Si può, «una volta sconfitto definitivamente chi porta avanti una logica esclusivamente antagonista, una contrapposizione ideologica», concordano Sacconi e Letta. Conviene Nicola Rossi, sì, si può ricominciare a insieme purché il governo tolga dal suo decreto quelle «modifiche sperimentali all'art.18» concordate nel Patto per l'Italia con Cisl, Uil, padronato. «Norme visibilmente inadeguate ai problemi», sottolinea Rossi; altre sono le priorità delle riforme, «a partire dal Libro bianco», rincara Enrico Letta. E si capisce che, nel merito, quelle modifiche paiono agli interlocutori addirittura troppo parziali (mentre portano nella forma la sgradevole eco della rottura a sinistra e nel sindacato); infatti Letta per il futuro lavoro bipartisan esplicita la soluzione sul punto rovente dell'art.18: «L'accoppiata arbitrato-risarcimento può essere la modalità giusta su cui raccogliere un largo consenso».
Insomma, l'alleanza di oggi tra la maggioranza berlusconiana e l'Ulivo per fare fallire il referendum del 15 giugno, non è improvvisata, bensì radica da una convergenza di fondo: estendere il potere degli imprenditori sui prestatori d'opera, fino alla libertà dei licenziamenti ad personam.
A Enrico Letta si deve riconoscere il merito di enunciare la verità della posizione dell'Ulivo sull'art.18: va cancellato per tutti, quindi nel mirino ci sono direttamente quei milioni di donne e uomini che oggi pensano di essere parzialmente al riparo dai fulmini delle riforme, perché lavorano nelle aziende di dimensioni maggiori. E si capisce bene, di qui, anche il grande consenso nel centrosinistra contro il referendum del 15 giugno: non si tratta affatto solo di impedire che la difesa dai licenziamenti personali ingiusti si estenda nelle piccole aziende, in realtà c'è un contesto precedente, una presa di posizione più radicale che ora viene alla luce, e usa la battaglia contro il referendum ,«l'astensionismo militante», anche come pretesto per l'obiettivo della cancellazione generale dell'«art.18».
Così si opera il disvelamento. A confermarlo, c'è lo sperato dialogo col centrodestra sulle riforme «a partire dal Libro bianco»: ossia proprio quel testo su cui si sono costruite le deleghe berlusconiane (concorde il Patto per l'Italia) che nella legge 30 già sanciscono la libertà per le imprese di frantumarsi all'infinito, in unità più piccole finte, in catene di subappalti, con addetti che non appaiono tali perché noleggiati presso altre società, onde ribassare il prezzo del lavoro-merce, e cancellare, in forza di legge, i diritti elementari di donne e uomini nel lavoro. Questo è già avvenuto: se si «riparte» di qui, per le «riforme», allora si capisce che è perfettamente congruo il proposito della maggioranza dell'Ulivo di eliminare per tutti l'art.18.