La Stampa
- 25 maggio
Il premier: farò una campagna per l’astensione al referendum
Imbarazzo dei riformisti dell'Ulivo che si trovano sulla stessa linea
di Berlusconi
«L’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori avrebbe
effetti negativi e distorsivi» Replica Bertinotti: «Scende
in campo perché ha individuato il suo principale avversario»
ROMA - A 24 ore dalle elezioni amministative il presidente del Consiglio
rende nota una decisione importante («Farò campagna per un'astensione
motivata nel referendum sull'articolo 18») e l'Ulivo resta sul colpo,
non replica. Il centro-sinistra, sempre prontissimo a ribattere alle esternazioni
del premier, stavolta preferisce glissare, passare in silenzio la decisione
di Berlusconi. Che si è limitato a motivare così la sua decisione
di astenersi: «Ove il referendum raggiungesse il quorum o la maggioranza
dei sì» dispiegherebbe «effetti negativi e distorsivi».
A sinistra un imbarazzo comprensibile: il referendum è destinato
a spaccare seriamente il fronte: per il sì oltre a Rifondazione
(che ha promosso la consultazione), anche la Cgil, Verdi, Pdci, un vasto
fronte di movimenti di base; per l'astensione i due partiti-leader della
coalizione (Ds e Margherita) oltre ai socialisti dello Sdi, all'Udeur,
a Sergio Cofferati e ad una parte dei girotondi. In altre parole, dopo
l'annuncio di Berlusconi, l'ala riformista dell'Ulivo si trova a condividere
la stessa posizione del contestatissimo premier, oltreché della
Confindustria. Una divisione che sembrava destinata ad esplodere nei prossimi
giorni e dunque è possibile che Berlusconi abbia provato ad infilare
il cuneo in tempo utile per provocare lacerazioni più esplicite
subito prima e subito dopo le elezioni amministrative. Un primo effetto,
per quanto modesto, Berlusconi lo ha ottenuto: sulla vicenda interviene
il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti: «Berlusconi
scende in campo, individuando nell'articolo 18 il suo principale avversario.
Da questo punto di vista non gli si può dar torto. I lavoratori
possono impartire a Berlusconi la prima importante sconfitta». E
qui Bertinotti cala il primo affondo: «Possibile che i partiti del
centro-sinistra perseverino nell'errore?». Un affondo per il momento
moderato al quale i leader dell'Ulivo, a poche ore dal voto, preferiscono
non rispondere. In qualche modo "abbocca" il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro
che per contrastare Berlusconi evoca il demonizzatissimo Craxi: «E'
scandaloso che il presidente del Consiglio cerchi di boicottare il voto
e che un premier inviti ad astenersi è già accaduto, ma gli
italiani risposero, andando a votare». Un parallelo che può
portare in un vicolo pericoloso: se è vero che Berlusconi imita
Craxi, allora anche Fassino, Rutelli, Parisi e Cofferati in qualche modo
possono essere considerati tardi epigoni del leader socialista. Si pronuncia
anche Antonio Di Pietro, che affronta la questione con la proverbiale semplicità:
«Oggi il quesito si pone così: stai dalla parte dei lavoratori
o dei padroni? Io, Antonio Di Pietro, sono stato sempre dalla parte dei
più deboli e per questo voto sì». Fa sentire la sua
voce anche uno dei leader del correntone ds, Cesare Salvi: «Dal presidente
del Consiglio arriva un attacco ad un istituto democratico come il referendum.
Una ragione in più per votare sì». Nella sua esternazione
da Lussemburgo Berlusconi non ha voluto dare ulteriori spiegazioni su come
dispiegherà la sua campagna per l'astensione, se e come si coordinerà
con la campagna per il no caldeggiata dalla Lega. In compenso, per capire
come si muoverà Forza Italia nei prossimi giorni, basta seguire
il vicepresidente dei deputati azzurri Fabrizio Cicchitto: «Salvi
non dovrebbe prendersela con Berlusconi, ma con i suoi compagni di partito
che per primi si sono pronunciati contro il referendum. Ancora una volta
la sinistra cerchi di mettersi d'accordo con se stessa, anziché
demonizzare l'avversario».
Fabio Martini