L'Unità 19-10-2007
Violante:
spagnolo o tedesco, si faccia subito la riforma
elettorale
Intervista di
Eduardo Di Blasi
«L’obbiettivo
è approvare una legge elettorale
nuova e buona». Il presidente della Commissione Affari
Costituzionali della Camera Luciano Violante si ritrova con il motto
maoista citato dal presidente Bertinotti sull’eventualità
che la riforma della legge elettorale prenda la strada di
Montecitorio o resti a Palazzo Madama dove è incardinata da
mesi. «Non è importante il colore del gatto, ma che
prenda i topi», afferma il presidente Bertinotti. Violante
aggiunge che il gatto dovrà prendere i topi «in tempi
ragionevoli».
Quali sono i «tempi
ragionevoli»?
«Il testo del Senato deve arrivare
alla Camera entro l’anno in modo che si possa esaminarlo subito
dopo la finanziaria».
Le due riforme devono andare
assieme, ma la riforma licenziata in commissione dice che il Senato
sarà eletto da Regioni e Autonomie locali...
«Fino
a quando non ci sarà la riforma del Senato federale si
dovrà
prevedere una legge elettorale transitoria. Per quanto riguarda la
Camera, io ritengo che ciascun sistema elettorale sta all’interno
del proprio sistema costituzionale e quindi non si può
prendere il sistema di una altro Paese, trapiantarlo tale e quale nel
nostro ed essere certi che funzioni».
Il dibattito
sembra essersi fermato alla domanda: sbarramento o premio di
maggioranza?
«Nessun Parlamento in Europa è
eletto con il premio di maggioranza. Possiamo continuare a praticarlo
noi, ma continuerà a dar vita a coalizioni eterogenee e
rissose. Perciò preferisco la clausola di sbarramento. Tutto
il resto viene di conseguenza. Naturalmente dobbiamo anche
salvaguardare l’indicazione del presidente del Consiglio: dire agli
elettori quale sarà la coalizione di cui si vuole far
parte».
Il sistema bipolare è una delle
architravi da salvaguardare?
«Certo. Il proporzionale
può essere quello spagnolo, che ha uno sbarramento implicito
dettato dal fatto che i collegi sono piccoli e non c’è
recupero».
Anche se, al livello di collegio, può
premiare le forze più radicate su singoli
territori...
«Assolutamente: questo sistema non
penalizza nè Udeur, nè Udc, nè Lega, nessuna.
Oltre allo spagnolo, poi, c’è il sistema tedesco: collegio
uninominale e lista, con recupero proporzionale. Non c’è
molto da inventarsi. E comunque, qualunque soluzione deve permettere
ai cittadini di scegliere, tra due piccole liste o tra due candidati,
ma ci dev’essere la scelta».
Il testo della
Riforma licenziata dalla commissione da lei presieduta va in aula
lunedì. Con quali aspettative?
«In Commissione
non c’è stato nessun voto contrario. Prima d’ora non era
mai accaduto che un testo di riforma costituzionale uscisse senza
voti contrari da una commissione. Un merito che ha è quello di
affrontare in modo sintetico le questioni di fondo. Non abbiamo fatto
un maxitesto , ma una riforma che persegue solo alcuni obbiettivi
chiari e delimitati».
Una riforma del genere occorre
della maggioranza assoluta, di due terzi per evitare il
referendum...
«Una volta che si mantenga una
collaborazione con l’opposizione, così come è stato
finora, nessuno si mette a fare il referendum contro la riduzione del
numero dei parlamentari o contro il Senato federale, o contro la
semplificazione del processo legislativo...».
Quindi,
secondo lei, questa riforma gli italiani, quando potranno
vederla?
«Se le cose funzionano, prima dell’estate
prossima. Diciamo otto-nove mesi lavorando seriamente».
A
patto che questa collaborazione resista...
«In una
situazione politica certamente difficile credo sia inutile fare
grandi progetti a tavolino. Si lavora seriamente, giorno per giorno,
come hanno fatto i due relatori, Sesa Amici e Italo
Bocchino».
L’incombere del referendum?
«La
legge elettorale si può fare prima del referendum. D’altra
parte gli stessi referendari dicono che la legge che uscirebbe dal
referendum sarebbe una “Calderoli Super”, cioè
potenzierebbe tutti i difetti della Calderoli. Mi pare che anche
loro, che sono persone serie e preparate, si rendano conto delle
modifiche che comunque si dovranno apportare alla legge che uscirebbe
dal referendum. Tanto vale farla prima ed evitare di spendere tempo e
soldi».
Il referendum ha però sollecitato
l’attivismo di alcune forze politiche, come la Lega Nord.
«Io
credo che la Lega non lo faccia per uno scopo strumentale, ma
perché
apprezzano la riforma che prevede anche la istituzione del Senato
federale».
Secondo lei si possono fare queste riforme
senza Forza Italia?
«Io spero che le si faccia assieme a
Forza Italia. D’altra parte il fatto che siano passati dal voto
contrario a un'astensione è positivo...».
Continuano
a motivare ogni scelta con l'idea di voler far cadere il
governo...
«Sono liberissimi di dirlo e di provare a
farlo. Ma sta di fatto che non possono stare un anno e mezzo ad
aspettare che cada il governo. Intanto si lavori e poi se cade si
vedrà...».
Il clima della piazza, anche
dell’antipolitica, ha favorito il dialogo?
«Io non la
considero antipolitica, ma una domanda di politica diversa. Non
saremmo politici accorti se non capissimo che quando migliaia di
persone si impegnano per un obbiettivo, la politica deve capire e
rispondere. E poi non dobbiamo considerare Grillo il guitto che fa la
battuta. È stato tra i primi ad impugnare le ragioni dei
danneggiati della Parmalat, ha fatto una battaglia dura sulla vicenda
Telecom, ha uno dei blog tra i più letti d'Europa...».
Sulla
riduzione del numero dei parlamentari ha avuto un peso?
«Sarei
sciocco a dire che quel fatto non ha influito. I processi, però,
erano già avviati. Questo, ad esempio, era anche nel programma
del centrodestra».
Il fatto che il Pd stia prendendo
forma, invece, quanto ha influito?
«Io credo sia servito
a dare respiro e fiducia al centrosinistra. E poi, ora se tre milioni
e mezzo di persone sono andate a votare, persino pagando, è
nostro dovere essere all'altezza delle aspettative che le hanno
portate ai seggi».