Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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La Stampa - 25 maggio
 
Il premier: farò una campagna per l’astensione al referendum
Imbarazzo dei riformisti dell'Ulivo che si trovano sulla stessa linea di Berlusconi
«L’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori avrebbe effetti negativi e distorsivi» Replica Bertinotti: «Scende in campo perché ha individuato il suo principale avversario»
 
ROMA - A 24 ore dalle elezioni amministative il presidente del Consiglio rende nota una decisione importante («Farò campagna per un'astensione motivata nel referendum sull'articolo 18») e l'Ulivo resta sul colpo, non replica. Il centro-sinistra, sempre prontissimo a ribattere alle esternazioni del premier, stavolta preferisce glissare, passare in silenzio la decisione di Berlusconi. Che si è limitato a motivare così la sua decisione di astenersi: «Ove il referendum raggiungesse il quorum o la maggioranza dei sì» dispiegherebbe «effetti negativi e distorsivi». A sinistra un imbarazzo comprensibile: il referendum è destinato a spaccare seriamente il fronte: per il sì oltre a Rifondazione (che ha promosso la consultazione), anche la Cgil, Verdi, Pdci, un vasto fronte di movimenti di base; per l'astensione i due partiti-leader della coalizione (Ds e Margherita) oltre ai socialisti dello Sdi, all'Udeur, a Sergio Cofferati e ad una parte dei girotondi. In altre parole, dopo l'annuncio di Berlusconi, l'ala riformista dell'Ulivo si trova a condividere la stessa posizione del contestatissimo premier, oltreché della Confindustria. Una divisione che sembrava destinata ad esplodere nei prossimi giorni e dunque è possibile che Berlusconi abbia provato ad infilare il cuneo in tempo utile per provocare lacerazioni più esplicite subito prima e subito dopo le elezioni amministrative. Un primo effetto, per quanto modesto, Berlusconi lo ha ottenuto: sulla vicenda interviene il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti: «Berlusconi scende in campo, individuando nell'articolo 18 il suo principale avversario. Da questo punto di vista non gli si può dar torto. I lavoratori possono impartire a Berlusconi la prima importante sconfitta». E qui Bertinotti cala il primo affondo: «Possibile che i partiti del centro-sinistra perseverino nell'errore?». Un affondo per il momento moderato al quale i leader dell'Ulivo, a poche ore dal voto, preferiscono non rispondere. In qualche modo "abbocca" il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro che per contrastare Berlusconi evoca il demonizzatissimo Craxi: «E' scandaloso che il presidente del Consiglio cerchi di boicottare il voto e che un premier inviti ad astenersi è già accaduto, ma gli italiani risposero, andando a votare». Un parallelo che può portare in un vicolo pericoloso: se è vero che Berlusconi imita Craxi, allora anche Fassino, Rutelli, Parisi e Cofferati in qualche modo possono essere considerati tardi epigoni del leader socialista. Si pronuncia anche Antonio Di Pietro, che affronta la questione con la proverbiale semplicità: «Oggi il quesito si pone così: stai dalla parte dei lavoratori o dei padroni? Io, Antonio Di Pietro, sono stato sempre dalla parte dei più deboli e per questo voto sì». Fa sentire la sua voce anche uno dei leader del correntone ds, Cesare Salvi: «Dal presidente del Consiglio arriva un attacco ad un istituto democratico come il referendum. Una ragione in più per votare sì». Nella sua esternazione da Lussemburgo Berlusconi non ha voluto dare ulteriori spiegazioni su come dispiegherà la sua campagna per l'astensione, se e come si coordinerà con la campagna per il no caldeggiata dalla Lega. In compenso, per capire come si muoverà Forza Italia nei prossimi giorni, basta seguire il vicepresidente dei deputati azzurri Fabrizio Cicchitto: «Salvi non dovrebbe prendersela con Berlusconi, ma con i suoi compagni di partito che per primi si sono pronunciati contro il referendum. Ancora una volta la sinistra cerchi di mettersi d'accordo con se stessa, anziché demonizzare l'avversario».

Fabio Martini



 
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