Sempre dal fronte della Cgil, Emilio Viafora, segretario del Nidil, dice che «il governo e molti mezzi di informazione stanno diffondendo l'idea che da atipici e flessibili si stia bene, sostenuti dalla recente ricerca del Censis realizzata per le Acli che faceva apparire buona parte dei cococo come persone di successo o che hanno la possibilità di progettare autonomamente la propria vita». «La realtà dei precari - aggiunge il segretario della Cgil degli atipici - è molto meno idilliaca: il loro stipendio medio annuale si aggira intorno ai 23 milioni di vecchie lire, e per le donne addirittura questa cifra si dimezza, arrivando ai 7 milioni percepiti dalle lavoratrici del Sud. La maggior parte hanno tra i 39 e i 45 anni, e dunque non sono affatto lavoratori in prova, senza contare tutte quelle figure come gli "associati in partecipazione" o gli occasionali, l'anno scorso oltre 350 mila, che le aziende fanno figurare come propri soci: in molti casi non sono nè più nè meno di semplici commesse, che non conoscono i bilanci dell'impresa. Ero contrario al referendum perché penso che una sconfitta possa indebolire il movimento, ma oggi, coerentemente a quello che ha scelto la mia organizzazione, dico di andare a votare soprattutto per contrastare successivamente il maxidecreto che precarizza il lavoro».
Dalla sinistra giovanile, la netta contrarietà rispetto alla linea dell'astensione scelta dai Ds: all'interno dei giovani diessini passa una vera e propria spaccatura, con il segretario Fancelli che voleva addirittura organizzare comitati per boicottare il referendum facendo propria la linea fassiniano-margheritiana, e con la sinistra di Aprile e Socialismo 2000 che invece invita a votare sì. Per il sì anche l'Udu, associazione degli studenti universitari, e l'Uds, degli studenti medi. «Non è affatto vero che bisogna togliere diritti a chi li ha già, per darne a chi non ne ha - dice Claudia Pratelli, Uds - Ci rifiutiamo di sottostare al ricatto che ci viene posto: o lavoro o diritti. I diritti dei genitori non possono essere in contrasto con quelli dei figli in un paese che voglia basarsi sulla coesione». E Luca, dell'Udu, aggiunge che «termini come "somministrazione di manodopera" o "lavoro prepagato" danno l'idea che il governo voglia rendere definitivamente il lavoro una merce».
Luca Cattolico, della segreteria nazionale Arci, invita «a non ascoltare gli astensionisti, diffusi nella stessa sinistra, come Cofferati: la battaglia per l'estensione dell'articolo 18 si iscrive nelle lotte del movimento, da Genova al 23 marzo, fino alle grandi marce pacifiste di quest'anno». E concludiamo con una lavoratrice che non è atipica, ma che rende l'idea di come il referendum e la lotta alla precarietà tocchino ormai anche i cosiddetti «garantiti». E' Rosalinda Litterio, dipendente di Ipse 2000, l'operatore Umts mai decollato, che da oltre 600 dipendenti si è ridotto a 135, minacciando di licenziare i superstiti: «A molti di noi, alcuni di 40 anni e con famiglia, sono stati offerti impieghi da cococo, per questo fino a oggi restiamo in Ipse. Il 15 giugno votiamo sì per dare un futuro migliore a tutti i lavoratori, dipendenti e non».