Riforme.net
17-04-2006
Il "ricorso Calderoli" contro i diritti
e la volontà espressa dagli elettori come prescritto dalla legge
elettorale
Franco Ragusa
Grazie all'intervallo delle feste pasquali,
le bizzarre interpretazioni della nuova legge elettorale e gli eventuali
errori materiali individuati dall'ex Ministro Calderoli hanno potuto trovare
ampia eco all'interno dei media.
Le uniche informazioni a disposizione
vedono quindi l'On.Calderoli da un lato, con tutto il centrodestra a celebrarne
le lodi, che continua a sostenere che i circa 40.000 voti ottenuti dalla
lista "Alleanza Lombarda" debbono essere sottratti dal totale dei voti
attribuiti al centrosinistra in quanto questa lista non sarebbe presente
in almeno 2 circoscrizioni elettorali; dall'altro lato le tranquille dichiarazioni
di Prodi circa l'errata interpretazione della legge da parte dell'On. Calderoli.
Nonostante il clima di festività,
però, da questa contrapposizione legata agli interessi di schieramento
è possibile individuare una prima vittima. A nessuno dovrebbe infatti
essere sfuggito che di tutto si è parlato meno che dell'individuazione
delle parti in causa interessate alla vicenda.
Nel caso di specie, infatti, oltre ai
legittimi interessi delle due Coalizioni, ai fini dell'assegnazione del
premio di maggioranza, vi è anche e soprattutto l'interesse degli
elettori. Un interesse che dovrebbe prevalere su tutto, visto che dovere
di ogni legge elettorale è quello d'individuare correttamente l'espressione
di sovranità degli elettori.
Se l'ex Ministro provasse quindi a mettersi
nei panni dell'elettore che ha votato avendo in mano una serie di informazioni
fornite da organi istituzionalmente preposti a questo, probabilmente converrebbe
sul fatto che il ricorso dell'ex-Ministro Calderoli sia da considerare
irricevibile in quanto arrivato soltanto oggi e non prima dello svolgimento
delle elezioni.
L'oggetto della questione, infatti, anche
ammettendo, per assurdo, la fondatezza dei rilievi dell'On. Calderoli,
riguarda un diritto dell'elettore, e cioè se un eventuale errore
materiale compiuto da organi istituzionalmente preposti ai fini dell'accettazione
delle liste e della loro collocazione nell'ambito delle coalizioni possa
comportare, in via successiva, l'azzeramento della volontà elettorale
espressa da oltre 40.000 elettori.
Possa infatti piacere o no all'ex-Ministro,
che sostiene di averla scritta, la nuova legge elettorale prevede un doppio
voto: un voto per la coalizione che può essere espresso soltanto
attraverso il voto dato ad una delle liste indicate sulla scheda (si veda
il fac simile presente sul sito della Lega Nord: http://www.leganord.org/specialeelezioni/politiche/fac-simile/Fac%20Simile%20Lombardia2.pdf)
e nei manifesti elettorali come collegata a quella coalizione.
Per votare le coalizioni l'elettore non
aveva altro modo che scegliere una delle liste collegate, per cui i rilievi
dell'ex Ministro che in astratto sembrerebbero riguardare un mero riordino
dei voti di lista da assegnare alle coalizioni, riguardano invece dei voti
volontariamente e regolarmente espressi per le coalizioni.
Sulla base del superiore diritto degli
elettori, quindi, i tardivi e bizzarri rilievi dell'ex Ministro Calderoli
appaiono non solo ben poca cosa ai fini giuridici, ma qualcosa di irricevibile
anche e soprattutto sotto il profilo di un corretto esercizio etico della
politica.
18 aprile 2006
Perché il ricorso contro le liste civetta sì, quello dell'ex Ministro Calderoli no?
Franco Ragusa
Chi segue le vicende del sito Riforme Istituzionali
sa bene che per le politiche del 2001 fu lanciata un'iniziativa contro
la presunta violazione della legge elettorale in merito all'uso dei simboli
che nella scheda accompagnavano i candidati per i collegi uninominali.
Nella sostanza, si scriveva nel ricorso
presentato alla Camera dei Deputati, un candidato collegato con una
sola lista presente nella quota proporzionale non poteva utilizzare un
diverso contrassegno nella quota maggioritaria. Per cui, se il candidato
era collegato alla sola lista "Pinco Panco", sulla scheda per l'uninominale
non poteva essere usato un simbolo diverso da quello depositato per il
proporzionale dalla lista "Pinco Panco"
Questa iniziativa, ovviamente, si concluse
con il rigetto, unanime, da parte della Giunta per le elezioni. Del resto,
entrambi gli schieramenti avevano fatto largo uso di questa violazione
con l'uso delle liste civetta; figuriamoci, quindi, se potevano giudicare
contro i loro interessi.
