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Avvenire online 25-10-2006
 
LA LEGGE DEL VOTO
L’adesione di Bruno, Pastore e Martino lascia presagire la convergenza di Berlusconi, sul versante opposto il sì di Parisi fa intravedere lo stesso per quanto riguarda Prodi. No anche dalla minoranza ds

Segni di riforma elettorale bipartisan

L'ex leader referendario si pone alla testa di un gruppo trasversale. Si infuriano i partiti minori. Nell'Unione sinistra radicale in rivolta. La Lega minaccia l'uscita dalla CdL. L'Udc sta a guardare

Da Roma Roberta D'Angelo

Obiettivo legge elettorale. O meglio, obiettivo partiti unici. A voler cambiare la geografia politica del Paese sono in tanti. E sono un gruppo trasversale, che parte dal regista referendario Mario Segni, ma comprende ulivisti di prim'ordine e cidiellini di tutto rispetto, dietro ai quali fa capolino il consenso indiretto del Cavaliere. Sono il Comitato promotore dei tre quesiti referendari, depositati ieri in Cassazione, per modificare il sistema elettorale, salvaguardando il bipolarismo, ma eliminando i partitini che - con il sistema proporzionale - hanno ancora più potere di tenere sotto ricatto le coalizioni. E che - come appare evidente - ha già scatenato la protesta della sinistra radicale dell'Unione, e poco piacerà alla Lega e in parte all'Udc.
«Questo referendum dà una spinta energica verso il bipartitismo», sintetizza Mario Segni, che introdusse l'embrione del bipolarismo nel Paese. Si va oltre il bipolarismo. I questiti, va al sodo il prodiano di ferro Arturo Parisi, sono «un contributo determinante per il Partito democratico». Nulla da scandalizzarsi o da stupirsi del variegato consenso che ha portato alla formazione del comitato trasversale: «Questo tipo di iniziative - spiega il ministro della Difesa - sono per definizione trasversali. Si tratta di un appello alla cultura delle istituzioni che prescinde da riferimenti politici».
E la conferma sta tutta nelle firme sotto i quesiti. Giovanni Guzzetta, coordinatore dello stesso comitato, e Mario Segni, sono affiancati tra gli altri da Arturo Parisi, Willer Bordon, e Luigi Bobba dei Dl, Franco Bassanini, Marco Filippeschi e Gianni Cuperlo dei Ds, due ex presidenti della Commissione affari costituzionali Donato Bruno e Andrea Pastore nonché Antonio Martino di Forza Italia, Adriana Poli Bortone e Filippo Berselli di An, Marco Boato dei Verdi. Ancora, tante le firme di costituzionalisti e docenti universitari, tra cui Stefano Ceccanti, il politologo azzurro Gaetano Quagliariello, sindaci e presiden ti di Regione come Mercedes Bresso e Sergio Chiamparino, Antonio Bassolino e tanti altri esponenti bipartisan.
I quesiti sono chiari. Talmente chiari che la legge, se fossero approvati i referendum, potrebbe immediatamente entrare in vigore. Questo, certamente, nel rispetto dell'obbligo per i quesiti elettorali di non lasciare una "vacatio legis". Ma lo scopo del Comitato che ha scritto quella che Ceccanti definisce una legge "auto-applicabile" è chiaro. Di fatto è un tentativo di spingere tutti i partitini che finora si sono opposti alla riforma della legge elettorale a sedersi al tavolo e riconsiderare le regole di accesso in Parlamento.
Ma le stesse dichiarazioni di Parisi mandano su tutte le furie l'ala radicale dell'Unione. Gennaro Migliore, capogruppo del Prc alla Camera, lancia l'accusa: i quesiti, dice, «sono un singolare caso di legge a misura del Partito democratico che, peraltro, deve ancora nascere». La cosa non fa affatto piacere al Pdci, dove Pino Sgobio accusa l'intenzione di «favorire i grandi partiti delle coalizioni». Uduer e Italia dei Valori, piuttosto, invitano i partiti più grandi a sedersi al tavolo della riforma e a modificare la legge elettorale della CdL. E così anche la sinistra diessina, dove Cesare Salvi disapprova totalmente il sistema ipotizzato, che «rafforza l'aspetto peggiore del "porcellum" (la legge in vigore, ndr)». Quanto a Mastella e compagni, il messaggio è chiaro: «Con questi chiari di luna siamo favorevoli solo a modifiche della legge elettorale che introducano il voto di preferenza. Tutto il resto non ci interessa», spiega Nuccio Cusumano annunciando «il parere contrario dei Popolari-Udeur ad altre eventuali modifiche. Se qualche alleato pensa a fughe in avanti sappia che noi non ci stiamo».
E che anche la CdL ne esce per ora divisa lo dimostrano gli umori diversi dei diversi partiti. In An Maurizio Gasparri esulta per una riforma che, dice, «va vista con attenzione: si tratterebbe del consolidamento del bipolarismo at traverso un vero e proprio bipartitismo», dice, dando la stessa interpretazione del comitato promotore.
L'Udc dà una lettura diversa dell'iniziativa, considerandola un «fuoco amico, l'arma sofisticata ma mortale contro il governo Prodi, perché - secondo Maurizio Ronconi - gli alleati minori non l'accetteranno».
Ma intanto non l'accetta neanche la Lega: «Se Berlusconi va avanti così saremo costretti a lasciare la coalizione...», tuona un dirigente del Carroccio che invita a scorrere la lista dei sostenitori azzurri per capire quanto il Cavaliere stia investendo sul referendum.



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