«Tutti sbagliati», replica la segretaria della Cisl milanese
Maria Grazia Fabrizio che ha chiesto alla Fisascat di inviare ai tesserati
anche una lettera che spiega perché la Cisl, «prima di tutti
gli altri», ha scelto la strada dell'astensione. Una decisione assunta
«all'unanimità dall'esecutivo nazionale della Cisl»,
sottolinea Fabrizio, che la Fisascat era tenuta a rispettare.
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Milano: i tre segretari della Fisca, contrari all'astensione, invitano
gli iscritti a votare sì
Critiche a Pezzotta. «Non capiamo perché un sindacato
deve far fallire un referendum che chiede giustizia per tutti i propri
rappresentati»
MANUELA CARTOSIO
MILANO - Udite, udite. In casa Cisl c'è qualcuno che non è
d'accordo con l'Orso bianco Pezzotta e, soprattutto, lo dice. Anzi, lo
scrive e si firma con nome e cognome. Il 15 giugno i tre segretari della
Fisascat Cisl di Milano non andranno al mare, andranno a votare sì
al referendum per l'estensione dell'articolo 18. Gilberto Mangone, Luigino
Pezzuolo ed Elena Vanelli, segretari della Cisl commercio, hanno scritto
una lettera ai loro 12 mila tesserati. Lunga quattro pagine. Le prime due
sono piene di preoccupazione e sdegno per le minacce, le intimidazioni
e le offese alla Cisl e al suo segretario generale. A rinforzo, e per evitare
equivoci, segue bacchettata alla Fiom: la responsabilità del contratto
separato dei metalmeccanici è tutta sua. La musica cambia nelle
due ultime pagine dove i tre segretari prendono di petto il referendum
sull'articolo 18. «Non comprendiamo come un'organizzazione sindacale,
che ha anche interessi di parte da difendere, possa pensare di far fallire
un referendum, per quanto non condivisibile come strumento, che pone una
domanda di giustizia sostanziale per tutti i propri rappresentati».
Seguono ben dieci considerazioni «di carattere squisitamente sindacale»
e «scevre da ogni possibile strumentalizzazione politica» che
depongono contro l'astensione e a favore del sì. Ne citiamo alcune.
Come è possibile che la Cisl pretenda di conquistare all'astensione
chi ha tutele solo parziali e, disertando le urne, conseguirebbe il formidabile
risultato di non ottenere ciò che da sempre vuole? All'esito del
referendum sono interessati lavoratori e lavoratrici, moltissimi stranieri,
che si presentano negli nostri uffici «pieni di disperazione»,
perché costretti a lavorare in nero, perché gli sono negati
i diritti minimi, perchè hanno subito molestie sessuali e, senza
lo scudo dell'art.18, «non sanno come comportarsi». All'esito
del referendum sono interessati quelli che oggi hanno paura di iscriversi
al sindacato o lo fanno di nascosto. All'esito del referendum sono interessati
anche i lavoratori coperti dall'art.18: votando sì hanno modo di
difendere «il più importante strumento legislativo capace
di salvaguardare diritti, dignità e libertà nella vita lavorativa».
Uno strumento messo sotto pesante attacco dal governo, aggiungono i tre
segretari, consapevoli che la vera posta in gioco il 15 giugno è
la sopravvivenza dell'art.18 per tutti. Botta finale: da nessuno, e tanto
meno da chi fa sindacato, possiamo accettare l'equazione «meno diritti
e tutele, più occupazione». Se così fosse, «per
coerenza», in nome della piena occupazione andrebbe abolito tutto.
Tutele, leggi, contratti, sindacati, «Cisl compresa!».Per tutte
queste ragioni, la Fisascat Cisl di Milano «ha deciso che andrà
a votare e voterà sì». Non è un atto di coraggio,
ma l'espressione legittima di «un'obiezione di coscienza»,
dettata da ragioni di merito e per esercitare un diritto civile - il voto
- che la Repubblica italiana assegna a ogni cittadino. Per ora la reazione
della Cisl milanese è soft. La segretaria Maria Grazia Fabrizio
ha chiesto alla Fisascat di far pervenire ai suoi iscritti «un'altra
lettera che spiega le ragioni dell'astensione, decisa all'unanimità
dall'esecutivo nazionale della Cisl». La Cisl non è padrona
del voto dei suoi iscritti, concede Fabrizio, «ma qui si tratta di
un organismo di categoria territoriale che non rispetta la decisione di
un organismo confederale nazionale». Liberissimi i tre segretari
della Fisascat di dire ai loro iscritti di votare come credono, ma indicando
il sì sono «andati oltre». Fabrizio non salva neppure
uno dei dieci punti elencati dalla Fisascat. «Sono tutti sbagliati,
ce ne fosse uno giusto all'esecutivo avrei votato contro l'astensione».
Berlusconi annuncia che farà campagna per l'astensione. «Arriva
buon ultimo e non mi imbarazza. La Cisl è stata la prima a scegliere
l'astensione come metodo migliore per far fallire un referendum sbagliato,
i compagni di viaggio non mi interessano». Neppure Cofferati? «Lui
sì che è incoerente, ha raccolto folle osannanti per poi
disilluderle». Tutto per fare il sindaco di Bologna?