Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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il manifesto - 8 giugno
 
Il sì degli atipici
 
La vittoria al referendum potrà garantire più diritti anche ai lavoratori precari. Cgil, Arci, Sinistra giovanile e associazioni studentesche unite per invitare alla partecipazione. L'estensione dell'articolo 18 è un occasione per tutti, dopo partirà la battaglia contro la maxidelega sul lavoro varata dal governo Berlusconi
 
ANTONIO SCIOTTO
 
ROMA - Il 15 e 16 giugno i lavoratori atipici voteranno sì. E' davvero l'unico modo, in questo momento, per fermare il fiume in piena della precarietà, soprattutto dopo l'apertura dell'ultima diga, il maxidecreto sul lavoro varato dal governo Berlusconi. L'unico rimedio, ma non isolato: può anzi aprire una stagione di riforme e di lotte per dare più diritti e contrastare la cosiddetta legge Biagi, oltre ad assestare la prima sonora sconfitta all'attuale maggioranza. E non bisogna dimenticare che, dopo l'antipasto a base di job on call e staff leasing, l'esecutivo tiene in serbo l'ammazzacaffè da servire subito dopo la conclusione del referendum: si chiama delega 848bis, ovvero lo smantellamento dell'articolo 18 per chi ce lo ha già. E che la vittoria del sì possa scaraventare nella pattumiera quest'ultima delizia è fuori di dubbio. A rinnovare l'invito per il sì ci hanno pensato ieri la Cgil, l'Arci, la sinistra giovanile, le associazioni degli studenti universitari e medi che da Roma hanno idealmente risposto agli altri giovani, quelli che al contrario fanno il tifo per la precarietà e la deregulation, i confindustriali riuniti a Santa Margherita Ligure. «Bisogna votare sì per bloccare il disegno del governo, che sta deregolamentando tutti i settori della vita dei cittadini, dalla scuola alla salute, fino al lavoro - dice Paolo Nerozzi, segretario confederale Cgil - E proprio nel lavoro sta il futuro delle persone, la possibilità di realizzarsi e sognare, di comprare una casa e costruire una famiglia: la precarietà uccide tutto questo e getta nella disperazione. E' indecente parlare della fine dei co.co.co., come ha fatto Berlusconi propagandando il maxidecreto sul lavoro: i precari, al contrario, aumenteranno e saranno sempre più soli. La Cgil vota sì perchè vuole portare avanti i propri disegni di legge e dare veri diritti a chi non ne ha, ma anche per difendere lo strumento del referendum, sotto attacco insieme ad altri istituti della Costituzione. Non dobbiamo abbassare la guardia rispetto alle lotte degli ultimi due anni, il movimento per il lavoro e la pace non si deve fermare».

Sempre dal fronte della Cgil, Emilio Viafora, segretario del Nidil, dice che «il governo e molti mezzi di informazione stanno diffondendo l'idea che da atipici e flessibili si stia bene, sostenuti dalla recente ricerca del Censis realizzata per le Acli che faceva apparire buona parte dei cococo come persone di successo o che hanno la possibilità di progettare autonomamente la propria vita». «La realtà dei precari - aggiunge il segretario della Cgil degli atipici - è molto meno idilliaca: il loro stipendio medio annuale si aggira intorno ai 23 milioni di vecchie lire, e per le donne addirittura questa cifra si dimezza, arrivando ai 7 milioni percepiti dalle lavoratrici del Sud. La maggior parte hanno tra i 39 e i 45 anni, e dunque non sono affatto lavoratori in prova, senza contare tutte quelle figure come gli "associati in partecipazione" o gli occasionali, l'anno scorso oltre 350 mila, che le aziende fanno figurare come propri soci: in molti casi non sono nè più nè meno di semplici commesse, che non conoscono i bilanci dell'impresa. Ero contrario al referendum perché penso che una sconfitta possa indebolire il movimento, ma oggi, coerentemente a quello che ha scelto la mia organizzazione, dico di andare a votare soprattutto per contrastare successivamente il maxidecreto che precarizza il lavoro».

Dalla sinistra giovanile, la netta contrarietà rispetto alla linea dell'astensione scelta dai Ds: all'interno dei giovani diessini passa una vera e propria spaccatura, con il segretario Fancelli che voleva addirittura organizzare comitati per boicottare il referendum facendo propria la linea fassiniano-margheritiana, e con la sinistra di Aprile e Socialismo 2000 che invece invita a votare sì. Per il sì anche l'Udu, associazione degli studenti universitari, e l'Uds, degli studenti medi. «Non è affatto vero che bisogna togliere diritti a chi li ha già, per darne a chi non ne ha - dice Claudia Pratelli, Uds - Ci rifiutiamo di sottostare al ricatto che ci viene posto: o lavoro o diritti. I diritti dei genitori non possono essere in contrasto con quelli dei figli in un paese che voglia basarsi sulla coesione». E Luca, dell'Udu, aggiunge che «termini come "somministrazione di manodopera" o "lavoro prepagato" danno l'idea che il governo voglia rendere definitivamente il lavoro una merce».

Luca Cattolico, della segreteria nazionale Arci, invita «a non ascoltare gli astensionisti, diffusi nella stessa sinistra, come Cofferati: la battaglia per l'estensione dell'articolo 18 si iscrive nelle lotte del movimento, da Genova al 23 marzo, fino alle grandi marce pacifiste di quest'anno». E concludiamo con una lavoratrice che non è atipica, ma che rende l'idea di come il referendum e la lotta alla precarietà tocchino ormai anche i cosiddetti «garantiti». E' Rosalinda Litterio, dipendente di Ipse 2000, l'operatore Umts mai decollato, che da oltre 600 dipendenti si è ridotto a 135, minacciando di licenziare i superstiti: «A molti di noi, alcuni di 40 anni e con famiglia, sono stati offerti impieghi da cococo, per questo fino a oggi restiamo in Ipse. Il 15 giugno votiamo sì per dare un futuro migliore a tutti i lavoratori, dipendenti e non». 



 
Indice Referendum 2003