Franco Astengo 11-05-2006
NO NEL REFERENDUM CONFERMATIVO: CRISI
POLITICA E DEFICIT DEMOCRATICO
In altri tempi le brevi note di analisi
che seguiranno, nel merito della situazione politica italiana sarebbero
state considerate come viziate da un eccesso di impostazione politicista
e ritenute del tutto deficitarie, sul piano dell'analisi dei rapporti sociali.
In realtà, l'emergere di una crisi
di dimensioni del tutto inusitate sul terreno delle relazioni politico
– istituzionali, conseguente ad un profondo modificarsi dell'intreccio
tra struttura e sovrastruttura, ci costringe a misurarci con questo tema,
osservandolo da una angolazione riferita precipuamente all'evoluzione/involuzione
in atto, all'interno del sistema politico.
Da tempo ci capita di segnalare un mutamento
nel rapporto tra sistema politico e società civile, nel senso di
una drastica riduzione, da parte della politica, di comprendere l'articolazione
complessa della società e l'espressione delle sue molteplici contraddizioni.
In realtà la politica appare
ridotta alla ricerca di autodefinizione da parte di élite che hanno
assunto, via, via pressoché definitivamente i caratteri di una vera
e propria oligarchia.
Una oligarchia che si esprime sostituendo
quasi del tutto terminologie e metodologie politiche, con terminologie
e metodologie tecnocratiche.
L'esplicitazione più evidente di
questo stato di cose risiede nella stesura della nuova legge elettorale:
laddove le oligarchie, ridotti i partiti nella loro capacità di
ricerca del radicamento di massa a meri simulacri, si sono impadroniti
del massimo del potere di nomina, proprio nella fase della loro minima
incidenza sociale.
Quali effetti potrà avere questo
stato di cose, sulla realtà politica del paese, lo vedremo appena
più avanti.
Nel frattempo le prime mosse compiute,
sul piano istituzionale, dal ceto politico in questo avvio di legislatura,
appaiono quanto mai preoccupanti: almeno dal nostro punto di vista.
Alla forzatura bipolare compiuta attraverso
l'elaborazione di un sistema elettorale apparentemente proporzionale, corrisponde
la ricerca di una forzatura “bipartisan”, che sta portando ad una modifica
profonda nell'assetto del sistema politico – istituzionale, sino a forzare
surrettiziamente l'essenza dello stesso dettato costituzionale.
L'esempio più eclatante, sotto
questo aspetto, è legato a ciò che è accaduto nel
corso della fase preparatoria dell'elezione del nuovo Presidente della
Repubblica: laddove, da parte di esponenti di primissimo piano del centrosinistra
è venuto un serio tentativo di introdurre artatamente, all'interno
della nostra architettura istituzionale, una sorta di diarchia presidenzialista.
Si è parlato, addirittura, di un
programma del candidato – Presidente: un fatto tipico, è ben ricordarlo,
delle elezioni dirette (non a caso è previsto dalla nostra legge
81/93, per l'elezione del Sindaco e del Presidente della Provincia).
Il tentativo è stato quello di
aprire la strada ad un vero e proprio “salto” sul piano della rappresentanza,
modificando nei fatti, stabilendo un precedente, la natura parlamentare
della Repubblica, nata dalla Resistenza.
Un tentativo serio, da non sottovalutare.
In assenza di una proposta e di una possibilità
di espressione di un serio “contraddittorio politico” da sinistra, stiamo
correndo il rischio di una vera e propria stretta, rivolta verso
i termini di un inasprimento di quel “deficit di democrazia” che abbiamo
già avuto, varie volte, occasione di denunciare.
Un “deficit di democrazia” al cui allargamento
finisce con il fornire la posizione della sinistra radicale, sostanzialmente
allineata sul terreno della governabilità, del bipolarismo, della
personalizzazione della politica.
In queste condizioni il “no” che intendiamo
sostenere nel prossimo referendum confermativo sulle riforme costituzionali,che
si svolgerà il 25 giugno, potrebbe rivelarsi una tragica beffa.
Tutti uniti e compatti per respingere
le proposte del centrodestra, per ritrovarsi poi, all'indomani della presunta
vittoria, con un rilancio sostanziale degli stessi meccanismi di relazione
politico – istituzionale che portarono, nel 1997, al fallimento della Commissione
Bicamerale.
Per questo motivo assume grande rilievo
l'esistenza, all'interno dello schieramento referendario, dell'espressione
di un “no” legato ad una lettura coerente e conseguente dell'impianto costituzionale
del' 48.
Serve un “no” pronunciato da chi intende
rilanciare la democrazia rappresentativa, quale fattore essenziale dell'agire
politico, rivolto verso l'agire sociale.
Il mio appello è, allora, rivolto
ai molti settori sociali e politici non allineati alle dinamiche maggioritarie:
a quella che mi è già capitato di definire come area, vasta
e composita ma viva, della “Sinistra non governativa”.
Sul “NO” ne referendum confermativo va
aperta una discussione di merito, nei termini che ho cercato, sia pure
approssimativamente, di indicare anche in questa occasione: una discussione
che potrebbe rappresentare un primo passo sulla via della costruzione di
una iniziativa politica, da sinistra, quanto mai urgente e necessaria.
Savona, li 11 Maggio 2006
Mailing List di Riforme istituzionali |