"Perché mai, quindi" qualcuno mi scrive "dopo aver portato avanti un'iniziativa nella quale si denunziava una presunta violazione della legge, oggi si scrive che il ricorso portato avanti dall'ex ministro Calderoli va considerato irricevibile? Anche e soprattutto sotto il profilo etico? E in ogni caso: non si tratta di motivazioni che in qualche modo rischiano di valere in via generale come sanatoria di fatto a tutto vantaggio di chi in ipotesi potrebbe compiere abusi?"
Più questioni, quindi, che meritano
una risposta.
Cominciamo con il diverso giudizio sui
due ricorsi. O meglio: iniziamo con l'individuare le medesime ragioni che
stanno alla base del diverso modo di giudicare.
Sia nel caso del ricorso contro le liste
civetta, che nel caso del rifiuto di una medesima dignità di obiezioni
per il ricorso presentato dall'On. Calderoli, vi è la tutela dell'interesse
superiore in capo agli elettori.
Nel caso delle liste civetta, l'obiettivo
del ricorso era quello di smascherare un inganno operato nei confronti
dell'elettore. E' stato soltanto grazie ad una violazione di legge, infatti,
che è stato possibile nascondere agli elettori i nomi di quei candidati
che non si sono vergognati di utilizzare un collegamento ad una lista fantasma
con il solo scopo di aggirare il meccanismo dello scorporo; aggiramento
della legge per altro duramente censurato anche dal Capo dello Stato.
Nessuna richiesta di riassegnazione di
premi in seggi, quindi; nessuna obiezione riguardo ai collegamenti dei
candidati con le liste fantasma; nessun vantaggio per una delle due liste
maggiori, in quanto entrambe coinvolte in questo fenomeno di malcostume
politico; ma la sola richiesta che agli elettori fosse consegnata una scheda
elettorale come prescritto dalla legge.
Una richiesta di correttezza rivolta al
Ministero degli Interni che, qui preme sottolineare, non fu fatta dopo
aver visto i risultati elettorali, bensì prima.
Prima
ancora, addirittura, che il Ministero diffondesse i fac-simile delle schede
elettorali.
Vista poi l'inutilità della mole
di corrispondenza spedita al Ministero, attraverso il sito Riforme Istituzionali
è stato diffuso una sorta di manuale per l'uso con le istruzioni
sul come far verbalizzare il rifiuto della scheda in quanto non conforme
alle disposizioni di legge a tutela del corretto esercizio di voto da parte
degli elettori (un'iniziativa che, almeno per il mancato voto del sottoscritto,
ha sicuramente danneggiato il centrosinistra).
Per concludere questo aspetto, quindi,
è sin troppo evidente che i due ricorsi differiscono per i destinatari
dei diritti da tutelare. Tanto più che in un caso il ricorrente
è l'elettore che agisce per sé stesso senza portare vantaggi,
neanche indiretti, ad una parte politica piuttosto che un'altra; nel caso
dell'On. Calderoli il ricorrente è invece una parte politica che
chiede di cancellare circa 45.000 espressioni di voto per poter così
usufruire del premio di maggioranza previsto dalla legge. Richiesta di
cancellazione di voti che non a caso arriva tardiva.
Ed è a partire dagli argomenti tardivi portati avanti dall'ex Ministro che si può tentare di rispondere all'ultima obiezione: "Può in ogni caso essere ammissibile che una volta votato, in forza di questo voto, vengano di fatto sanate tutte le violazioni della legge elettorale che in ipotesi potrebbero essere state compiute?"
La questione, sul punto, è certamente
complessa, e va purtroppo constatato che si tratta di un problema che riguarda
più i cittadini comuni che non le forze politiche.
Per esperienza diretta ritengo di poter
affermare che in tutte le fasi del procedimento elettorale, sia prima che
dopo, l'elettore è considerato più un suddito che un titolare
di diritti. Riguardo a questo c'è quindi molto da fare.
Per quanto riguarda le forze politiche,
però, appare curioso che vistose violazioni di legge non vengano
individuate in tempi utili per cercare d'impedire che vengano compiute,
e risulta veramente difficile credere alle scoperte dell'ultima ora anche
quando potrebbero riguardare gli aspetti sfuggenti "tra le righe".
Insomma, se per gli elettori è
veramente difficile poter far valere i propri diritti, prima, durante e
dopo le elezioni, specie se in presenza di taciti accordi tra le forze
politiche (vedi, appunto, il patto sulle liste civetta); lo stesso non
può dirsi per forze politiche attentissime nel valutare anche l'uso
dei colori da parte delle altre liste.
Piuttosto, l'impressione è che
certi ricorsi non si facciano per tempo perché è alto il
rischio che non venganno accolti e perché, senza tirarla troppo
per le lunghe, "chi è senza peccato scagli la prima pietra". Tanto
più che la scoperta tardiva consente di poter serbare un Jolly
che, a seconda dell'esito delle elezioni, potrà essere utilizzato
politicamente.
Altre spiegazioni non sono per altro possibili,
visto che viviamo in un paese dove per la più vistosa delle violazioni,
"la ineleggibilità dei titolari di concessioni pubbliche", non è
mai stato fatto nulla né per impedirla e né per sanarla,
ma molto se ne è parlato.
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