Riforme Istituzionali
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Corriere.it  02-06-2007

Elezioni, una proposta contro la casta
In Parlamento a turni alterni

Giovanni Sartori

La crisi della politica è anche, più propriamente, crisi della democrazia?
Direi di sì. La democrazia non sta progredendo, sta retrocedendo. E se non funziona non è perché sia superata (da una fantomatica post democrazia), ma perché l'abbiamo sciupata. Benjamin Franklin, uno dei costituenti di Filadelfia, rispose così alla domanda su cosa la Convenzione avesse partorito: «Una repubblica, se sarete capaci di mantenerla». Appunto: se sarete capaci di tenerla in vita. Uno dei principi fondamentali di qualsiasi organizzazione — e anche la democrazia lo è — è di saper premiare e di poter punire. Se una organizzazione contiene sacche di impunibilità, queste sacche diventano lestamente aree di inefficienza e di parassitismo. Pertanto una democrazia che diventa una «repubblica degli impuniti» è sicuramente una pessima democrazia. E l'Italia sopravanza tutte le tradizionali democrazie occidentali nell'essere caratterizzata dal premiare chi non merita premi (nel settore pubblico le promozioni sono per lo più automatiche) e dal proteggere chi invece merita castighi. Tempo fa Pietro Ichino ha osato chiedere su queste colonne che gli statali «fannulloni» vengano licenziati o comunque puniti. Ma a tutt'oggi non mi risulta che nemmeno uno degli assenteisti di professione sia stato licenziato o che nemmeno uno dei fannulloni sia stato punito. E' normale che i sindacati proteggano l'occupazione.

Ma è nocivo per tutti, e iniquo, che proteggano il cattivo lavoratore a danno del buon lavoratore disoccupato. Ma torniamo alla democrazia e veniamo al caso specifico dei politici, di chi gestisce la democrazia. Domanda: i nostri eletti in Parlamento sono punibili?
Nella teoria della democrazia rappresentativa la punizione è la non rielezione: gli elettori scontenti del candidato o del partito per il quale hanno votato si vendicano cambiando voto. Questa sanzione in passato era efficace. Non lo è più. E questo è il problema. La «casta» magistralmente raffigurata da Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo fa soltanto finta, il più delle volte, di servire l'interesse pubblico. In realtà il «politico gentiluomo» è pressoché sparito, sostituito dal politico che «fa per sé», soltanto per sé e per la poltrona. Il che equivale a dire che il movente che più lo muove è la propria rielezione. E siccome siamo arrivati a un sistema elettorale senza preferenze che sottopone all'elettorato soltanto due listoni preconfezionati, a questo punto l'elettorato è impotente. Può soltanto scegliere tra una coalizione di destra oppure di sinistra; ma così non ha alcun modo di punire o premiare uno specifico partito o persona. E meno democrazia (elettorale) di così si muore.
Il rimedio ci sarebbe: vietare la rielezione consecutiva, il che implica che viene consentita a intervallo. L'idea non è balzana perché è anche stata, seppur raramente, attuata. E anche se si presta a obiezioni, i vantaggi ne superano i difetti. Primo vantaggio: rende inutile l'elettoralismo acchiappa- voti. Chi promette mari e monti promette senza tornaconto. Secondo vantaggio: così apriamo davvero le porte al rinnovamento della classe politica. I nuovi entranti non saranno tutti nuovi, perché ci saranno sempre dei rientranti delle penultime elezioni; ma questo è un riequilibrio positivo. Non mi faccio illusioni. La proposta verrà seppellita dal silenzio oppure da acutissimi strilli di dolore. Serve però a mostrare che, volendo, i rimedi esistono. Appunto, volendo.




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