Sulla stessa lunghezza d'onda,
sicuramente,
il senso comun-popolare, sempre pronto ad esaltarsi di fronte a
misure
che colpiscono i politici, in modo particolare se con la
prospettiva di
risparmiare qualche soldo.
Del resto, come non comprendere
sentimenti
di questo tipo, con un mondo della politica sempre più lontano
dai
cittadini?
Peccato, però, che questi sentimenti
di antipatia nei confronti della politica vengano quasi sempre
utilizzati
dalla politica stessa per ridurre gli spazi della rappresentanza
democratica
attraverso meccanismi che, in un modo o nell'altro, siano
comunque in grado
di cancellare dalla rappresentanza istituzionale ampi settori di
elettorato.
Per sgombrare quindi il campo da ogni
dubbio, è d'obbligo una riflessione circa le conseguenze di un
eventuale
taglio del numero dei parlamentari sotto il profilo della
corretta e democratica
rappresentanza degli interessi sociali.
Per farlo, è sufficiente analizzare
gli ultimi risultati elettorali per il Senato di alcune regioni,
avendo
come riferimento la soglia di sbarramento, del 3%, per i
partiti
coalizzati.
Con l'attuale legge elettorale, che
può
essere riassunta con la formula "maggioritario di coalizione con
distribuzione
proporzionale all'interno delle coalizioni", nelle Regioni
con meno
seggi a disposizione si sono avuti casi nei quali alcune liste
minori non
hanno conquistato seggi, e questo pur appartenendo alla
coalizione vincente
ed avendo superato la soglia di sbarramento del 3%.
Questo per effetto di quella che
tecnicamente
viene definita "soglia di sbarramento implicita", dipendente dal
tipo di
ripartizione, dal numero dei partiti in lizza e, soprattutto,
dal numero
delle circoscrizioni elettorali ed il numero, quindi, dei seggi
a disposizione
per ogni circoscrizione (nel caso in esame le Regioni)
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Diversamente, pensando ad un ruolo
attivo
del Parlamento, la riduzione dagli attuali 630 deputati ai 518
previsti
dalla riforma appare soltanto come una diminuita efficienza
della capacità
di approfondire le questioni, che costringerà inevitabilmente ad
"esternalizzare", in misura maggiore, gran parte del lavoro
parlamentare
verso l'esercito degli ignoti collaboratori che già ora assolve
una buona percentuale del lavoro parlamentare. Basti pensare
alla sola
legge finanziaria, un volume di carta da leggere in grado di
riempire una
stanza da letto: ma chi è che può ancora credere che dietro
tutta questa produzione vi siano i soli 640 deputati?
Pensare quindi che i futuri
parlamentari
non trovino il modo per finanziare l'accresciuta necessità di
collaboratori
è una pia illusione.
Le spese della politica non
diminuiranno
affatto con la diminuzione dei parlamentari, ma anzi è forte il
rischio che possano aumentare.
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