La Stampa
- 25 maggio
Berlusconi si astiene
Le reazioni di due esponenti dell'opposizione. Il diessino schierato
per il Sì e il coordinatore dell'esecutivo della Margherita
ROMA - SENATORE Salvi, lei è uno dei promotori del referendum
sull’articolo 18, che cosa pensa di Silvio Berlusconi che ha annunciato
che inviterà gli italiani a disertare le urne?
«Intanto mi auguro che dopo questo annuncio cambi qualcosa».
In che senso, scusi?
«Sì che cambi qualcosa per coloro che, nel centrosinistra
e nel mio partito, pensavano di astenersi il 15 giugno, al referendum.
Spero che ci ripensino».
Senatore, come giudica un presidente del Consiglio che prende ufficialmente
posizione a favore dell’astensionismo?
«Sin da quando il governo ha deciso di indire il referendum il
15 giugno era evidente l’intento del centrodestra: quello di puntare al
non raggiungimento del quorum per far fallire l’iniziativa referendaria.
E questo perchè Berlusconi e i suoi sanno benissimo che in realtà
la maggioranza dei cittadini è favorevole al sì, e che se
è vero che la più parte di questi sono elettori di centrosinistra,
è anche vero che vi è pure una fetta del loro elettorato.
Insomma è una scelta studiata, quella di Silvio Berlusconi».
Finora, però, il presidente del Consiglio non aveva mai esplicitato
questa sua opzione astensionista.
«Già, adesso ha fatto questo appello pubblico e aperto
ai cittadini perchè non vadano a votare. Ed è veramente inquietante
che un presidente del Consiglio inviti gli elettori a disertare le urne
in occasione di una scadenza istituzionale. Anche se mi rendo conto che
questo fatto rischia di avere minore valenza di quanta ne debba avere dal
momento che anche il maggior partito dell’opposizione, cioè i Ds,
sembrano orientati all’astensionismo».
I Ds, senatore Salvi, sono il suo partito.
«Sì e proprio per questo io spero fino all’ultimo che
cambino orientamento, tanto più dopo la grave presa di posizione
del presidente del Consiglio che attacca un importante istituto di democrazia
diretta».
L’astensionismo al referendum, comunque, è previsto, non è
un attacco alla democrazia.
«Quello che sta avvenendo, diciamocelo chiaramente, è
un imbroglio. Adesso c’è questo nuovo andazzo: non si fa più
una battaglia per il “no”, si aggiunge all’astensionismo fisiologico un’altra
fetta di elettori che non va a votare e in questo modo si ottiene il risultato
di far fallire il referendum. Si tratta di un’alterazione della democrazia».
A cui, però, partecipano tutti: inclusa la maggioranza dell’Ulivo.
«In un sistema maggioritario il referendum è uno strumento
particolarmente rilevante. Serve a verificare se la maggioranza del Parlamento
e la maggioranza dei cittadini coincidono. Oltre tutto, per quel che riguarda
specificatamente il quesito che prevede l’estensione dell’articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori non c’è alcuna forzatura nell’uso di questo
strumento. In ballo c’è una questione di cui si discute da molto
tempo e che è giusto sottoporre al vaglio dei cittadini. E’ questa
la logica referendaria».
Di nuovo: è una logica referendaria che però non viene
accettata dai maggiori partiti del centrosinistra, Ds e Margherita, che
su questo punto almeno la pensano come Berlusconi.
«E la cosa è preoccupante, perchè se passa questo
andazzo l’istituto del referendum viene ucciso. Purtroppo tutto ciò
avviene con il consenso del mio versante politico. Il bello è che
in questi mesi il centrosinistra ha ipotizzato di proporre tanti referendum
- sulle rogatorie, sulla Cirami, sul conflitto d’interessi - e adesso che
c’è sul serio un referendum decide di farlo fallire. Ma bisogna
stare molto attenti, perchè di questo passo potrebbe accadere che
gli elettori decideranno di astenersi anche quando sarà l’Ulivo
a chiedere il voto».