e i movimenti. Prima di dare la parola ai diversi rappresentanti, vale la pena ricordare che oltre alla Cgil e all'Arci, tra le associazioni più consistenti hanno aderito al sì anche il Forum sociale europeo, il laboratorio della democrazia - i «girotondini» Pancho Pardi e Paolo Flores D'Arcais - Arcilesbica e molti circoli dell'Arcigay. La minoranza Cgil Lavoro Società, già nel comitato del sì, ha deciso di fare campagna direttamente dall'interno del sindacato. Il Forum sociale europeo, impegnatissimo nella preparazione della due giorni di luglio a Genova e del forum di novembre a Parigi, da settimane fa campagna per il sì: «Noi pensiamo che il referendum sia in questo momento l'unico strumento che può contrastare le politiche di precarizzazione che il governo ha messo in campo con la legge 30 e la delega 848bis - spiega Flavia D'Angeli, del tavolo Stop precarietà - Noi eravamo in piazza il 23 marzo e oggi votiamo sì. Non ci interessa fare alcuna polemica con Cofferati, ma certo, se davvero il suo obiettivo è quello di fare da tramite tra l'Ulivo e i movimenti, adesso questo ruolo è molto più difficile perché la scelta dell'astensione ha incrinato i rapporti. Noi scegliamo la partecipazione, e vogliamo confrontarci anche con quelli che sono per il no: infatti saremo a Santa Margherita Ligure il 7 e 8 giugno, durante il meeting dei giovani industriali».

La rete Lilliput - essendo appunto una rete, con oltre 70 «nodi» nazionali - non ha assunto una posizione nazionale ufficiale, ma a livello locale tanti si organizzano per il sì: «Molti territori avevano aderito alla battaglia dell'anno scorso con la Cgil - spiega Alberto Zoratti - e parecchi di loro si stanno orientando per il sì o entrano nei comitati. Anch'io personalmente sono per il sì, anche se temo che, se si perdesse, sarebbe un colpo molto duro. In questo come in altri casi non possiamo parlare a nome di tutti perché la nostra è un'associazione variegata. Sulla questione Cgil-Cofferati, credo comunque che chi è sceso in piazza il 23 marzo deciderà soltanto in base ai contenuti: siamo abituati a muoverci in maniera autonoma, a maggior ragione in rapporto ai grandi personaggi».

L'associazione «Terre des hommes» dibatterà sul tema la prossima settimana, ma il presidente Raffaele Salinari ha già una posizione personale molto convinta: «Io vado a votare, e voto sì. E' una battaglia di civiltà, ed è fondamentale vincere in un momento in cui vengono messi in discussione tutti i diritti, anche a causa della guerra. Chi invita all'astensione è assolutamente miope: sono rimasto interdetto dalla scelta di Cofferati, mi sembra che abbia voluto dare all'Ulivo un segnale di "ritorno all'ovile". Chi punta a essere un tramite tra movimenti e partiti dovrebbe stare un passo avanti rispetto a entrambi: fare da intermediari non vuol dire stare semplicemente nel mezzo».

Anche dal fronte dei movimenti cristiani e delle chiese arrivano inviti al sì. Tonio Dell'Olio, segretario di Pax Christi, spiega che voterà sì «perché bisogna difendere il lavoro in un momento come questo, quando sono attaccate tutte le garanzie». «La mia - continua - è una posizione personale, ma fatta propria da molti: è coerente con la storia della presenza cristiana nel mondo del lavoro. Mi sorprende la posizione di Cofferati, per me il referendum è in continuità con le battaglie del 2002». Maria Bonafede, vicemoderatore della Tavola Valdese, dice che voterà sì: «Mi sono convinta già quando il comitato raccoglieva le firme, dopo la mobilitazione dell'anno scorso». I valdesi, d'altra parte, non mancano mai in piazza quando si parla di diritti. «La chiesa non ha preso una posizione sul tema, anche se fa discutere, soprattutto i più giovani. Certo, se si dovesse perdere, per la sinistra sarebbe una vera batosta, una sconfitta in più. Ma Cofferati non mi ha convinto, né mi convince chi parla di astensione. L'articolo 18 non si tocca, ed è giusto dare tutele a chi non ne ha».



 
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