L'Unità 10-11-2007
Veltroni
rilancia sulle riforme «Proporzionale senza premi»
Fini
e Casini si smarcano da Berlusconi
Viene
direttamente dal segretario del Partito democratico, Walter
Veltroni, la nuova proposta per intavolare trattative anche con il
centrodestra sul nuovo sistema elettorale. È una novità
che si lancia
nel sistema politico volendo costruire quel «ponte»
necessario per
arrivare a una nuova legge: un sistema di tipo proporzionale senza
premio di maggioranza. Non più tedesco, dunque, ma in salsa
spagnola.
Niente più alla francese, quanto piuttosto un sistema che
garantisca
anche i piccoli partiti ma con un accorgimento in grado di mantenere il
bipolarismo, o quanto meno le alleanze sulla base di programmi e
coalizioni.
Intervenendo
al convegno di Glocus a Frascati, vicino
Roma, Veltroni indica i «quattro principi» su cui invita
anche
l'opposizione a lavorare che sono: «Un sistema su base
proporzionale,
senza premio di maggioranza, per evitare che le alleanze siano fatte
dopo il voto, un sistema che riduca la frammentazione e che dia agli
elettori la possibilità di scegliere i rappresentanti».
Il
leader del Pd invita così tutte le forze politiche a
«cercare sulla
base di questi quattro principi la soluzione migliore per il sistema
italiano. Questa è la mia offerta - dice - per arrivare ad avere
un
vero bipolarismo, una democrazia dell'alternanza, un bipolarismo
virtuoso che non nasca per costrizione e che produce alleanze basate
non sul minimo comun denominatore ma sul massimo comun
denominatore». È
su questo rosario di quattro punti, dunque che dalla prossima settimana
proseguiranno le consultazioni avviate da Veltroni per le riforme
istituzionali. Un passaggio di boa, sabato, quando si sono registrati
anche i primi segnali di disponibilità da parte di Gianfranco
Fini e da
Pierferdinando Casini.
Nella
maggioranza Rifondazione, da
sempre proporzionalista, si limita a ribadire la bontà del
modello
tedesco, ma si mostra soddisfatta. Angius dei socialisti, preferirebbe
invece il Mattarellum corretto eliminando lo scorporo e le candidature
multiple. E Clemente Mastella chiudendo il congresso dell'Udeur si
spinge ad ipotizzare un sistema tedesco con soglia molto alta «al
10
percento». Dice di essere disposto a rischiare un simile
sbarramento.
Altrimenti, «non avremmo venti partiti ma quindici, visto che
c'è la
possibilità di aggregarsi facendo una finzione per cui ci si
unisce e
si entra al 5%».
I referendari
nauralmente sono sul piede
di guerra. Per Mario Segni è proprio il timore del voto
refererendario
che muove Veltroni come «pasticcere» di quello che
definisce «un gran
pasticcio», cioè la proposta di tornare a un proporzionale
puro.
E
la destra? «Maggioranza vuol dire almeno la metà
più uno. Può essere
sgradevole, risicata e fragilissima. Ma fino a quando c'è, non
capisco
come si faccia a parlare di elezioni», fa notare il presidente di
An
Gianfranco Fini a margine di un convegno della Confapi al Teatro
Capranica di Roma. E spiega perché «nonostante la sua
fragilità, questo
governo e la sua maggioranza continuino a tenere e a reggere».
«Una
maggioranza è tale finchè ha il 50% più uno di
voti -ribadisce- e fino
a quando la situazione è questo, come si fa a parlare di
voto?».
Fini
invita Romano Prodi e l'Unione a non cantare vittoria, perché
nulla è
scontato al Senato sulla finanziaria: «Aspettiamo qualche giorno
e
avremo la conferma della capacità dell'Unione di superare
tantissime
votazioni al Senato. Ma attenti a non dare per scontato ciò che
scontato non è. È doveroso e lecito non avere fretta.
Prenderemo atto
di quello che l'esito complessivo del dibattito a Palazzo
Madama». In
serata per evitare fraintendimenti Fini chiarisce che An resta in
attesa che il governo Prodi cada, ma che se questo non dovesse
succedere dopo la Finanziaria si dovrebbe «rispondere all'ipotesi
avanzata da Veltroni di un confronto sulla legge elettorale».
Fini
tiene anche a sottolineare che non considera in modo pregiudizialmente
negativo il referendum.
Anche
Pierferdinando Casini,
recentemente tornato anche se a metà sotto l'ombrello della Cdl,
prende
la parola sabato per distanziarsi dalle parole sprezzanti pronunciate
da Silvio Berlusconi su tenuta del governo e dialogo per le riforme.
«Forza Italia - dice infatti Casini rivolgendosi direttamente ai
vertici del partito riuniti nel seminario di Montecatini - rifletta
prima di liquidare il sistema elettorale tedesco». Casini lo dice
davanti a Bondi, Cicchitto, Biondi, Verdini: «Il bipolarismo ha
avuto
effetti molto positivi ma oggi prevalgono i limiti. Le coalizioni
vengono ricattate dalle ali estreme e i governi sono sempre destinati
ad essere impotenti per questi condizionamenti. E il referendum, lo
dico al mio amico Fini, acuirebbe questo problema».
Dallo
stesso palco di Fini intanto, cioè dal congresso delle imprese
artigiane, spetta a Piero Fassino spiegare che il governo non è
sul
punto di cadere e che la Finanziaria «sarà
approvata». «Ci sono le
condizioni per continuare a governare il Paese come abbiamo fatto fino
ad adesso e il centrosinistra intende farlo -sottolinea Fassino- prende
atto di tutto questo può consentire finalmente di mettere mano,
anche,
tutti insieme ad un'opera di riforma e di innovazione sia della legge
elettorale che degli aspetti istituzionali». «Berlusconi ha
coltivato a
lungo l'idea che con una spallata si potesse determinare la crisi della
maggioranza di centrosinistra ed andare alle elezioni anticipate a
breve -spiega Fassino- mi pare che questa illusione si sia dimostrata
una velleità. Il governo non cade.La finanziaria verrà
varata».
Il
senatore Nicola Latorre avverte: «È bene essere cauti
nell'intepretare
la posizione di Fini. Però- è la sua interpretazione -,
sicuramente,
noto una certa differenza rispetto alla deteminazione e alla nettezza
con la quale questa questione è stata chiusa da Berlusconi. Si
apre una
fase di discussione che, secondo me sarà ancora più
proficua, dopo
l'approvazione della finanziaria. L'iniziativa di Veltroni», che
sta
facendo un giro di consultazioni nella maggioranza, «è
finalizzata a
creare le condizioni ottimali per affrontare la discussione sulla legge
elettorale».