Riforme
Istituzionali
SENTENZA N. 44 - ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
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Riccardo CHIEPPA
-
Gustavo ZAGREBELSKY
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Carlo MEZZANOTTE
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Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
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Annibale MARINI
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Franco BILE
-
Giovanni Maria FLICK
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Francesco AMIRANTE
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Ugo DE SIERVO
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Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
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Presidente
Giudice
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ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, primo comma, della
legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum
popolare per l'abrogazione della servitù coattiva di elettrodotto
stabilita dall'art. 119 del testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775, il quale dispone: «Ogni proprietario è tenuto a dare
passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche aeree e sotterranee
che esegua chi ne abbia ottenuto permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione
dall'autorità competente», nonché dall'art. 1056 del
codice civile, secondo cui: «Ogni proprietario è tenuto a
dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità
delle leggi in materia», giudizio iscritto al n. 136 del registro
referendum.
Vista
l'ordinanza del 9 dicembre 2002 con la quale l'Ufficio centrale per il
referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato conforme
a legge la richiesta;
udito
nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 il Giudice relatore Annibale
Marini;
udito
l'avvocato Carlo Rienzi per i presentatori Giuliani Livio, Boscaino Paola,
Lion Marco, Pagliai Adriana Lorenza, Musacchio Roberto e Scotton Natalina.
Ritenuto in fatto
1.- L'Ufficio centrale per il referendum, costituito
presso la Corte di cassazione ai sensi della legge 25 maggio 1970, n. 352,
e successive modifiche ed integrazioni, con ordinanza in data 9 dicembre
2002 ha dichiarato legittima la richiesta di referendum popolare,
presentata il 23 aprile 2002 da trentadue cittadini, per l'abrogazione
della servitù coattiva di elettrodotto.
La
richiesta di referendum ha ad oggetto il seguente quesito: «Volete
che sia abrogata la servitù di elettrodotto stabilita: dall'art.
119 del testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti
elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il quale
stabilisce: “Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi
fondi alle condutture elettriche aeree e sotterranee che esegua chi ne
abbia ottenuto permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione dall'autorità
competente”; nonché dall'art. 1056 del codice civile: “Ogni proprietario
è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche,
in conformità delle leggi in materia”?».
Al
quesito l'Ufficio centrale ha attribuito il seguente titolo: «Servitù
coattiva di elettrodotto: abrogazione», in tal senso correggendo
quello indicato dai promotori («Elettrodotto coattivo – per l'abrogazione
dell'elettrodotto coattivo»).
2.-
Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale per il referendum,
il Presidente di questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione,
la camera di consiglio del 14 gennaio 2003, disponendo che ne fosse data
comunicazione ai presentatori della richiesta di referendum e al
Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, secondo comma,
della legge 25 maggio 1970, n. 352.
3.-
Nell'imminenza della camera di consiglio il comitato promotore e presentatore
dei referendum abrogativi in materia ambientale ha depositato un
«atto di costituzione e memoria illustrativa», insistendo per
la declaratoria di ammissibilità della richiesta.
Ad avviso del comitato promotore non sussisterebbe, infatti,
alcuna delle cause di inammissibilità previste dall'art. 75, secondo
comma, della Costituzione o individuate, nel tempo, dalla giurisprudenza
costituzionale.
Dovrebbe,
in particolare, escludersi che l'abrogazione della servitù prevista
dall'art. 119 del testo unico sulle acque e impianti elettrici e dall'art.
1056 cod. civ. si traduca in un impedimento insuperabile alla elettrificazione
e dunque al progresso.
In
primo luogo, il bilanciamento tra accelerazione del progresso e sostenibilità
ambientale costituisce – secondo i promotori - tipica materia di decisione
politica e, quindi, possibile oggetto della consultazione referendaria.
Secondariamente,
dovrebbe considerarsi che la normativa di cui si chiede l'abrogazione ha
favorito un modello di sviluppo energetico basato sulla concentrazione
dei centri di produzione dell'energia elettrica e sul trasporto e la distribuzione
dell'energia attraverso una rete di elettrodotti di centinaia di migliaia
di chilometri, addirittura sovradimensionata rispetto alle effettive esigenze
del Paese. L'affermazione di tale modello – dovuta principalmente alla
bassa incidenza del costo di utilizzo del suolo su cui sorgono gli elettrodotti
- avrebbe di fatto impedito lo sviluppo delle tecnologie di produzione
dell'energia ed in particolare di quelle legate alle fonti rinnovabili,
cosicché l'abrogazione delle norme sottoposte a referendum
porterebbe ad un riequilibrio del mercato tale da favorire l'innovazione
tecnologica.
Considerato,
da ultimo, che, secondo una consolidata interpretazione giurisprudenziale,
la installazione di nuovi elettrodotti non necessita di autorizzazione
edilizia, l'abrogazione della normativa interessata dal quesito referendario
avrebbe – ad avviso sempre del comitato promotore - l'ulteriore effetto
di restituire agli enti locali il pieno controllo del territorio.
4.-
Nella camera di consiglio del 14 gennaio 2003 è stato ascoltato,
per il comitato promotore, l'avv. Carlo Rienzi, che ha ulteriormente illustrato
le ragioni, già svolte nella memoria, a sostegno della ammissibilità
del quesito.
Considerato in diritto
1.-
La richiesta di referendum investe gli artt. 119 del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle
acque e impianti elettrici), e 1056 del codice civile.
Entrambe le disposizioni, di tenore sostanzialmente identico,
prevedono che ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i
suoi fondi alle condutture elettriche in conformità delle leggi
in materia.
2.-
La richiesta di referendum è ammissibile in considerazione
dell'inesistenza di limiti e impedimenti costituzionali - derivanti espressamente
dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o desumibili implicitamente
dal sistema costituzionale – invocabili nella specie.
Il quesito risulta formulato in modo univoco e chiaro, investendo
una disciplina unitaria contenuta nelle due norme, di tenore sostanzialmente
identico, che prevedono la costituzione coattiva della servitù di
elettrodotto, senza estendersi – come l'originario titolo indicato dal
Comitato promotore avrebbe potuto far ritenere – ad ogni e diversa forma
di elettrodotto coattivo ed in particolare alla procedura espropriativa
per pubblica utilità dei fondi interessati dal passaggio delle condutture
elettriche.
Né può pregiudicare l'ammissibilità del quesito
l'esistenza di una disciplina di dettaglio della servitù coattiva
di elettrodotto, non investita dal quesito stesso, rispetto alla quale
«si produrranno, eventualmente, i normali effetti caducatori o di
adattamento, la cui individuazione esula dai compiti di questa Corte»
(sentenza n. 46 del 2000).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione
degli artt. 119 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico
delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), e 1056 del
codice civile; richiesta dichiarata legittima, con ordinanza del 9 dicembre
2002, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso
la Corte di cassazione.
Così
deciso in Roma, il 30 gennaio 2003.
F.to:
Riccardo
CHIEPPA, Presidente
Annibale
MARINI, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata
in Cancelleria il 6 febbraio 2003.
Il
Direttore della Cancelleria
F.to: DI PAOLA
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2003"