Riforme Istituzionali
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il manifesto  12-07-2007

L'inganno del referendum elettorale

di Gianni Ferrara


Sepolta sotto le rovine del muro di Berlino, la disinformatia è risorta. Non a Berlino, ma in Italia - senza escludere che sia riapparsa anche nella Russia di Putin. A praticarla da noi sono sopratutto i grandi organi dell’informazione a stampa. Che si sono trasformati in agenzie di propaganda per la raccolta delle firme per richiedere i referendum sulle leggi elettorali. Per la verità, la disinformatia è congegnata e definita nel comitato promotore del referendum. I grandi giornali “indipendenti” la hanno immediatamente assorbita e ne diffondono le tre falsità: quella secondo cui i referendum mirerebbero sia all’abrogazione del “porcellum”, sia alla riduzione del numero dei partiti, sia alla formazione di governi stabili ed omogenei.
È asserire il falso che a) se le firme raccolte per il referendum risultassero sufficienti, b) se il controllo da parte dell’Ufficio centrale della Corte di Cassazione ne dovesse constatare la regolarità, c) se i quesiti referendari fossero dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale, d) se fosse raggiunto nella loro votazione il quorum della metà più uno degli elettori, e) se i voti a favore dei quesiti referendari risultassero maggiori dei voti contrari, se tutto questo succedesse, il “porcellum” di Calderoni sarebbe abrogato. No. La vittoria dei sì al referendum abrogherebbe soltanto alcune disposizioni, frasi, parole del “porcellum”. Non abrogherebbe le disposizioni dirette ad attribuire alle segreterie dei partiti il potere di scegliere i membri del Parlamento nel numero risultante dai voti espressi alle liste dei candidati. Ingenerare subdolamente la persuasione che l’esito referendario consentirebbe agli elettori di eleggere i membri del Parlamento è azione fraudolenta.
È asserire il falso sostenere che la vittoria dei sì ridurrebbe il numero dei partiti. I referendum mirano solamente ad attribuire la maggioranza dei seggi, 340 alla Camera dei deputati, alla lista che ottenga più voti, così come al Senato la maggioranza dei seggi alla lista che, in ciascuna Regione, attenga più volti di ciascuna altra. Qualunque sia il numero dei voti ottenuti. Potrebbero essere solo il 40 per cento, il 30, il 20 per cento dei voti complessivi.
Si badi che, intanto, un premio di maggioranza di tali proporzioni sarebbe di un’enormità paurosa.  La legge Acerbo, che diede poi il via all’instaurazione del regime fascista, pur attribuendo un premio di maggioranza altissimo, poneva come condizione per ottenerlo l’aver conseguito il 25 per cento dei voti popolari. Acerbo aveva, insomma, maggiore rispetto almeno per …  i numeri di quanto non ne dimostrino i promotori del referendum per qualche parvenza di democrazia.
Si badi poi -  a smentire clamorosamente che i quesiti referendari mirino a ridurre il numero dei partiti - che la legislazione risultante dall’esito affermativo dei quesiti, riguarderebbe le liste, non i partiti. Con conseguenze del tutto evidenti.    
Oltre quella remota, ma non esclusa, che con il 20 per cento dei voti si ottengano 340 seggi, la più probabile è infatti la formazione di due listoni. Uno per schieramento. Per non rischiare, i partiti si aggregherebbero senza remora alcuna quanto ad affinità, compatibiltà, concordanza e condivisione di mezzi e fini dell’azione di governo. Si aggregherebbero in lista per vincere la elezioni, per poi distinguersi ad elezione avventa, tornando ad essere se stessi. Visto che, come per ogni democrazia che si rispetti, la Costituzione italiana, esclude che i parlamentari siano vincolati da un qualche mandato giuridicamente vincolante e visto che l’esistenza dei partiti, come per ogni democrazia che si rispetti, non è vietata da norme costituzionali.
La riarticolazione dei listoni in partiti riprodurrebbe esattamente la situazione attuale, quella che i referendari denunziano attribuendola ai partiti e non alla ragione vera della crisi, che è a crisi della rappresentanza politica, derivante soprattutto dal bipolarismo coatto che sta invece rendendo sempre più incredibile la democrazia italiana.
È perciò propagandare il falso indicare come effetto della vittoria ai referendum la prospettiva di governi stabili ed omogenei. L’effetto sarebbe ineluttabilmente la perpetuazione di quel bipolarismo che i referendari vogliono invece imporre con irresponsabile insipienza e recidiva fraudolenza.



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