Riforme Istituzionali
Referendum 2003
 
Rassegna stampa
 
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il Riformista - 12 giugno
 
Editoriale: La servitù non ci piace figurarsi se è coattiva - http://www.ilriformista.it/documenti/editoriale.asp?id_doc=8081
 
Servitù coattiva. Già questa micidiale accoppiata lessicale risveglia istinti abrogativi, a prescindere. Ma, superato lo shock uditivo, ci sono altre e più fondate ragioni per votare sì al referendum sulla «servitù coattiva di elettrodotto», il secondo e meno noto quesito su cui si voterà domenica e lunedì prossimi. In soldoni si tratta di questo: in base a un regio decreto del 1933 la legislazione vigente permette ai gestori di imporre il passaggio di un elettrodotto attraverso le proprietà pubbliche e private indipendentemente dalla volontà dei proprietari o degli amministratori. E’ evidente che, data alla mano, la legge ha avuto una sua ragion d’essere: solo in questo modo lo Stato poteva garantire l’elettrificazione del paese. Oggi il quadro è ben diverso. La posa di nuovi elettrodotti ha meno a che fare con le esigenze di servizio pubblico e più con quelle del mercato: lo Stato non è più monopolista del settore e, più che la distribuzione della corrente, l’installazione di nuove linee riguarda la comunicazione mobile. C’è, inoltre, il problema di contenere i livelli di elettrosmog. La prima questione solleva già una contraddizione di fondo: come si può, nel quadro della incipiente liberalizzazione del settore elettrico, accettare una legislazione che si richiama al valore superiore della ragion di Stato? Se vincono i sì i gestori dovranno concordare e ponderare i nuovi tracciati di elettrodotti con i proprietari dei terreni e con gli enti locali. Come è giusto che sia in un’economia di mercato, il consenso dei proprietari deriverebbe non più dall’adempimento di un obbligo legale, con un’indennità predeterminata per legge, ma piuttosto da valutazioni di opportunità economica, ovvero di tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Secondo i promotori del referendum l’abrogazione della servitù coattiva determinerà infatti anche una diminuzione dell’uso delle linee elettriche aeree a vantaggio dell’interramento dei cavi, con relativa diminuzione dell’impatto inquinante sul territorio. E qui sorge la possibile controindicazione. Secondo alcuni addetti ai lavori, non potendo più contare sul basso costo d’uso dei suoli "espropriati", le compagnie saranno costrette a scaricare sugli utenti i maggiori costi di distribuzione. L’Enel ha già promesso bollette più pesanti in caso di vittoria dei sì. Forse, però, vale la pena correre il rischio e confidare nel fatto che, a medio termine, i benefici della concorrenza tra privati compensino la perdita dei vantaggi di servitù.
 
 



 
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