Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 31 maggio
 
«Votiamo sì, per dare più diritti a tutti»
 
Chiriaco, Flai Cgil: «Il governo sta smantellando le tutele, solo il referendum può bloccarlo»
 
ANTONIO SCIOTTO
 
La Flai Cgil, il sindacato dei lavoratori dell'agroindustria, ha avviato la campagna per il sì al referendum a tamburo battente. Nel manifesto, ci tiene a far notare il segretario generale Franco Chiriaco, è evidente la piena continuità con le lotte dell'anno scorso, il 23 marzo dei tre milioni al Circo Massimo: «Tu vota sì» è lo slogan che richiama il fortunatissimo «tu sì, tu no» del 2002. La Flai incrocia le dita, certo, ma per raggiungere il quorum la fortuna non basta e allora via con le affissioni e i dibattiti in tutta Italia, anche se è arduo - non bisogna nasconderselo - che il semplice e comunque insostituibile porta a porta possa coprire le gravi mancanze della televisione, soprattutto la Rai, nell'epoca in cui l'informazione passa principalmente per il piccolo schermo.

Ma perché i lavoratori, anche quelli del comparto agricolo e dell'industria alimentare, il 15 giugno dovrebbero votare sì?

Per un motivo più prettamente sindacale, l'estensione a tutti dell'articolo 18, battaglia in continuità con quella dell'anno scorso, ma anche per mantenere vivo il movimento conflittuale contro questo governo, che sta abbattendo i diritti, non solo quelli del lavoro. Il sì sostiene le riforme e i progetti di legge Cgil, la lotta per le pensioni, per l'occupazione, contro le deleghe di Maroni, per il rinnovo dei contratti. Prendiamo il nostro rinnovo, ad esempio, che riguarda 400 mila lavoratori dell'industria alimentare. Le controparti ci hanno messo sul tavolo il decreto legge 66 sull'orario di lavoro, approvato di recente, che noi riteniamo inconcepibile: si passa dalle 8 ore lavorative per arrivare addirittura a 13, con 11 di riposo. La minaccia è che si istituisca una settimana di 48 ore lavorative, contate sull'anno lavorato e non più sul solare. Insomma, addio alle classiche 8 ore delle mondine, dovremmo ritornare in piazza per riconquistare daccapo diritti minimi ed essenziali che sembravano ormai acquisiti definitivamente. Con Cisl e Uil manteniamo l'unità in piattaforma per respingere la legge 30, quella che precarizza il lavoro, ma bisogna capire che il nodo fondamentale è il referendum, perché frena tutto questo meccanismo e può aprire una nuova stagione dei diritti.

Come rispondete a quelli che dicono che la vittoria del sì sarebbe «disastrosa» per le piccole imprese?

E' un argomento assolutamente fuori luogo. Nel nostro settore il 90% delle aziende è di piccole dimensioni e io ho quotidianamente a che fare con gli imprenditori: loro non parlano mai dell'articolo 18 come di un problema. Le loro richieste riguardano l'accesso al credito, le infrastrutture e l'agibilità del territorio, la difesa dei prodotti nel mercato e delle esportazioni.

Quali sarebbero, dunque, gli scenari in occasione di una vittoria del sì? E nel caso vincessero i no?

Se vince il no, e questo dovrebbero averlo chiaro tutti quelli che hanno sostenuto le battaglie della Cgil l'anno scorso, il ministro Maroni avvierà la sperimentazione prevista dalla delega 848bis, quella che sospende per tre anni l'articolo 18 alle imprese che assumendo superino i 15 dipendenti. Anzi, addirittura vorrebbe peggiorare quel testo, anche se ultimamente Cisl e Uil si sono dette contrarie a una modifica del patto per l'Italia. Inoltre, sarebbe molto più dura opporsi agli aspetti più negativi della legge 30, che con i decreti attuativi introdurrà il lavoro a chiamata, il part time elastico, lo staff leasing e altri rapporti assolutamente peggiorativi rispetto ai livelli attuali di precarietà, già molto alti. Se vince il sì, invece, si aprirà una stagione favorevole all'accoglimento delle proposte di legge della Cgil, che prevedono l'estensione dei diritti ai lavoratori precari, i co.co.co. e tutte le altre categorie del mondo dell'«atipico». Il vero limite del dibattito è che l'informazione è falsata, il tema viene oscurato dai media, dagli stessi partiti e soggetti che hanno scelto di astenersi, preferendo la linea del «meno se ne parla e meglio è».

Tra chi boicotta ci sono anche pezzi dell'opposizione, lo stesso ex segretario generale Cgil Cofferati.

Infatti, sono scelte che ritengo incomprensibili: proprio non riesco a capire come l'opposizione non colga ancora l'enorme importanza che sta acquistando il referendum per opporsi alle politiche del governo. Chi non intende questo o è in mala fede o davvero non capisce. I semplici cittadini, i lavoratori, non distinguono tra articolo 18 e una qualsiasi soglia per l'applicazione di quel diritto. Eppure sindacati come la Cisl e la Uil si sono accodati alla campagna astensionistica, in ottima compagnia, direi, insieme a Confindustria, al governo Berlusconi, agli stessi partiti e singoli esponenti dell'opposizione che invitano ad andare al mare. Noi abbiamo deciso di stare dalla parte dei lavoratori, e al mare non ci andiamo.

Proprio dal fronte dell'opposizione, dopo il buon risultato delle amministrative, si riparla di un'alleanza tra Ulivo e Rifondazione in vista delle politiche del 2006, e ha fatto capolino l'ipotesi di un sì «tecnico» dei Ds, lanciata da Fausto Bertinotti.

Se questa alleanza si gioca sui programmi, non può che essere positiva. Noi, al di là di tutto, come sindacato continuiamo la campagna per il sì. Saremo presenti all'assemblea dei delegati Cgil che si terrà il 9 giugno all'Eur, ma in questi giorni tutti i quadri e delegati Flai stanno attraversando l'Italia per diffondere l'invito al sì: tra le altre iniziative, ad esempio, io sarò a una manifestazione a Ferrara il prossimo 11 giugno. Che il sì sia «tecnico» o meno, comunque, un appello ai Ds lo lanciamo anche noi: ripensateci, purché però alla fine il vostro sia un sì.



 
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