Riforme Istituzionali
L'Opinione
 
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23/07/2001
 
Franco Ragusa
 
G8 e ... difesa dell'editoriale (Vertice inCostituente)
  
Avendo ricevuto diverse critiche (in attesa delle autorizzazioni per l'inserimento), alcune anche dure, ho ritenuto più opportuno rispondere con un solo intervento.

Sinceramente, non trovo molti motivi per ridere di fronte all'attuale situazione politico-istituzionale italiana, e meno che mai è mia intenzione, anche involontariamente, fornire motivi per farlo.
Chi segue l'attività del sito dovrebbe aver chiaro che affermazioni del tipo "stato di polizia" non dipendono da un improvviso
colpo di sole. Certo, sotto il profilo formale si tratta di un'affermazione forte. Ma è la sostanza che fa la differenza, ed è della sostanza che cerco, non senza limiti, di occuparmi.
Una sostanza del resto nota a tutti coloro che s'interessano di diritto costituzionale. In tal senso, è sufficiente andare a rileggersi i resoconti della bicamerale sul punto delle garanzie costituzionali e sui modi di accesso alla Corte costituzionale: una realtà di giustizia costituzionale negata di cui tutti sono consapevoli e rispetto alla quale non c'è nessuno che si senta in dovere di aprire una seria vertenza politica.
Una mancanza di strumenti imputabile, va detto, alla genericità di alcuni articoli costituzionali e grazie alla quale è di fatto permesso, a chi governa, di non dover dare conto di alcune decisioni.
Emblematica la facilità con la quale i governi aggirano i requisiti di necessità e urgenza richiesti per il varo dei decreti legge.
Da un lato, quindi, l'enunciazione di principi sacrosanti; dall'altro lato l'impossibilità di dare concretezza pratica a quanto sancito a causa della mancata previsione di adeguati strumenti di controllo. Il più delle volte, addirittura, questo controllo è affidato alle maggioranze parlamentari che sostengono i governi che, per l'appunto, varano le misure che dovrebbero essere controllate.
In questo contesto d'irresponsabilità politica e giuridica va letto anche l'art. 17 Cost.: due commi e mezzo per sancire il diritto di riunione, mezzo comma per vanificarlo con la generica previsione di divieto da parte delle autorità per "comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica".

Fatta questa breve premessa, per spiegare i motivi per i quali credo sia più che lecito dubitare della tenuta del sistema costituzionale italiano, la violazione dei diritti costituzionali in occasione del G8.
   In primo luogo una provocazione: chi ricorda il muro di Berlino? Parenti e amici improvvisamente separati da un confine invalicabile.
In piccolo, a Genova, è successo anche questo. Si badi bene, non contro i manifestanti, ma contro gli abitanti stessi della città, e non per un giorno, ma per diversi giorni. Certo ... con fare paternalistico e per il bene della collettività.
Mi si permetta un'osservazione: questa misura di sicurezza, la linea rossa, da sola, proprio perché ritenuta indispensabile, avrebbe dovuto consigliare, per maturità democratica e rispetto dei cittadini, la cancellazione del vertice. Non sarebbe stata una manifestazione di debolezza ma, ripeto, una manifestazione di maturità democratica: un potere non assoluto che sa quali sono i propri limiti di fronte ai diritti dei cittadini.
   In secondo luogo, i comprovati motivi di sicurezza di cui sopra per i quali a molti manifestanti è stato impedito di raggiungere Genova; per i più "fortunati", invece, il privilegio di manifestare nel modo che le autorità ritenevano "sicuro": dal divieto della zona rossa ai percorsi tra muri di container. Per alcuni 10 o 150 metri di percorso non fanno differenza, per altri la fanno. Ma non è questo il punto. La questione vera era, è e rimane: che fare nei confronti del "sovrano" al quale è permesso di non dover rispondere delle proprie azioni, dei divieti?
L'esperienza storica insegna che le soluzioni non sono molte: tra queste, la disobbedienza civile. E disobbedienza civile era tentare di varcare, senza violenza, la linea rossa.
Si potrà ora essere come non essere d'accordo con questo tipo d'iniziativa, ma da qui al pretendere che le persone vadano al macello, senza neanche le protezioni, o che non reagiscano neanche di fronte a cariche poliziesche forsennate (non credo che il ragazzo rimasto ucciso sia uscito di casa con un estintore tra le mani con il preciso scopo di tirarlo in faccia ad un carabiniere. Probabilmente, in determinati contesti, i nervi non saltano soltanto ai giovani carabinieri di leva), insomma, si fa più bella figura proponendo l'ergastolo anche per il reato di disobbedienza civile.
   Infine, e mi si permetta la provocazione, il diritto alla sicurezza dei cittadini: dentro la linea rossa gli 8 grandi a godersi tutti i comfort; dall'altra parte un manipolo di ... vestiti di nero ai quali è stato permesso di mettere a ferro e fuoco un'intera città. E il tutto è avvenuto nonostante, per l'appunto, tutte le misure di sicurezza da paese sud americano messe in atto. Come dire: pensare male è peccato, ma qualche volta ci si azzecca.

Concludo invitando ad una lettura più attenta dell'editoriale. Dopo l'evidente provocazione si finisce con l'auspicio che "le due facce della stessa medaglia" non abbiano troppo seguito.
 

 


 
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